IT'S A BEAUTIFUL DAY
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Celtics Fan Club Italia
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you're the fan # since Nov 15th 1998 HAPPY BIRTHDAY CFCIT: 10TH YEAR! | ||
Caro DJ, sei volato anche tu, lassù,
quattro mesi dopo Red, che ti scelse nel 1983 dopo il titolo vinto da MVP
nel 1979 a Seattle e il passaggio a Phoenix. Ti scelse perchè eri un gran
difensore, ma anche perchè eri un grande professionista e combattevi in
campo con l’agonismo e l’orgoglio degni del Celtic Pride che
rappresentavi, insieme a leggende del calibro di Larry, Kevin o Robert.
Hai vinto i titoli del 1984 e del 1986, ma noi ti ricordiamo anche negli
anni delle battaglie perse, quando vincesti con un tuo tiro gara 4 contro
i Lakers nel 1985, oppure quando Larry rubò a Isiah e ti passò la palla
che mettesti nel canestro con una rapidità fulminante portando i verdi al
trionfo in gara 5 contro Detroit nel 1987, con il sottofondo della
gracchiante voce di Johnny Most che prese a urlare “DEEEJAAAAY” facendo
saltare le casse dei TV di allora. Ti ricorderemo perchè sei stato
soltanto l’undicesimo giocatore della storia NBA ad avere
contemporaneamente più di 15000 punti e 5000 assist, ma anche perchè
provenivi dal poverissimo ghetto di Compton e sei riuscito grazie alla tua
costanza e impegno ad iscriverti a Pepperdine, favoloso college sulle
spiagge di Malibu. Dopo hai voluto fare l’allenatore, ed hai avuto
l’umiltà di partire dalla gavetta, come quando andasti a chiedere al tuo
amico Jon Jenning, student manager di Indiana sotto Knight, i segreti
dello scouting. Poi sei stato assistente ai Celtics, spostandoti
successivamente ai Clippers, più vicino a casa tua. Ma Boston, seguendo la
tradizione, ti ha voluto di nuovo con sè, riservandoti l’onore di
sviluppare i giovani negli Austin Toros, farm team della NBDL, e tu hai
accettato, preferendola alla NBA, pur di appartenere alla famiglia
biancoverde. Stavi parlando con Perri Travillion, PR della squadra, appena
uscito fuori dal campo di allenamento, per strada, scherzavi, ma poi non ce
l’hai fatta più. Vittorio Festa
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![]() E’ un freddo sabato notte di Novembre,
e da appena una settimana Arnold “Red” Auerbach ha lasciato i Celtics
nell’unico modo possibile: Dio lo ha voluto con sè interrompendo una
striscia di ben 56 anni consecutivi di appartenenza alla famiglia
biancoverde. Già, la famiglia, quella che lui aveva creato a partire dal
1950, quando arrivò a Beantown dai Tri Cities Blackhawks, in
sostituzione di Alvin ”Doggie” Julian. Walter Brown lo chiamò su
segnalazione di alcuni giornalisti locali, facendogli firmare un
contratto da 10mila dollari l’anno e consegnandogli di fatto le chiavi
della squadra. “Patriarch, Legend”, come recita Celtics.com, di una
grande famiglia alla quale appartiene chiunque sia stato contagiato
dalla Mistica dei Celtics, creazione di Red. E come chiunque sia stato
colpito dalla perdita di una persona cara, c’è in noi la voglia di
restare soli, a riflettere un pò. Stanotte su League Pass c’è
Washington-Boston, proprio le due città amate da Auerbach, scherzo del
destino. I Celtics devono riscattare una stagione deludente, afflitti da
problemi difensivi, l’inesperienza, l’incapacità di chiudere le partite
nei finali tirati. Arenas entra nell’arena vestito da pugile, segnali
preoccupanti...Ma manca quell’entusiasmo, l’eccitazione che dovrebbe
esserci nel vedere la prima partita biancoverde dell’anno, perchè nel
pensiero c’è ancora Red e quella voglia di riflettere. Così decidiamo di
incamminarci, nella notte fredda e umida di Novembre, verso Quincy
Market, Fanueil Hall, sedendoci accanto alla statua di Red. Eccolo lì,
in panchina, con il suo sigaro e il sorriso appena accennato,
sarcastico, quasi irridente l’avversario. Basta un attimo, e quella
panchina diventa di legno e i sanpietrini diventano parquet incrociato,
il cielo si illumina....ma sì, siamo al Boston Garden, è il 15 Aprile
1965, gara 7 delle finali della Eastern Division. A 5 secondi dalla
fine, con i Celtics sopra di uno, Russell, ostacolato dalle infinite
braccia di Chamberlain, sbaglia la rimessa dalla propria metà campo
facendo sbattere la palla sul bordo esterno del tabellone. Coach Shayes
chiama timeout mentre Russell si dispera. Alla ripresa del gioco, dalla
stessa posizione, Hal Greer cerca a sorpresa di servire Chet Walker,
trascurando Wilt “The Stilt”, ma dal nulla appare John Havlicek, reduce
dai postumi di un’operazione al ginocchio e non al 100%, che intercetta
il pallone deviandolo nelle mani di Sam Jones. “Havlicek stole the ball!
It’s all over! Johnny Havlicek being mobbed by the fans!” ha urlato la
voce gracchiante di Johnny “Machine Gun” Most, che per 36 anni ha
raccontato in TV le gesta dei C’s. E Auerbach potè fumare il sigaro
della vittoria. Improvvisamente il tempo si porta avanti di un anno: è
il 28 Aprile 1966, ancora una gara 7, finale NBA contro i Lakers, e
stavolta quel sigaro acceso avrebbe potuto veramente costar caro al
grande Red. E’ un giorno speciale questo, la sua ultima gara da coach
dei Celtics. Gli Irlandesi sono avanti di 10 a 30 secondi dalla fine, ma
hanno un calo di tensione. Palla ai Lakers e subito un canestro di West,
poi nuova palla persa e un altro canestro di Mr. Logo porta i suoi a
meno 6 con 14 secondi da giocare. Come aveva già fatto in precedenza,
Red commette l’errore di accendere il sigaro in anticipo, e i tifosi,
credendo che quello fosse il segnale che la gara era terminata, invadono
il campo festanti. Ma ovviamente c’era ancora da giocare. Rimessa per
Havlicek che perde palla e i Lakers, inferociti per la mancanza di
rispetto, salgono a – 4, poi altre tre palle perse dei Celtics che
tuttavia fruttano solo due punti ai gialloviola, prima che finalmente KC
Jones trattenga il pallone e i padroni di casa possano celebrare il loro
ottavo titolo consecutivo. Otto mesi dopo Auerbach allenerà la sua
ultima partita ufficiale, guidando l’Est all’All Star Game 1967 di San
Francisco, ma terminando la gara in anticipo. Fu infatti espulso per
aver contestato alla sua maniera una chiamata arbitrale!
Vittorio Festa
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