Non sapendo nulla al riguardo
mi sono documentato leggendo gli articoli pubblicati in questi anni dal
mensile "Bolina".
Ne ho scelti 4, che riporto qui
sotto:
Articolo 1 - Articolo 2 - Articolo 3 - Articolo 4
QUESTO E' IL CAMPEGGIO NAUTICO
Chi ama la vita spartana ed avventurosa,
il mare e la natura, può sperimentare il campeggio nautico. Campeggio
nautico significa navigare lungo costa, a vela e a motore, e la sera raggiungere
una spiaggia, un ridosso, sui quali alare la barca ed accamparsi per la
notte. Il giorno seguente, molto presto in modo da sfruttare le ore di
luce, si riprende il mare verso nuovi approdi.
La validità di questa
formula è anche economica: con pochi soldi è possibile fare
esperienze e visitare luoghi che solitamente sono accessibili solo a chi
possiede barche grosse e costose.
Infatti le barche di dimensioni
intermedie solitamente non consentono di compiere lunghe crociere, in quanto
non offrono sufficienti spazi per le comodità” (cucina, servizi...)
e nello stesso tempo non hanno dimensioni sufficienti per affrontare con
sicurezza vento e mare in ogni condizione, a meno di navigare lungo una
costa servita da numerosi porti (ammesso di trovarvi poi posto).
Un “barchino” di quattro o cinque
metri, invece, può ‘atterrare” su qualsiasi spiaggia, liberandoci
dalla necessità di raggiungere un porto. La sicurezza del campeggio
nautico, quindi, sta proprio nelle piccole dimensioni della barca, che
può essere agevolmente tirata in secco dall’equipaggio a forza di
braccia o con l’ausilio di un paio di rulli di alaggio; inoltre questo
tipo di navigazione consente di raggiungere spiagge, calette e insenature
inaccessibili per ragioni di fondale ad una grossa barca.
Le imbarcazioni normalmente usate
per il campeggio nautico sono la canoa, la barca a vela con deriva mobile,
il gommone.
Parliamo della barca a vela.
La barca a vela ideale per il
campeggio nautico deve possedere quattro requisiti principali: essere leggera,
inaffondabile, molto stabile ed avere deriva e pala del timone sollevabili
per navigare in acque poco profonde ed essere alata a terra. Deve possedere
capaci gavoni a chiusura stagna nei quali stivare il bagaglio, e disporre
di un ampio pozzetto, piatto e completamente sgombro, che consenta a due
persone di dormirvi comodamente. Infatti non sempre è possibile
raggiungere una spiaggia su cui piantare la tenda e non sempre si ha il
tempo di farlo; capita cosi di dover pernottare all’ancora, oppure ormeggiati
in un porto. In questi casi il pozzetto viene coperto con una tenda, usando
il boma come asta di colmo.
Purtroppo ben poche sono le barche
che rispondono ai requisiti che abbiamo elencato. Il mercato offre per
lo più scafi che non sono assolutamente indicati per il campeggio
nautico. In genere, infatti, pur avendo il requisito ai leggerezza (che
quando è eccessiva va però a discapito della sicurezza) le
derive sono facili alla scuffia, mentre per il campeggio nautico è
molto importante la stabilità; inoltre non possiedono gavoni ed
hanno il pozzetto ingombro di “manovre” cioè dei comandi della barca
a vela.
Le barche a vela in commercio
che più si avvicinano alle caratteristiche richieste sono solitamente
un compromesso tra il piccolo cabinato e la barca con deriva mobile: si
ricavano due posti al chiuso, sacrificando un pò il pozzetto.
L’imbarcazione che si presta
maggiormente al campeggio nautica è sicuramente il catamarano, che
ha però due grossi difetti: è una barca molto ‘bagnata” con
poche possibilità di stivare attrezzature e vettovagliamento, e,
pur essendo molto stabile, una volta avvenuta la scuffia è molto
complicato raddrizzarla.
