Numero 3 - Maggio 1997


Editoriale

Dossier: Il Gioco di Ruolo fa male?

Approfondimento: Nuove armi e oggetti magici

Creaiamo l'atmosfera giusta


Editoriale

Dopo che la stampa quotidiana e i telegiornali hanno parlato (o straparlato a seconda dei punti di vista) dei tristi fatti accaduti
poco tempo fa, ritengo sia cosa giusta chiarire un po' i fatti, dedicando molto spazio al dossier intitolato "Il Gioco di Ruolo fa
male?" Leggetelo, collegatevi al sito http://www.sincretech.it/3m/stop-non-sense/ e lasciate la vostra opinione.

Questo mese è arrivato un po' di materiale che sono lieto di inserire nella rivista.
Ringrazio quindi Andrea Favretti < bop2449@iperbole.bologna.it > che ha realizzato le nuove armi magiche che trovate
nell'approfondimento "Nuove armi e oggetti magici".
La cosa brutta è che Andrea fino ad ora è stato L'UNICO a mandare del materiale. COSA ASPETTATE?
(Per quanto ti riguarda Andrea, che gli Dei ti proteggano ora e per sempre).

Nel prossimo numero prometto di inserire un'avventura. (se qualcuno me ne scrivesse una sarei davvero contento)
Buona Avventura
JoEMikE

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Dossier: Il Gioco di Ruolo fa male?

Dopo i tristi fatti accaduti che molti conoscono, i Giochi di Ruolo sono stati accusati di rovinare la personabilità dell'individuo,
alterare la psiche...
Preferisco non fare commenti e invitarvi a leggere i seguenti articoli che potete trovare anche all'indirizzo:

http://www.sincretech.it/3m/stop-non-sense/

che vi invito a visitare celermente.

Il gioco fa male?

di Luca Giuliano Comunicazione presentata alla tavola rotonda organizzata da Beniamino Sidoti e Stefano Beani Lucca, Villa Bottini , 1-11-1996

Il gioco suscita apprensione e paura quando ad esso si dedicano i giovani. La società ha sempre cercato un modo per limitare l'espressione ludica dei giovani: - limitarla nello spazio, cercando di istituire delle zone di gioco autorizzato, purche' in accordo e in coerenza con i valori sociali dominanti; - limitarlo nel tempo, come il Carnevale, facendo in modo che l'esperienza dell'improvvisazione, dell'invenzione spontanea, del capovolgimento del mondo, fosse un evento straordinario, rituale, cerimoniale e quindi prevedibile, controllabile, rassicurante.

C'e' un modalità dell'essere che si esprime attraverso la razionalità, la rinuncia, l'industriosità; ma ce n'e' un'altra che invece si esprime attraverso il fantasticare, il desiderio, la finzione e il gioco. Questa seconda modalità e' pericolosa, esplosiva, deve essere circoscritta e incanalata in forme autorizzate di competizione agonistica, di spettacolo e di prove di fortuna. Il gioco, al di fuori di questi confini, e' pericoloso perche' rischia di sovvertire l'ordine sociale.

Come negare allora che, davvero, "il gioco fa male"? Noi assistiamo continuamente, quotidianamente, allo spettacolo di una società che si trastulla beatamente con i "giochi" ripetitivi, ossessivi, volgari e stupidi del Paese dei Balocchi con Rito Riformato e Accettato. Eppure, periodicamente, ossessivamente, qualcuno, che solo anagraficamente giunge all'età della saggezza, chiede a gran voce di "sequestrare la fantasia", di rinunciare al "come se" in favore del "come e'". Di volta in volta, l'attacco viene portato alle piu' diverse forme di espressione della giocosità: alla musica rock, al cinema "violento", al fumetto "splatter", al serial televisivo del mistero, ai videogiochi, e infine al gioco di ruolo.

Questa volta pero' - con il gioco di ruolo - i meccanismi classici di sviluppo del pregiudizio che nascono sull'ignoranza hanno avuto modo di manifestarsi in modo esemplare:

1. Il pensiero stereotipo un modo comune di ragionare tramite categorie e semplificazioni, che e' solitamente innocuo quando e' neutrale, sganciato dagli interessi individuali. Un modo di ragionare che, invece, associato all'ansia e alla paura di cio' che non si conosce produce ostilità, disprezzo, aggressività.

2. Il meccanismo di proiezione, l'attribuzione ad altri dei propri desideri, spesso originata da frustrazioni ed eccesso di autocontrollo; l'incapacità di riconoscere le proprie emozioni e i propri sentimenti (giudicati come negativi), fino a proiettarli sugli altri.

3. Il meccanismo del dislocamento - il ben noto fenomeno del capro espiatorio - secondo il quale un gruppo diviene oggetto di ostilità e comportamenti aggressivi che hanno ben altre cause, ma che non vengono riconosciute come tali.

