![]() |
![]() |
BIOGRAFIA DEL PADRE DE LAS CASAS
Bartolomé de Las Casas nasce a Siviglia nel 1484 e giunge nel Nuovo
Mondo nel 1502 con il proposito di arricchirsi e di ottenere benefici
ecclesiastici. Così gli viene affidata la gestione di un'encomienda e,
nel 1513, viene ordinato sacerdote.
ARGOMENTO DELLA BREVISSIMA RELAZIONE
La Brevissima relazione della distruzione delle Indie, scritta nell'ambito della lotta di
Las Casas per la difesa degli indigeni americani, si caratterizza per essere
sempre relazionata direttamente con i problemi concreti della realtà cui fa
riferimento. Trattandosi di una vera e propria arma, si distingue per la
semplicità e chiarezza nell'esposizione della materia, nello stile usato e
nella struttura. Già dal titolo infatti, risalta il sostantivo
distruzione che riporta ad un concetto onnipresente nell'opera lascasiana
e riscontrabile anche nei testi sacri e profani della letteratura spagnola
medioevale. Inoltre, l'epiteto Brevissima, non si riferisce al fatto che
al relazione sia poco dettagliata, ma ne sottolinea per lo più il carattere
di compendio delle esposizioni orali all'imperatore Carlo V.
PRINCIPALI EDIZIONI IN SPAGNOLO DELLA BREVISSIMA RELAZIONE
Fino a questo periodo della sua vita, quindi, colui che oggi consideriamo
uno dei primi difensori degli indiani vive nell'isola di Haiti ( La Spagnola)
e di Cuba come un comune colono che sfrutta gli indigeni mantenendoli
in condizioni di schiavitù.
Solo nel 1514, come testimoniato nella sua Historia de las Indias, Las Casas
inizia a reagire agli abusi commessi a danno degli indiani, condannando
l'istituzione della stessa encomienda e ingiungendo agli altri coloni di rinunciare ai loro schiavi, pena la condanna eterna. Per mettere in pratica nella migliore maniera questo suo nuovo intento riformatore, decide di tornare in Spagna e di informare la corona e il Consiglio delle Indie di ciò che realmente stava accadendo al di là dell'Atlantico. Inizia a lavorare per una riforma del rapporto tra la madre patria e i territori di conquista redigendo una serie di resoconti, memoriali e piani d'azione prima al re Ferdinando e, dopo la sua morte (1515), al cardinale Cisneros, all'imperatore Carlo V e al principe Filippo II. Ciò che più gli interessa non é raccontare gli orrori accaduti negli anni passati, ma denunciare gli scempi attuali e la corruzione coloniale al fine di porvi rimedio. Concretamente chiede la razionalizzazione dell'encomienda favorendo l'evangelizzazione delle popolazioni e nuovi sistemi di gestione del territorio che avrebbero garantito più entrate alla corona evitando la morte di tutti gli indigeni.
Nel 1520 estende i suoi progetti anche alla terra ferma ancora poco esplorata
e conquistata e decide di metterli in pratica nella zona di Cumanà sulla
costa del Venezuela affermando che "è più utile la presenza di un frate
che di duecento uomini armati"(Memorial de los remedios para las Indias,
1518); però resistenze ed ostacoli dovuti all'esasperazione della gente
continuamente soggetta alle incursioni dei conquistadores impediscono la
realizzazione del progetto e sanciscono il fallimento personale dell'opera
del religioso che, di conseguenza, nel 1522, decide di ritirarsi in un
convento domenicano ad Haiti.
In due anni di permanenza nei conventi di Santo Domingo e di Puerto de Plata
(da lui fondato), il frate inizia a comporre la sua monumentale Historia
de las Indias, il cui intento era quello di far emergere gli eccessi
degli spagnoli e le atrocità subite dagli indios a partire dalle prime
scoperte.
Il vigore delle sue idee di riforma é ribadito anche nella severa ammonizione
del 1531 al Consiglio delle Indie (qui per la prima volta il domenicano userà
l'immagine dei religiosi che, inviati come pecore fra gli indigeni/lupi,
hanno il compito di renderli mansueti e di portar loro la parola di Dio) e
nel trattato De unico modo omnium gentium ad veram religionem, contro
coloro che pretendono di giustificare le guerre di conquista in considerazione
del fine cristiano.
Nel 1540, forte della fama ottenuta per aver convertito pacificamnte una regione
del Guatemala (ribattezzata Vera Paz), Fra' Bartolomé rientra a Madrid
proponendo una definitiva abolizione dell'encomienda (Octavo Remedio,
1542) dopo che sia il papa Paolo III con la bolla Sublimis Deus, sia
Francisco de Vitoria (teologo e giurista salmantino) avevano proclamato il
diritto degli indios a non essere privati della libertà e dei beni in loro
possesso.