Vediamo ora come conviene equipaggiare
una barca da campeggio. Ricordiamo che il peso a pieno carico deve essere
molto contenuto (massimo 300 chili), altrimenti diventa impossibile alare
a terra lo scafo. Perciò è chiaro che l’equipaggiamento va
ridotto all’essenziale. Considerato che la barca a vuoto non dovrebbe pesare
più di 150 chili ne restano circa un centinaio per il bagaglio e
l’attrezzatura.
Consideriamo quindi che pagaia,
rulli d’alaggio, ancora, sacchi a pelo, tendalino, scorta di generi alimentari,
fornello, bombola del gas, lampada, carte nautiche, bussola ed indumenti
personali non devono superare i 100 chili. Potremo così alare la
barca senza troppa fatica e senza bisogno di scaricare parte del bagaglio.
Per l’alaggio useremo gli appositi
rulli pneumatici, che pesano pochissimo e che, sistemati sotto le panche,
assicurano l’inaffondabilità della barca.
Se la spiaggia ha una pendenza
accentuata e si decide di dormire a bordo, un rullo può essere utilizzato
per tenere sollevata la poppa in modo che lo scafo venga a trovarsi perfettamente
orizzontale. Quando si dorme in barca è necessario stendere un tendalino
sul pozzetto: non dimentichiamo infatti che anche quando brillano le stelle
si verificano le cosiddette “precipitazioni notturne” (formazione di rugiada),
dalle quali è necessario proteggersi.
Il campeggio nautica è
un’esperienza affascinante che richiede soltanto l’adattamento ad una vita
spartana. La mancanza dei servizi, dell’acqua corrente, di un tetto sicuro,
è infatti abbondantemente ripagata dallo scoprire baie e calette
di bellezza insospettata, dall’affrontare situazioni difficili con mezzi
a volte primordiali, da un contatto con il mare ed i suoi paesaggi talmente
vicino che spesso si dubita di poter tornare ad una situazione di vita
solita. Il tempo è scandito dall’esperienza stessa, ed una volta
accettate le condizioni che questa impone il coinvolgimento diventa facile.
Ci sono scuole di vela che hanno
abbracciato questa esperienza, proponendola come corso intermedio (perfezionamento),
proprio perché presenta le caratteristiche più eclettiche
e più valide quando si voglia apprendere, presto e direttamente
a contatto del mare. Il rapporto con le condizioni meteorologiche, che
è per forza di cose costante, consente più che in qualsiasi
altro corso un approfondimento di questo studio.
Cosa dire ancora di questa possibilità
‘‘alla portata di tutti” di vedere il mare vero e non sotto l’ombrellone?
Forse, l’unica cosa, che ci daremo una mano ad alare le barche nella splendida
caletta dove ci incontreremo...
GUIDO BURATTINI
del Centro Nautica Utopia
[ritorna al testo]
ARTICOLO
2
DA BOLINA N° 56 GIUGNO
1990
CAMPEGGIO NAUTICO
Lo yachting-camping è
un nuovo modo di navigare nato... alcuni millenni or sono. Infatti i primi
navigatori-campeggiatori furono le popolazioni costiere preromane, particolarmente
i Greci e i Fenici, che, di giorno, navigavano con le loro barche a vela
e remi e, giunta la sera, le tiravano in secco con la sola forza dell’equipaggio
e con i soli mezzi di bordo.
Le imbarcazioni che esistevano
a quei tempi erano pesanti, e mancavano i mille accorgimenti tecnici che
oggi rendono possibile — se non addirittura facile — l’alaggio anche a
equipaggi ridotti. Ma allora la “gente” era in numero abbondante a bordo
e la “forza” certamente non mancava. E in mare, quando si dispone della
“gente”, la maggior parte dei problemi, anche i più difficili —
e l’alaggio è fra questi — diventa di possibile soluzione.
Nei secoli successivi a quelli
che videro i Greci e i Fenici solcare il Mediterraneo, le Marine di tutti
gli Stati si affidarono alle grandi navi, sia per motivi bellici, che per
motivi commerciali; fu così che il campeggio nautico scomparve dalla
storia della navigazione. Le piccole barche in Mediterraneo furono impiegate
per brevi navigazioni, anche perché non potevano essere costruite,
nei secoli addietro, piccole barche che fossero contemporaneamente leggere
e resistenti, autovuotanti e abitabili.