Questi tre "meccanismi" che stanno all'origine del pregiudizio trovano sempre un terreno fertile nell'ignoranza. Per la musica rock, il fumetto, il cinema, il serial televisivo e' piu' difficile dimostrare l'ignoranza dei protagonisti - soggetti del pregiudizio - in quanto essa si nasconde dietro una cortina di ovvietà ben note a tutti e quindi scambiate facilmente per "informazione".

Con il gioco di ruolo, invece, tutto cio' viene a galla con evidenza, poiche' non si tratta di qualcosa di ovvio, ma di un prodotto culturale sofisticato e complesso, di diffusione piu' limitata, e difficile da comprendere se affrontato con superficialità.

Vediamo come e' stato descritto il GdR dalla stampa e nelle dichiarazioni degli "esperti" che sono stati chiamati ed esprimere il loro giudizio in seguito al suicidio di Roberto, 19 anni, un ragazzo di Spinea, che faceva parte di un gruppo di giocatori di ruolo. Non intendo intervenire su questo episodio che vorrei lasciare sullo sfondo, come un doloroso fatto personale e familiare che e' diventato fatto di cronaca a causa del cinismo di un oscuro avvocato che deve essere "condannato" al silenzio e alla dimenticanza.

Il primo approccio e' 'storico':

"Il gioco di ruoloe' nato nel 1974 all'università di Berkley, come progetto 'terapeutico'" (Maurizio Acerbi, Il Giornale, 28/5/96).

Non e' vero. Il GdR e' nato alla fine degli anni '60 come sviluppo delle simulazioni tattiche medievali, i wargames tridimensionali, e il suo centro di diffusione e' stato prima Minneapolis nel Minnesota (Dave Wesley e Dave Arneson) e poi Lake Geneva nel Wisconsin (Gary Gygax e Jeff Perren). Nel 1974 viene pubblicato Dungeons & Dragons, che e' un gioco e non ha niente a che vedere con lo psicodramma trapeutico.

Poi, la spiegazione del gioco, inesistente, e' confusa con un gioco di carte collezionabili, Magic l'Adunanza che non e' un gioco di ruolo, esattamente come gli scacchi non hanno nulla a che spartire con il bridge.

"Si tratta di giochi di gruppo basati sull'uso di carte e sull'assunzione di un proprio ruolo da parte di ciascuno dei partecipanti" (Redazionale, La Nazione, 28/5/96).

Questa confusione, un chiaro indicatore di superficialità ed ignoranza, e' ricorrente, insieme ad altre imprecisioni che denotano una scarsa considerazione per l'argomento e la ricerca soltanto di un facile sensazionalismo:

"... per le varianti piu' semplici ed economiche dei giochi di ruolo basta solo la presenza di giocatori con qualche lettura in comune, in altre la chance di vittoria o la buona riuscita della storia richiedono la presenza di carte (e' il caso di Magic), per altri ancora e' necessario procurarsi il libro delle regole: l'ultimo grido in questo campo e' Killer, che e' praticamente esaurito" (Monica Zicchiero, La Nuova Venezia, 28/5/96).

Si parla di "chance di vittoria" per un gioco che non ha trai suoi scopi quello di vincere, ma soltanto di interpretare un personaggio e narrare una storia. Si parla della presunta necessità di procurarsi il "libro delle regole", come se fosse un codice segreto che permette di conseguire un punteggio piu' elevato. Si parla di Killer, che non e' propriamente un gioco di ruolo, ma una evoluzione di "guardie e ladri". Si parla di Killer come di un gioco "esaurito" come a voler indicare chissà quali guadagni e chissà quale tiratura; sarebbe bastato una telefonata alla casa editrice, la Nexus, per sapere che la tiratura di Killer e' stata di un migliaio di copie.

"Negli Stati Uniti, dove sono particolarmente diffusi, (i giochi di ruolo) hanno causato non poche preoccupazioni agli educatori e agli psicologi perche', essendo molto competitivi - non si gioca per giocare, ma per vincere - chi non riesce e' soggetto a frustrazioni che si ripercuotono nell'andamento scolastico e nella vita sociale." (Giovanni Nardi, La Nazione, 29/5/96).

Ancora una volta si fa riferimento alla competizione, addirittura affermando che "non si gioca per giocare, ma per vincere" che e' esattamente l'opposto di quello che in qualsiasi gioco di ruolo viene indicata come la regola delle regole: "si gioca per il piacere di giocare: in un gioco di ruolo non vince nessuno".

La consultazione dei cosiddetti "esperti", non migliora la situazione:

"Sono giochi per i quali occorre determinazione, e quindi generano tensione. Una tensione che puo' spostare i confini della realtà, e far identificare il giocatore con il ruolo che nel gioco e' chiamato a recitare. (...) il pericolo viene dal tempo che il gioco richiede. Se lo osservi per mezz'ora, appare ricco di stimoli; ma dopo 10 ore risulta meccanico, ripetitivo, puo' far perdere di vista la realtà e avere conseguenze catastrofiche, una volta che il giocatore si sia identificato con il personaggio" (prof. Vittorino Andreoli, psichiatra, interv. da G. Nardi, La Nazione, 29/5/96).