Per quanto riguarda la stesura della Brevissima relazione, si sa che
nasce dopo ampie esposizioni orali dell'autore dinanzi alla giunta convocata
nel 1542 e a Carlo V (che gli chiederà di porre per iscritto un compendio
di quanto documentato nei memoriali presentati) e che viene conclusa a
Valencia nello stesso anno, dedicata a Filippo II che da sempre svolgeva
un ruolo di intermediario con l'imperatore. L'opera, che ha da subito grande
fortuna, suggestiona la corte e ha risonanza anche a livello legislativo:
del 1542-43 sono le Nuevas Leyes che, per la prima volta sanciscono
l'eliminazione dell'encomienda per estinzione, l'abolizione della
schiavitù degli indiani e una più rigida e controllata regolamentazione
delle conquiste. Purtroppo però queste leggi non vengono accettate d buon grado nelle colonie
dove, come constata di persona Las Casas tornatovi in qualità di vescovo del
Chiapas (regione messicana al confine con il Guatemala), si sollevano
rivolte di encomenderos e proprietari di schiavi che portano nel 1545
al regio decreto che sospende la legge contro l'encomienda.
Dal 1546 il frate é di nuovo in Spagna a perorare la causa indiana di fronte
alle autorità. In questo periodo si concretizza il passaggio dal suo
atteggiamento assimilazionistico nei confronti dei più deboli
(l'altro é uguale a me e quindi gli impongo i miei valori) al
"prospettivismo", secondo cui non esiste più un vero Dio ma il dio che ognuno
di noi riconosce come tale. La nozione di religione ne esce quindi relativizzata
e l'uguaglianza non si paga più a prezzo dell'identità.
Siamo giunti ormai al 1550, anno delle celebri controversie di Valladolid
che oppongono l'erudito e filosofo Ginés de Sepúlveda, difensore delle
guerre di conquista, all'abate domenicano. In questo contesto vengono
redatte opere come le Trenta preposizioni molto giuridiche, il
Trattato comprobatorio dell'impero sovrano, ma soprattutto il
Trattato sugli indiani resi schiavi.
Tra 1552 e 1557, terminati i dibatti sulla liceità delle imprese armate nel
Nuovo Mondo, Fra' Bartolomé si dedica al reclutamento di missionari e
religiosi da inviare nelle Indie, ristampando anche la Brevissima relazione
utile per la loro formazione come per un indottrinamento più completo di
coloro che già si trovavano lì.
Il testo primitivo , preceduto da "Argomento" e da un "Prologo"
diretto al principe Felipe II, si presenta compendiato anche con alcuni
paragrafi aggiunti nel 1546 per denunciare l'insuccesso delle Leggi Nuove
e con un breve documento che riferisce i danni commessi da un capitano nel
Nuovo regno di Granada.
Sempre in quest'occasione, il padre rivede la Historia de las Indias
dalla quale separa la Apologética Historia, vera e propria
enciclopedia del Nuovo Mondo in cui dimostra la piena capacità intellettiva
degli indios, concludendo che non erano barbari, e quindi schiavi di natura
come sosteneva Sepúlveda, e che dovevano essere trattati come uomini dotati
di ragione.
La lotta contro i delitti perpetrati occupa anche gli ultimi anni di vita di
Las Casas che pubblica nuovi trattati come Dodici Dubbi e
De Thesauris fino alla annuncio nel suo Testamento della prossima
"distruzione" della Spagna come prevedibile castigo divino:
"Credo che, a causa di queste opere empie, scellerate e ignominiose,
perpetrate in modo così ingiusto e tirannico, Dio riverserà sulla Spagna
la sua ira e il suo furore, giacché tutta la Spagna si é presa la sua parte,
grande o piccola, delle sanguinose ricchezze usurpate a prezzo di tante
rovine e di tanti massacri".
Alla luce di questo contesto globale della lotta lascasiana, é facile
rendersi conto quindi di come la Brevissima relazione non sia in
nessun modo un'opera isolata o stravagante, bensì un'arma contundente che
forma parte di un insieme bibliografico legato alla situazione degli
anni 1540 e seguenti in cui l'autore cerca di ottenere una grande
riforma delle colonie d'oltre oceano.
Nell' Argomento del presente epitoma, l'autore ricorda le circostanze
della redazione dell'opera nel 1542 e spiega l'obbligo di "farlo stampare"
per presentarla, dieci anni dopo, al principe Filippo come "sommario" dei
crimini perpetrati nelle Indie e dato il possibile aggravarsi di questi
"tradimenti e scelleratezze".