Insomma lo yachting-camping è
potuto rinascere... dopo l’esperienza preromana, solo negli anni ‘60 del
XX secolo grazie al progresso tecnologico. Si possono finalmente concepire
e realizzare le derive campeggio mono e multiscafo, leggere e tuttavia
marine, autovuotanti e abitabili sotto tenda. I rulli pneumatici consentono
di spostare una barca sulla battigia durante le operazioni di alaggio e
varo, senza che la chiglia e la carena si sciupino, evitandone il contatto
col fondo sabbioso e riducendo di molto, in conseguenza, lo sforzo necessario
per tirare in secco. La velatura è in materiale sintetico imputrescibile,
leggero ma resistente; i piani velici hanno superfici ridotte, ma efficienti
e capaci di spingere le piccole barche a velocità non inferiori
a quelle che raggiungono i grandi yachts con tempi medio-leggeri.
I motori ausiliari fuoribordo
sono stati alleggeriti e aumentati di potenza; un fuoribordo di 4 hp pesa
pressappoco come due remi di faggio bilanciati con i quali si vogava, fino
a pochi anni addietro, sulle piccole barche a vela quando calava il vento.
E noto che la potenza media che un uomo può sviluppare, durante
uno sforzo prolungato nel tempo, è di 7/ 10 di Hp (anche se in casi
eccezionali, per sforzi di brevissima durata, può arrivare addirittura
a 2 Hp); per cui, a parte la fatica risparmiata, è evidente la maggior
velocità che si può ottenere impiegando un piccolo fuoribordo
invece della sola forza muscolare coi remi, I verricelli autobloccanti
(winches self-taìling) possono essere usati per l’alaggio, impiegando
la stessa cima dell’ancora e un appiglio a terra.
Negli anni ‘70, infine, sì
assiste alla nascita dello yachting-camping internazionale, cioè
di un modo di navigare non solo lungocosta, ma anche collegando tutte le
isole del Mediterraneo attraverso tratti di vera e propria navigazione
d’altura (indipendentemente dalla nuova normativa italiana, entrata in
vigore con la legge 11/2/1971 n. 50, sostanzialmente derivata dalla legge
francese sul diporto, che crea in questi due Stati, soli e unici sul pianeta,
il mare “a strisce”: entro 3, entro 6, entro 20 —poi abrogato — oltre 6).
Questo è possibile, tra
l'altro, grazie al progresso straordinario compiuto dalla meteorologia,
che tende sempre più a divenire una scienza. Finalmente i bollettini
meteo hanno raggiunto un grado di affidabilità del tutto inesistente
solo pochi anni addietro, generalmente sufficiente per quelli lanciati
dalle stazioni radio francesi, molto meno per quelli italiani, soprattutto
in agosto, mese in cui è legittimo supporre che i "maghi" dell'Aeronautica,
estensori delle previsioni, vadano in ferie e abbandonino il meteo ai ragazzi
di leva, visti gli svarioni che ogni anno si ripetono in questo mese appunto
destinato alle vacanze, purtroppo anche di chi va per mare su piccole barche.
Oggi, oltre alle rilevazioni
compiute nelle diverse località d'osservazione, gli estensori delle
previsioni meteo dispongono di foto e dati barometrici e meteorologici,
trasmessi in continuazione dai satelliti meteorologici. E pertanto possibile
conoscere la tendenza del tempo e l'evolversi di una certa situazione meteo.
Grazie alle piccole ma potenti radio riceventi a transistor si ricevono,
dalle stazioni radio nazionali e costiere, bollettini meteo in tempo utile.
Insomma lo yachting-camping moderno, che rappresenta un tuffo completo
nella natura, non disdegna l'elettronica più sofisticata in sostituzione
del tradizionale "fiuto" dei pescatori dei tempi andati: è il modo
più semplice e genuino di andar oggi per mare; è figlio del
XX secolo e non può non vivere il suo tempo.