Il prof. Andreoli parla di cose che non conosce. Parla di "determinazione" e di "tensione", il che significa che non ha mai visto un gruppo giocare a un gioco di ruolo: forse ha assistito ad una partita di poker. Poi parla di "recitazione", il che e' impossibile. Si recita una poesia, una preghiera, una lezione. In un gioco di ruolo non si recita; si interpreta un personaggio. L'accento sulla "recitazione", apparentemente riferito al teatro, e' uno strumento retorico di cui il prof. Andreoli fa uso per introdurre il tema della "iterazione", della "ripetizione meccanica" che si fa di una lezione anche senza averla capita. E infatti. puntualmente, la riga dopo, il prof. Andreoli, sostiene che il gioco di ruolo "dopo 10 ore risulta meccanico, ripetitivo". Come fa ad affermarlo visto che non puo' aver osservato ne' tantomeno giocato a un gioco di ruolo nemeno per cinque minuti.

Piu' decisa, e anche piu' categorica nell'esprimere giudizi, e' la dott. Vera Slepoj:

"Il gioco dei ruoli, (...) cosi' in voga tra adolescenti e non, evidenzia un malessere profondo, un'incapacità di provare emozioni naturali. ... un irreale gioco mentale di morte" (Vera Slepoj, psicologa, La Nuova Venezia, 28/5/96).

E' meglio non fare commenti. Un poco di senso critico e di umiltà consentirebbe a volte a certi commentatori di rispondere a chi rivolge loro delle domande: no grazie, non so nulla di questo argomento. Non c'e' niente di male. Ci son piu' cose tra cielo e terra...

Otto giorni dopo, qualcuno ancora non si e' reso conto che le carte collezionabili non c'entrano nulla con il gioco di ruolo, e persiste nell'errore:

"Ogni partecipante poi, pescando delle carte, assume appunto un ruolo e poi compie le sue mosse" (Enrico Silvestri, Il Giornale, 5/6/96)

"... i giochi di ruolo, quelli che inducono i ragazzi ad assimere una 'parte' utilizzando carte e storie preconfezionate" (C.S. Il Messaggero, 5/6/1996)

"VINCERE A QUALUNQUE COSTO. (...) Si tratta di giochi da tavolo, di ambientazione horror o medievale, basati sull'uso di carte in base alle cui indicazioni i giocatori devono 'immedesimarsi' in un personaggio e portarne a termine il compito, ostacolato o favorito dagli altri giocatori" (Redazionale, Epoca, 9/6/1996).

Pierangelo Sapegno riesce nel difficile compito di dire quattro falsità con due proposizioni:

"I role-playing games (...). Il piu' famoso e' Magic. Il primo e' Dungeons & Dragons. Il piu' trasgressivo e' Killer, che ha un sottotitolo cosi': 'Non c'e' nulla come il brivido che di dà far fuori un amico'" (Pierangelo Sapegno, La Stampa, 5/6/1996).

Magic non e' un gioco di ruolo e non e' il piu' famoso; Killer non e' un gioco di ruolo e non e' il piu' trasgressivo. Il piu' trasgressivo, forse, e' Maschiacce Armate Pesantemente che deride umoristicamente le femministe, i vecchietti paralitici e le suore.

Ma non raggiunge l'ineguagliabile Michele Sartori, giornalista dell'Unità, che fa appello alle sue doti di narratore e cerca di attribuire un significato politico a quanto evidentemente non solo non ha capito, ma si rifuta di capire:

"Due anni fa, in Spagna, un gruppo di ragazzi ha ammazzato di botte uno spazzino. La polizia li ha presi, gli hanno chiesto: 'Perche''. E loro: 'Stavamo facendo un gioco di ruolo. Bisognava ammazzare la prima persona vestita male che s'incontrava per la strada." Sa come si chiamava quel gioco? 'Difesa della razza'" (Michele Sartori, L'Unità, 5/6/1996; la domanda, retorica, e' rivolta ad Ennio Peres, il malcapitato giocologo intervistato).

A questo punto, giornalisti ed esperti, prigionieri dei loro stereotipi, si lasciano andare a descrizioni davvero fantasiose e macabre che sono la dimostrazione piu' evidente che "il gioco fa male", ne senso che fa male a chi non gioca...

"I giochi di ruolo (...) prevedono appunto proprio l'impiccagione della vittima e del perdente" (Anonimo, Il Tirreno, 5/6/1996).

"Il gioco prevedeva, per chi perdeva, l'impiccagione, e la divisione dei suoi beni tra gli altri giocatori" (Roberto Bianchin, La Repubblica, 5/6/1996).