A continuazione, si trova un Prologo dedicato al principe in cui
vengono presentate le ragioni oggettive della stesura dell'opera, quali
le atrocità inflitte ai naturali del nuovo mondo, la possibilità di porvi
rimedio e il dovere morale di denunciare simili misfatti per non esserne
indirettamente complici: "Io ho deciso, per non essere reo,
tacendo, [...] di mettere a stampa". Risaltano i termini
forti che caratterizzano lo stile della Relazione vera e propria come
"le ingiurie e le devastazioni, le rovine e le distruzioni", gli
epiteti come "opere inique, tiranniche [...] condannate [...] esecrabili
e abominevoli" e le forme verbali come "spopolare", "uccidendo"
e "rubare", senza che manchi la nota amaramente ironica delle "imprese"
realizzate dai conquistatori. In contrasto poi con la menzione dei numerosi
eccidi e crudeltà, si insinua il tema dell'innocenza naturale delle vittime
"genti [...] pacifiche, umili e mansuete, che non fanno danno a nessuno".
Il corpo dell'opera é costituito essenzialmente da una ininterrotta successione
di racconti e descrizioni di uccisioni facendo uso, in special modo, di
immagini antitetiche. Si inizia con una visione di insieme e si prosegue
con una serie di relazioni che seguono l'ordine cronologico e,
approssimativamente, anche quello geografico delle terre scoperte:
isola Spagnola e arcipelago antillano, "terra ferma" dal Darién fino
al Nicaragua, Nuova Spagna ( Messico), Guatemala, zone settentrionali
dell'America del sud da Cartagena a Venezuela, Florida, Rio de la Plata,
Perù, Nuova Granada. Il fatto che questi capitoli non presentino la stessa
estensione é dovuto al tipo di documentazione cui Las Casas fa riferimento
non tralasciando, comunque, di specificare il più delle volte le sue fonti,
cosa che gli permette di presentare sempre la materia come veritiera e
incontestabile.
Oltre che dell'esperienza diretta, infatti, si avvale non solo di dati e
notizie orali, relazioni indigene, canti messicani ma anche di scritti
come lettere e memoriali.
Per quanto riguarda il modo di esporre i crimini commessi, é da notare che
Fra' Bartolomé preferisca mantenere l'anonimato sui nomi degli autori
forse giudicando più conveniente o prudente astenersi dal divulgarli.
Inoltre, la struttura narrativa delle scene, segue schemi basici quasi
invariabili e caratterizzati da quella brevità annunciata nel titolo:
"Sarebbe invero difficile riferire la quantità e valutare caso per
caso la gravità delle ingiustizie, dei danni, degli oltraggi e degli abusi
che le genti di quella costa hanno subito dagli spagnoli, a partire
dall'anno 1510 fino a oggi."
Comincia con una digressione sulla bellezza e la fertilità delle terre,
sulla straordinaria densità della sua popolazione e sulla bontà e innocenza
dei suoi naturali. Un esempio ne é la descrizione della provincia di
Jalisco: " Era quella una terra popolosa come un alveare, ricchissima e
felice, una delle terre più fertili e meravigliose delle Indie."
Tutto questo risalta grazie alla giustapposizione delle scene sanguinarie
di cui i conquistatori sono protagonisti e grazie all'uso di formule
superlative che contribuiscono a moltiplicare l'impatto emotivo della
Brevissima relazione sul lettore.
· 1552, Siviglia, edizione principe della Brevissima Relazione con
altri sei trattati lascasiani;
· 1646, Barcellona, con altri sei trattati lascasiani;
· 1812, Londra;
· 1813, Bogotà;
· 1820 (?), Cadice;
· 1821, Filadelfia;
· 1821, Puebla (messico);
· 1822, Messico;
· 1822, Parigi, Historia de la crueldades de los españoles conquistadores
de América, o Brevísima Relación de la Destrucción de las Indias
Occidentales, in Llorente, Obras de Las Casas, I, pagg.95-198;
· 1879, Madrid;
· 1924, Bueno Aires, in Colección de Tratados (1552-1553), edizione
facsimilare di Emilio Ravignani, Biblioteca Argentina de libros raros
americanos, t.III;
· 1945, Messico, Biblioteca Enciclopédica Popular, prologo e selezioni
di Agustín Yáñez;
· 1945, Parigi, Clásicos Bouret,con la Refutación de Las Casas di Vargas
Machuga;
· 1957, Messico, Licros Luciérnaga;
· 1958, Madrid, Biblioteca de Autore Españoles, t.CX, pagg.134-181,
edizione di Juan Pérez de Tudela Bueso;
· 1965, Messico, in Tratados de Fray Bartolomé de Las Casas,
facsimile e trascrizione, Fondo de Cultura Económica, t.I;
· 1966, Buenos Aires, Editorial Universitaria de Buens Aires,
prologo di Gregorio Weinberg;
· 1977, Madrid, Fundación Universitaria española, edizione di
Manuel Ballesteros Gaibrois;
· 1979, Barcellona, Fontamara, con la Vida de Las Casas di Llorente,
prologo di Olga Camps.
![]() |
mauromoret@libero.it |
^top |