Infine, negli anni '80 nascono
gli scafi da campeggio della seconda generazione, veri e propri cabinati
a cui manca solo la... cabina. Barche che pur essendo carrellabili e alabili
a terra dall'equipaggio con i mezzi di bordo, sono dotate di cuccette fisse
sempre pronte, sia di giorno che dì notte, cucina-cambusa fissa
sempre agibìle sia a barca ferma che in navigazione, sistemazione
per gli effetti personali separata dalle dotazioni nautiche e di bordo.
Non è più necessario
così, alla sera, disporre le cose in modo da campeggiare in barca,
perché tutto è già a posto pronto all'uso. Appunto
come nei cabinati. Barche in cui la tenda, che caratterizza lo Yachting-camping
diventa ausiliaria, un accessorio da montare per creare il living o per
ripararsi dal tempo brutto, naturalmente quando la barca è ferma
in acqua o a terra.
DOLCE FATICA ALARE E VARARE...
Una barca, per essere alab-le
non deve superare il peso a vuoto di 300 kg. Al peso della barca occorre
aggiungere circa 200/250 kg d'attrezzatura nautica e da campeggio caricata
a bordo, costituita da tutto ciò che è necessario per praticare
il camping nautico in coppia.
L'alaggio si compie con l'ausilio
dei rulli pneumatici; affinché sia possibile effettuarlo rapidamente,
con pochi uomini e con poca fatica, occorre che la barca sia realizzata:
a) con la chiglia sviluppata in lunghezza in senso quasi rettilineo in
modo che i rulli di gomma riescano a evitare il contatto fra la barca e
il suolo; b) in modo da restare in equilibrio stabile da sola affinché
lo sforzo per l'alaggio venga esercitato solo per la trazione e non anche
per tenere l'imbarcazione in equilibrio.
Il catamarano si presta in modo
eccellente all'alaggio perché resta in equilibrio stabile da solo.
Con l'ausilio di una tecnica che spiegheremo dettagliatamente in seguito,
anche una persona da sola può tirare in secco catamarani del peso
a pieno carico di 500/600 kg, mentre sarebbe estremamente più difficile
l'alaggio sempre da parte di una sola persona - di un'imbarcazione monoscafo
di pari peso, poiché la barca tenderebbe a coricarsi su un fianco
e a cadere dai rulli.
[ritorna al testo]
DORMIRE IN BARCA
Dormire in barca è, a
mio avviso, il segno distintivo dello yacht camping. Se per trascorrere
la notte si è obbligati ogni sera a montare la tenda sulla spiaggia
dopo aver scaricato mezza barca per trasferire gli oggetti da campeggio
dallo scafo alla tenda, in questo caso mi sembra forzato e improprio parlare
di campeggio nautico.
Questo è campeggio, punto
e basta, dove la barca funge da contenitore e mezzo da trasporto. Non è
una barca da crociera, è una barca da trasporto di persone e cose,
ma inabitabile. Nello YC, invece, giunti alla sera, massacrati dalla stanchezza,
si cena in barca e si dorme in barca. Come sui cabinati da crociera.
Solo che, diversamente dai cabinati,
nelle barche da YC non esiste la cabina nel senso classico, ma solo tende
o ripari.
Certe volte la tenda montata
nel pozzetto, tipo igloo, o tipo canadese appoggiata al boma come fosse
un’asta di colmo, serve da cabina per la notte.
In altri casi la tenda o un cagnaro,
costituiscono solo il “living” in cui appunto vivere durante le soste,
preparare e consumare i pasti mentre si dorme in cuccette-bara ricavate
nello scafo, e sempre pronte all’uso. E questa sicuramente la forma più
evoluta e più comoda di YC, tanto che da alcuni è stata definita
della “seconda generazione” (mentre nello YC della “prima generazione”
ogni sera si deve mettere su casa prelevando e separando nei sacchi i calzini
dalla marmellata). Con la barca da YC si dà fondo in mezzo metro
d’acqua e si dorme alla ruota. Oppure, molto meglio, portando una cima
a terra da legare a un qualsiasi appiglio. Con questo sistema non si va
più nei porti, si dorme dove capita; se possibile, dove c’è
un ridosso. ma se il meteo è favorevole e il tempo assicurato, sovente
si dorme anche in zone aperte.