"... quei 'giochi' dai contenuti indubbiamente violenti - situazioni ludiche in cui i protagonisti finivano con l'immedesimarsi profondamente dei personaggi, assumendone appunto il 'ruolo' - che prevedevano, sempre, un 'perdente': una vittima che alla fine della 'partita' doveva morire per impiccagione" (Claudio Pasqualetto, Corriere della sera, 5/6/1996).

"... un gioco di ruolo che prevede per lo sconfitto l'impiccagione: simbolica, s'intende, comunque da mimare immedesimandosi nel ruolo del condannato" (Michele Sartori, L'Unità, 5/6/1996).

"Cosi' stabiliscono le regole del gioco (...): chi perde lascia agli altri la propria roba, come un bottino da consegnare a quello che e' stato piu' forte di te" (Pierangelo Sapegno, La Stampa, 5/6/1996).

E' inutile domandarsi quale possa essere la fonte di una tale congerie di falsità. E' utile invece notare come vi sia un coro unanime nella costruzione di una realtà inesistente in cui essi - giornalisti e non - sono effettivamente "giocatori di ruolo" pericolosamente guidati da un Burattinaio che si chiama "Sonno della Ragione", e che era già ben noto a Francisco Goya, che ne pago' amaramente le conseguenze.

Infatti, il passo successivo, e' un evidente tentativo di generalizzare il fenomeno fino a ricondurlo ad una dimensione organizzata, e per questo perseguibile dalla magistratura ordinaria:

Il giudice Nordio e i carabinieri avrebbero inoltre riscontrato nelle indagini un alone di segretezza attorno a queste pratiche ludiche< tipico quasi dei rituali di una setta" (Claudio Pasqualetto, Corriere della sera, 5/6/1996).

"A favorire il tragico epilogo, inoltre, potrebbe essere stata anche la riservatezza dei gruppi che praticano tali giochi, paragonata da Nordio proprio a quella di certe sette religiose" (C.S. Il Messaggero, 5/6/1996).

Lo stereotipo e' diventato apertamente un pregiudizio sociale: sono subentrati i meccanismi di sollecitazione della paura dell'ignoto, del complotto segreto, della minaccia sociale, della incapacità di comprendere l'Alterità. L'equivalenza "gruppo di gioco di ruolo = setta religiosa" e' stata stabilita. Ora non resta che trovare i responsabili. Fortunatamente a questo ancora non siamo arivati. Ma non e' detto che sia finita qui.

Intanto non e' finito il delirio di onnipotenza del commentatore che si definisce "esperto", e che finalmente decide di rivelare le "regole del gioco" che tutti gli intervenuti hanno contribuito a descrivere, il famoso "gioco della Torre e del Dragone", al quale lo psichiatra Paolo Crepet dà finalmente voce, prima annunciato su "Nuova Venezia":

"Quindici anni fa, in America, il gioco della Torre e del Dragone venne tolto dal commercio; noi lo abbiamo trasformatoin gioco di ruolo, e portato in Italia con grande successo, come tanta altra immondizia d'importazione" (Paolo Crepet, psichiatra, La Nuova Venezia, 5/6/1996).

E poi piu' compiutamente descritto dallo stesso Crepet su "Grazia", in una rubrica "L'Opinione", prodiga di consigli su come affrontare i problemi degli adolescenti:

"Uno dei giochi preferiti dai ragazzi e dalle ragazze che frequentano le scuole americane si chiama 'la torre e il dragone'. Consiste nell'assegnarsi un personaggio nel quale ci si identifica, mentre gli altri devono tentare di smascherarlo per indurlo a svelare la propria vera identità: per farlo il personaggio deve far finta di uccidersi. Viceversa, questi, per difendere il proprio segreto, deve cercare di scoprire quello degli altri. Alla fine chi perde non puo' che scegliere la morte. A volte questo gioco dura settimane e mesi e non infrequentemente termina con la messa in atto di quella tragica pantomima finale" (L'Opinione di Paolo Crepet, psichiatra, Grazia 23/6/1996).

Non si puo' che concludere questa rassegna con la dichiarazione - una delle tante - rilasciata al TG1 (6 giugno 1996, ore 13:30) dal denunciante, l'avvocato che ha inviato l'esposto al giudice Nordio di Venezia:

"Non c'e' nulla di umano nei giochi di ruolo. Il fantastico e' sempre in contrasto con la realtà, anche se parliamo di Star Trek. Abbiamo l'arma finale di uccisione come metodologia. Tra le armi abbiamo la distorsione della mente, l'utilizzo di immagini mostruose, che restano poi nella mente della persona che si e' immedesimata, andando a rompere un'equilibrio fondamentale della vita che e' quello del sonno, sogno, veglia".

Anche questa e' stata una simulazione: esibizione del falso e deformazione della realtà. Una simulazione non fatta per gioco, e per questo assai piu' pericolosa. Un simulazione che ha messo in giro un veleno immaginario ma non per questo meno persistente e tale da generare guasti là dove da 10 anni diversi operatori sociali e culturali cercano di introdurre tra i giovani modi nuovi di socialità e di impegno. I giornalisti e gli "esperti" che hanno ceduto al sensazionalismo e hanno scritto e detto tutte queste sciocchezze ne portano in pieno la responsabilita'. In qualche (raro) caso i giornali che li hanno ospitati hanno dato voce a pareri ben piu' meditati e documentati. Questo va detto. Pero' va detto anche che si rende un buon servizio ad una corretta informazione quando si mettono a confronto le opinioni diverse, e non le opinioni contrapposte alle falsita'. Il GdR, come molte altre attività ludiche e creative, non e' una fuga dal presente, bensi' un tentativo di alleggerire la "pesantezza" del presente, una pesantezza di fronte alla quale, purtroppo, molti soccombono; e questo, non a causa del gioco, ma nonostante il gioco.


Il seguente articolo è tratto dal quotidiano "La Stampa" del 28-05-96:

Venezia, svolta nell'indagine sulla morte del diciannovenne: sarebbe stato aiutato ad impiccarsi.

I killer sono i giochi di ruolo

Il pm: dietro di loro una catena di suicidi.

DAL NOSTRO INVIATO
PIERAGELO SAPEGNO

Roberto morì per gioco. Come se la morte fosse coì vicina alla finzione o semplicemente una parte della vita, come l'amore, il dolore, la gioia, e non la separazione dalla vita. Roberto morì il pomeriggio dell'ultimo sabato di maggio, appeso all'albero di un boschetto dove andava a giocarci da bambino e quando suo padre lo trovò non riuscì ad avvicinarsi e non riuscì a gridare nemmeno una parola, e quando il suo preside, Silvano Grasso, lo seppe, chinò la testa: "Questi ragazzi hanno un male dentro che non capiamo". Suo fratello, Davide, rimase immobile e disse solo che "Roberto aveva un mondo da inseguire". Sua madre, Gianna, cominciò a piangere: "Era un solitario, scappava nella fantasia e si rifugiava in un mondo irreale". Le parole sono pietre, quando non si gioca.

Roberto aveva fatto il boy scout, andava a Messa e giocava a pallacanestro, che è un gioco senza finzione, prima di perdersi dietro al suo mondo. Roberto, suggeriscono adesso i primi sospetti, morì in un gioco che lui stesso aveva condotto e che aveva perso, uno di quei role playing americani, dove bisogna immedesimarsi fino in fondo nel personaggio. Forse, morì per essere più bravo anche nella sconfitta. Meglio di Harry Williams, della Benetton Treviso, che alza la mano e chiama cinque, anche se è stato battuto.

Roberto le sue poche cose le distribuì agli amici prima di andarsene, perché così stabiliscono le regole del gioco che faceva: chi perde lascia agli altri la roba, come un bottino da consegnare a quello che è stato più forte di te. E con lui, magari, quel pomeriggio c'erano gli amici, come se si potesse partecipare insieme alla stessa emozione, che ci separa da tutto o che chiude solamente un gioco. per loro, chissà, poteva essere la stessa cosa. Roberto aveva 19 anni, che è un'età per capire e per soffrire. "Non si è ucciso da solo", ha stabilito l'esame del suo corpo e ha detto ieri il sostituto procuratore Carlo Nordio. Vuol dire, semplicemente, che potrebbe essere stato aiutato. Il medico legale, dottor Ferlin, cerca di spiegarlo: "Nell'impiccato ci sono rotture. Le vertebre, o la carotide, o la cartilagine, si spezzano per via dello strappo. Qui non c'è niente. E' morto per soffocamento, senza rotture". Come se fosse stato sospinto, appunto, aiutato ad appendrsi all'albero. Ma se non si è ucciso da solo, forse c'è dell'altro.

Roberto, che inseguiva il mondo, morì in un gioco, che si chiama Killer e che finge di fare un film. "Per ora è solo un ipotesi", ripete Nordio. Intanto ha già aperto un fascicolo contro ignoti, "per istigazione al suicidio". E promette pure di indagare su altri casi di suicidio, avvenuti nell'ultimo anno, di giovani tra i 15 e i 25 anni, perché magari ce ne sono altri che hanno inseguito il gioco oltre il suo limite. Roberto partecipava ai role-playing games, assieme agli amici e al fratello più piccolo, Davide. Il più famoso è Magic. Il primo è Dungeons & Dragons. Il più trasgressivo è Killer, che ha un sottotitolo che dice così: " Non c'è nulla come il brivido che ti dà far fuori un amico". Negli Stati Uniti li hanno inventati nella seconda metà degli anni Sessanta e solo da poco tempo li hanno importati in Italia. Saranno 400, possono durar dei mesi, mettono il Bene contro il Male e non importa cosa sei tu, se fai la parte del cattivo o del buono. Come guardie e ladri, ma con qualcosa di più. Strano: come se la finzione valesse solo per il ruolo, non per il gioco. Roberto, con gli amici, faceva parte di un Club, l'Old Dragons, che riunisce un gruppo di ragazzi che si trova alla biblioteca di Spinea per fare questi giochi: "leggono Tolkien, Lovecraft, imparano l'inglese, stanno insieme, sviluppano creatività". E una stramba passione. Anche a scuola, durante la gita, i compagni della IV C del liceo scientifico Morin di Mestre si erano divertiti per tutto il viaggio con i role games per tutto il viaggio. Roberto era quello che aveva il compito di inventare la trama, e gli amici ripetono che "era il più bravo a immaginarsi nuove storie". Poi, Roberto aveva continuato a a fare Killer con quelli del club. E' morto per questo?