C’è quindi da mettere
in conto, prima o poi, la fuga notturna, che diviene via via col tempo
sempre meno un’ipotesi e sempre più una possibilità concreta.
Fuggire di notte a seguito del
cambiamento improvviso del tempo o del mare, a bordo di una deriva da campeggio
non è uno scherzo. Diciamo subito che si tratta di barche previste
e concepite per la navigazione diurna, generalmente con tempo buono; per
cui di notte, e con mare in aumento, la cosa diviene impegnativa. La prima
cosa da rilevare è che se ci siamo permessi il lusso di dormire
in zona esposta è perché, prima, abbiamo valutato l’esistenza
di uno o più ridossi da raggiungere rapidamente nel caso si verificasse
l’evenienza che appunto stiamo vivendo.
La diversità tra il navigatore
e il cretino è questa: chi naviga rischia, sempre. Ma calcolando
e valutando a priori i termini del rischio, nonché prevedendo come
rimediare nel caso si verificasse l’ipotesi negativa. Per farla breve e
scendere dalla filosofia alla nautica costiera applicata, diciamo che prima
di dormire all’ancora in zona non riparata bisogna conoscere i luoghi dove
portarsi, poi di notte, con mare montante e senza visibilità, nel
minor tempo possibile.
A mio avviso (ma questa, sia
ben chiaro è solo una valutazione personale) la fuga notturna va
intrapresa solo a motore, e marciando a tutto gas.
Barchette di questo tipo possono
sviluppare, a motore, velocità dai 5 ai IO nodi; 5 nodi le derivette
monoscafo sottomotorizzate, 10 nodi i piccoli catamarani con un fuoribordo
di potenza adeguata. Una cosa da non fare è quella di attendere
l’ultimo momento per fuggire; se il meteo prevede l’arrivo di una burrasca,
anche se ci troviamo in una rada, è meglio prendere per tempo riparo.
Non fate come me, quando all’ormeggio
in una caletta della grande rada di Portoferraio all’Elba, ascoltai il
meteo della sera che prevedeva burrasca forza 8 da Sud-Ovest in arrivo
e decisi di restare tranquilla-mente all’ancora, dalla parte opposta della
rada.
Stupidamente? Forse, ma avevo
fiducia nel ridosso. Evidentemente troppa. Così quando alle dieci
di sera il vento arrivò fischiando, improvviso, in una serata di
calma afosa con un rinforzo puntuale fino a forza 8, alle due del mattino
fui costretto a fuggire a tutto gas per recarmi a ridosso dalla parte opposta
della grande rada. Niente di spaventoso, però il mare montava già
in co-perta e le secchiate arrivavano in faccia violente. A solo motore
percorsi in pochi minuti le tre miglia per raggiungere il ridosso e tutto
fini lì. In fondo bastava aver avuto l’accortezza di non sottovalutare
il fenomeno e mettersi a ridosso prima.
A questo proposito è utile
sapere che - in base a una rispo-sta del Ministero della Marina Mercantile
a un quesito posto sull’argomento - per navigare di notte con una deriva
da campeggio è sufficiente avere a bordo una torcia elettrica. Questa
norma riguarda natanti di lunghezza fino a sette metri e che sviluppino
velocità fino a sette nodi. La torcia deve essere mostrata all’avvicinarsi
di altre barche. Non sono richiesti, quindi, i fanali di via regolamentari.
Dovendo abbandonare l’ormeggio
di notte in tempi brevi, se abbiamo la cima a terra. come prima indicato,
può risultarne difficoltoso il recupero: sicuramente richiederebbe
troppo tempo prezioso. Per cui è consigliabile mollarla e legare
all’estremità un galleggiante (parabordo, gavitello. tanichette,
etc.); questo servirà a indicarne la presenza anche ad altri possibili
diportisti.