La mamma ha gli occhi gonfi e poca voglia di parlare: "Non ci credo, non ci credo. Conoscevo troppo bene i suoi amici. Venivano sempre a casa mia a giocare. Non può essere stato uno di loro. Se fosse vera questa ipotesi, che non è morto da solo, allora sono stati degli sconosciuti". Il PM, Carlo Nordio, per ora sfugge via. "Come si fa a dirlo? L'indagine è appena cominciata". Oggi però l'avvocato Luciano Faraon, da Spinea, Venezia, non è più solo. Subito dopo il suicidio di Roberto, era stato il primo a denunciare questo possibile legame, fra i giochi e quella morte. Disse: "Killer è il più terribile. Ha persino una carta che si chiama Distorcere la mente, e viene bandita dai tornei ufficiali".

Killer prende lo spunto dal film la Decima Vittima, una pellicola del 1965, interpretato da Marcello Mastroianni ed Ursula Andress. cominciarono a giocarlo un anno dopo gli studenti dell'Università di Austin, Texas. Ogni giocatore deve far fuori il suo rivale senza farsi ammazzare da un altro. Alcune regole sono fisse, le altre le decide il Game Master, il padrone del gioco. Il ruolo da impersonare per tutti è quello del killer. La finzione non termina quando la compagnia si scioglie, ma continua anche per mesi, sino alla fine della partita.

"E' come giocare guardie e ladri, come indiani e cowboy", dice Luca Giuliano, sociologo e inventore di giochi di ruolo. "Tutti i giochi prevedono un conflitto, altrimenti non c'è divertimento. Ma i metodi per uccidere l'avversario sono solo espedienti di fantasia e creatività. Questi giochi semmai insegnano a stare assieme, a comunicare, a uscire dall'isolamento." Chissà. Il gioco non è come la vita, dice Giuliano. Vero. E poi la finzione non è sempre inganno. Magari è tutto più semplice, magari ha ragione Gianna, la mamma di Roberto: "Faceva quei giochi, ma che ci fosse qualcosa di male, proprio no. Chissà cosa gli è passato per la testa, chissà cosa gli passa per la testa a questi giovani che non hanno niente, che non vedono niente davati a loro".

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Approfondimento: Nuove Armi e oggetti magici

A cura di Andrea Favretti < bop2449@iperbole.bologna.it >

Stivali dell’Atleta Miracoloso

Sono comodi stivali verde smeraldo che rimangono sempre puliti e lucenti, come se qualcuno li lucidasse in continuazione; · indossandoli si aumenta la propria velocità di marcia e di corsa del 50%; L’aumentata velocità conferisce: · un bonus di -1 alla C.A. · un bonus di -1 all’iniziativa Inoltre dà: · + 20% per scalare pareti Permette di compiere grandi balzi anche da fermo: · fino a 3 m in altezza o 6 m in lunghezza (che aumentano rispettivamente a 6 e 12 con una rincorsa di almeno 9 m); Si può tranquillamente camminare (a 2/3 della velocità) sulle sabbie mobili o sulla neve fresca (ma non sull’acqua); 1 volta al giorno è poi possibile compiere un iperscatto: per max 2 round + 1 round ogni 3 livelli si acquista un’incredibile velocità di corsa, pari a 300 m/round (circa 110 Km/h): è però possibile correre solo in linea approssimativamente retta e in una zona priva di particolari ostacoli (vegetazione fitta, grosse rocce); lo si può fare però anche su sabbie mobili, neve fresca e anche sull’acqua! (se però ci si ferma si affonda); una volta attivato il potere è impossibile fermarsi prima di aver compiuto almeno 50 m; se si urta contro un ostacolo a ipervelocità o si inciampa si subiscono tra i 3d6 e i 9d6 P.F. (a discrezione del master); se si spicca un salto a ipervelocità si possono saltare fino a 30 m (con una rincorsa di almeno 20 m). Gli stivali conferiscono:
· un bonus +2 TS contro paralisi, ma sono piuttosto pavidi: danno · un malus -4 TS contro paura: se il risultato è una fuga, questa è così precipitosa e convulsa da causare 3d6 P.F. causati da lividi e abrasioni.

P.S.: Se indossati da un personaggio con la capacità "acrobazia" gli stivali rendono facilissime imprese notevoli quali il triplo salto mortale, il camminare su una corda tesa o altri giochetti circensi (riescono quasi automaticamente: al 95%)

Anello del Movimento

Permette di lanciare per 1 volta al giorno:
· velocità (-1 anno di vita) (durata:3 round +1/liv.)
· camminare nell’aria (durata: 1 ora + 1 turno/liv.)

Permette di lanciare per 1 volta alla settimana:
· ipervelocità (bonus x4; -5 anni di vita)
· movimenti da ragno (durata: 3 round +1/liv.)

Gli incantesimi sono lanciabili solo da e sul portatore dell’anello. Gli incantesimi "velocità" e "ipervelocità" sono combinabili: bonus x8, ma -10 anni di vita.

Guanti della Destrezza

Conferiscono al portatore:
· + 10% svuotare tasche
· + 10% scassinare serrature
· +1 Dext.

Eterea, armatura di scaglie +5

Permette al possessore di trasformarsi in una sostanza eterea e di spostarsi in questa forma. L’attivazione di questo potere comporta l’utilizzo di una carica. Le cariche totali sono 20. L’utilizzo di 5 cariche comporta la perdita di un punto bonus per l’armatura che calerà così a +4, poi +3, ecc. fino ad un minimo di +1. L’armatura è ricaricabile.

Assassina, spada lunga +3

E’ una spada lunga +3 intelligente. La sua intelligenza non si manifesta in modo chiaro ed esplicito, quanto piuttosto nel cercare di influenzare le azioni del possessore rifiutando di fare ciò che ritiene "sbagliato". E’ quindi fondamentale conoscere l’allineamento della spada per non agire contrariamente alla sua morale ed etica. Questo, però, è sconosciuto. Quando la spada colpisce un avversario ha una probabilità del 25% di ucciderlo sul colpo.

Backstab, spada corta +2

Quando si utilizza questa spada (corta +2) per attaccare l’avversario alle spalle, la spada stessa conferisce al possessore le abilità di un personaggio di 4 livelli superiore.

Favone di tufo +10

I poteri di questo oggetto sono sconosciuti e le sue origini si perdono nelle pieghe del tempo. Quel poco che potenti maghi hanno potuto dedurre dopo prolungati studi e con l’applicazione di complesse alchimie è che probabilmente il Favone altro non è che un artefatto di creazione divina il cui scopo nei reami è ancora ignoto. Una delle tesi più accreditate è che la sua artefice sia Sune, la dea della bellezza, ma altri sostengono che il Favone non sia altro che un oggetto originario di epoche lontane durante le quali la magia era considerata alla stregua di una favola per bambini e l’uomo governava il mondo con l’immenso potere della tecnologia. E’ molto difficile, però, trovare chi sostiene apertamente questa tesi, anche se molti la sussurrano a bassa voce: essa è infatti considerata una eresia e chi la pronuncia viene perseguitato in quanto rischierebbe di far crollare l’ordine costituito e il sistema di potere così come viene ora concepito. C’è addirittura chi sostiene che esista un ordine segreto al cui comando si trova un gruppo di uomini potenti ed influenti a conoscenza della verità. Scopo della setta sarebbe trovare e distruggere ogni prova della verità e con essa chiunque ne sia portatore. La setta ha infiltrati ovunque, anche e soprattutto all’interno di gilde e corti. Dall’ombra governa ed influenza il succedere degli eventi: inutile dire, quindi, che a il destino di chiunque venga scelto come portatore del Sacro Tufo è uno solo: morte certa! Tra i principali esponenti di questo oscuro gruppo si troverebbe, dicono alcuni, uno stregone di nome Har Milus, uomo di magia, ma anche di scienza, originario di epoche antiche, sopravvissuto ai secoli grazie all’uso delle sue scienze occulte. Non ricopre nessuna carica o posizione di potere in modo aperto, ma probabilmente è una delle menti pensanti del Grande Inganno e forse il primo scopritore del Favone. Bramoso del suo potere avrebbe infatti tentato in passato di farlo suo scoprendo con suo grande sgomento (e perdendo un ........ arto) che la reliquia preferisce effettuare la simbiosi con delle donn ee si adatta agli uomini solo momentaneamente. Dopo questa prima e cocente sconfitta Har Milus avrebbe agito segretamente impiegando tutte le sue risorse per far sì che il favone rimanesse sconosciuto ai più, ma che venisse allo stesso tempo avvicinato ed usato da persone "adatte" aspettando di trovarne una da soggiogare e usare come tramite tra lui e il potere del Favone per farlo suo indirettamente. Oggi, finalmente, è forse giunto il momento in cui i piani del Malvagio andranno a compimento, ma egli non sa che nell’attuale portatore potrebbe trovare una sfida più ardua del previsto. Il giovane apparentemente sprovveduto su cui il destino ha posto il suo occhio è infatti un esperto assassino affiancato da molti compagni abili nelle più svariate arti dei reami. La sfida, quindi, è ancora aperta. E, come si dice, chi vivrà vedrà...