In seguito, col tempo ristabilito,
torneremo a recuperare il tutto, sperando che nel frattempo i possibili
diportisti non siano stati anche possibili furfanti. In genere, però,
va detto che le cime col galleggiante incutono un certo timore reverenzia-le,
godono di una “rendita di posizione”, se così possiamo dire, di
tipo nautico-navale per cui anche il gitante o il bagnante si astengono
dal sottrarle. Per fortuna.
Concludendo, possiamo dire che
se navigare su una piccola barca da campeggio è entusiasmante, dormire
a bordo è forse uno degli aspetti più avvincenti dell’andar
per mare. I vecchi dicevano che “chi dorme a bordo è marinaio”,
e bollavano d’ignominia chi scendeva dalla barca per passare la notte a
terra. Albergo o tenda che sia poco importa, noi siamo solo pratici, per
cui vi consigliamo il rollìo amniotico.
Oltre che perfettamente naturale,
è il solo mezzo per non venire a contatto con quelle figure che
sono i Vigili Urbani dei vari Comuni costieri, quelli che si sono appropriati
del territorio, Io gestiscono come cosa loro e mandano via di notte, dopo
averli multati, coloro che dormono in tenda sulla spiaggia. Pensate che
gioia, dopo undici mesi di lavoro, trovarsi in ferie invischiati in piena
burocrazia.
SOLITUDO
[ritorna al testo]
CAMPING NAUTICO. MA COME?
PRIMA REGOLA. PATTI CHIARI...
Il primo passo nell’organizzazione
di una crociera, che sarà ovviamente di piccolo cabotaggio e in
stretto contatto con la costa, è la scelta dei componenti la spedizione,
in base alle esigenze che devono essere chiarite perfettamente prima di
decidere l’itinerario si sceglieranno le rotte da percorrere. C’è
chi ama la discoteca e chi preferisce i gabbiani, ci sono le ragazze che
riempiono i gavoni di parco di seta e ci siamo noi pescatori che arriviamo
con bermuda di jeans, un berretto di lana, due costumi da bagno e 3 metri
cubi di canne, mulinelli etc..
In crociere di questo genere
c’è poco spazio per i compromessi, anche perché secondo
quello che ci si aspetta da una
vacanza si scelgono le rotte, le destinazioni, i porti di appoggio e quindi
cosa portarsi appresso, l’abbigliamento, il portolano, le carte nautiche...
Nella più totale promiscuità possono nascere amicizie che
dureranno una vita, ma si possono rompere anche legami molto saldi, specialmente
quando non si è fatta chiarezza prima. Non è detto che anche
con una piccola barca non si possa fare vita mondana o pescare cernie e
dentici enormi, ma è praticamente impossibile riuscire a fare tutte
e due le cose contemporaneamente.
Scriviamo queste cose per esperienza
diretta, visto che siamo riusciti - e riusciamo tuttora - a fare campeggio
nautico addirittura in canoa e possiamo assicurarvi che l’armonia di intenti
tra i componenti del la spedizione è il requisito più importante
per la buona riuscita di una vacanza, breve o lunga che sia, mentre i compromessi
falliscono quasi sempre. Se dunque si parte con l’idea di fare una vacanza
decisamente spartana si dovrà chiarire ai componenti femminili dcll’equipaggio
(se ci sono) che la pulizia personale sarà ridotta ai minimi e indispensabili
termini, che molto spesso la toilette è... il retro di uno scoglio,
che l’acqua è razionata, che truccarsi è difficile e farsi
uno shampoo praticamente impossibile. Se invece gli intenti sono decisamente
mondani sarà necessario programmare le tappe della crociera appoggiandosi
a campeggi e/o alberghi dove è possibile provvedere ai restauri
assicurandosi che ci siano dei posti disponibili, prenotando dove è
necessario e naturalmente scegliendo delle mete dove tutto è a portata
di mano o dove è possibile noleggiare un mezzo di trasporto per
evitare marce infernali. Siamo dunque perfettamente d ‘accordo con quell’antico
proverbio che recita: patti chiari, amicizia lunga
Una tenda per la notte
Un elemento fondamentale per
il campeggio nautico è la tenda. Per il montaggio vero e proprio,
ovvero I’ incastro dei paletti o il posizionamento dei picchetti, si seguono
naturalmente le istruzioni annesse alla tenda stessa. Vogliamo invece parlarvi
di quegli accorgimenti che rendono più sicuro, piacevole e divertente
il campeggio, in particolar modo quando si pianta la tenda su una
riva deserta.