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Creiamo l'atmosfera giusta (con qualche nozione di Hardware).

Mi piace molto giocare cercando di far vivere realmente emozioni.
Non occorrono doti straordinarie di recitazione (a parte quella naturale del Master) e non servono capitali da investire
Uno sfondo musicale fa davvero miracoli se lo si sceglie con cura e attenzione e lo si inserisce nel momento adatto.
Evitate a priori radioline, stereo portatili o mangianastri, un serio HI-FI con due belle casse da pavimento non regge
confronti.
Preferite dunque la qualità di quest'ultimo (provate a sentire la differenza) e non utilizzatelo a volume tale che gli
inquilini dei palazzi a fianco debbano mettere sacchi di sabbia sulle finestre; ma a volume basso.
Ricordate che dovete creare un'atmosfera, un sottofondo musicale, non un'effetto discoteca con Tuz Tuz Tuz che
tolgono l'intonaco dalle pareti.
Se state leggendo queste parole mentre siete collegati ad internet da casa vostra, avrete sicuramente un computer
(Ha! Ha! Risate grasse!) e se avete un computer, avrete sicuramente dei giochi, e io non credo che vi divertiate
giocando al PC senza avere una scheda sonora. Tutto questo discorso semplicemente per dire che è bene avere una
scheda sonora. Perchè? Beh, il computer permette di elaborare anche la musica creando effetti interessanti.
Ma come collegare il PC all'HI-FI?
Per chi di voi non l'avesse ancora fatto, le operazioni, estremamente semplici, da seguire sono le seguenti:
(Quella che segue è la descrizione della mia stazioncina di lavoro)
La scheda sonora (io ho una Sound Blaster a 16 Bit e prenderò questa come esempio) ha una serie di uscite
e di ingressi. Quella differente dalle altre (simile alla porta seriale ma più corta) è la porta del joystic o del Midi,
poi abbiamo lo Speaker Out (altoparlanti o cuffie), Line Out (amplificatore dello stereo), Mic In (microfono)
ed infine il Line In (lettore cassetta, CD audio, radio...). Tutte le uscite o ingressi sono stereo e utilizzano i classici
spinotti stereo delle cuffie dei walkman.
Il Line Out va collegato con un'ingresso del vostro amplificatore in modo che possiate sentire i suoni prodotti dal PC
dall'impianto stereo. Il CD-ROM del computer è automaticamente collegato con un'ingresso.
Già facendo questo semplice collegamento potrete inserire CD-audio nel CD-ROM del PC ed ascoltarli tramite
le casse dello stereo.
La musica dei CD audio suonata in questo modo può essere registrata su Hard Disk ed elaborata.
In commercio vi sono numerosissimi programmi di elaborazione audio. (spesso quelli allegati con la scheda sonora
vanno abbastanza bene per i primi passi)
Io ve ne consiglio principalmente due:
il primo è il Cool Edit 96 della Syntrillium Software Corporation (P.O. Box 62255, Phoenix, AZ 85082-2255, USA)
programma che potete reperire in forma Shareware al http://www.syntrillium.com software che vi consiglio vivamente
in quanto possiede, oltre al solito Fade In, Out, Cut, Paste, Echo anche una serie di effetti davvero sorprendenti quali
il Noise Reduction, Brain Syncronise, distorsioni e filtri.
Il secondo è il Gold Wave reperibile al sito http://web.cs.mun.ca/~chris3/ altro software simile al precedente.
Ricordate che registrare musica su Hard Disk significa avere spazio libero e dovrete far lavorare il PC per tempi
relativamente lunghi: Un solo minuto di musica in qualità CD (16 Bit, Stereo, 44100 Khz) occupa circa 11 Mb e
se volete fare una qualunque elaborazione, dovrete averne liberi altrettanti per lo Swap file (o file temporaneo).
No, calma, non dite "nessun problema ho un Hard Disk da 1,2 Gb" perchè se volete registrare un'intera canzone
quale per esempio "Silence and I" di Alan Parsons avrete bisogno di almeno 150 Mb liberi per elaborarla senza problemi.
Ma quale musica far ascoltare?
Gli artisti che apprezzo di più e che utilizzo molto molto spesso sono principalmente: Enya (album: The Celt, Watermark,
The Memory of Trees) Loreena McKennit (album: The Mask and Mirror), The Chieftains, Mike Oldfield (l'ultimo
album Voyager), Alan Parson (in particolare le canzoni Jigue, Re-Jigue, Silence and I) poi anche la colonna sonora di
Warcraft II (contiene tracce audio) e di Little Big Adventure, per i momenti di tensione non può mancare la mitica
Carmina Burana di Carl Orff. Alcune canzoni dei Manowar contengono fantastici effetti sonori di spade, cavalcate,
voci oscure e demoniache; registratele sul PC ed estraetene i punti interessanti; le voci tenebrose faranno un bell'effetto
mentre descrivete un mago che recita arcane formule magiche.

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