In primo luogo si deve scegliere
con oculatezza il punto dove il nostro rifugio verrà eretto, spianando
il suolo il più possibile ed eliminando eventuali sassi. sporgenze
e spuntoni vari, radici o altri “inconvenienti” di questo genere. La piazzola
dovrà essere a ridosso da eventuali venti, abbastanza lontana dalmare
ma non troppo (non si sa mai cosa può succedere ed è meglio
poter dormire tranquilli). ma anche lontana dalle scogliere a picco.
Il cambio di temperatura tra
giorno e notte infatti provoca spesso il distacco di pezzi di roccia dalla
sommità delle scogliere: queste schegge ovviamente precipitano al
suolo ed è consigliabile starne lontani. Quattro o cinque metri
sono sufficienti, se non ci sono tetti di roccia sporgenti.
Quando è possibile si
stende sotto il pavimento della tenda un robusto foglio di cellophane che
lo proteggerà dall’abrasione e dall‘umidità, salvaguardando
contemporaneamente anche le nostre articolazioni dai reumatismi futuri.
Se il tempo è instabile e minaccia pioggia, intorno al perimetro
della tenda, una volta che questa è eretta, si scava un canaletto
profondo 10— 15 centimetri, in pendenza davanti all’ingresso e con una
larga uscita.
In questo nodo, se proprio dovesse
piovere, l’acqua troverebbe uno sfogo nel canaletto e non invaderebbe la
tenda. ma si disperderebbe davanti a essa. Questa precauzione naturalmente
è inutile quando la tenda viene rizzata su di una spiaggia
ciottolosa. visto che la ghiaia drena naturalmente la pioggia.
Sempre con tempo instabile ci
si deve accertare che il tetto non tocchi in alcun punto la stoffa della
camera interna, pena indesiderate e fastidiose docce notturne. Prima di
ripiegare la tenda dopo un acquazzone la si deve far asciugare bene n tutte
le sue parti, in particolar modo sotto, dove l’umidità tende a ristagnare.
Caldo e umidità favoriscono
infatti la formazione di muffe, con i “profumini” del caso. Bastano da
4 a 8 ore perché si formino le prime muffe, il che significa che
la sera stessa ci si ritrova in sgradevole compagnia.
Quando tira vento forte o minaccia
di arrivare una ventolata, è indispensabile curare il posizionamento
dei picchetti che trattengono la tenda nella sua posizione; va detto che
il tipo a “igloo” ci ha regalato gradite sorprese, resistendo a buriane
anche intense per essendo montato in pontili di cemento dove, ovviamente,
i picchetti non si piantano.
Oltre a quelli normali si devono
piantare anche altri picchetti, più distanziati dalla
tenda e ben conficcati nel terreno. Le cimette di ritenuta devono essere
ben tese, ma soprattutto si deve stare attenti che il pavimento della tenda
non si sollevi per l’azione del vento. Se questo infatti riesce a infilarsi
sotto la tenda, questa parte come uno spi sotto raffica. Con noi dentro.
Sulla ghiaia, più che
sui picchetti è meglio contare sulle pietre, utilizzandone diverse,
belle grosse, come ancore, legandovi le cimette di ritenuta. Sulla sabbia
invece si utilizzano gli appositi picchetti molto più lunghi e larghi
di quelli normali.
E, a proposito di picchetti,
vi consigliamo caldamente di buttare via quelli in dotazione, quasi sempre
degli inutili pezzi di latta (salvo per le tende di gran marca e costo),
e di sostjtuirle con i chiodi d’acciaio da cam peggio che si piantano dappertutto
e tengono veramente. I loro difetti sono un costo e l’enorme difficoltà
a toglierli dal terreno. Con essi però, si dorme tranquilli.
FRANCESCO MILANESI