Da "Riforma sociale o rivoluzione?"

GLI ESITI OBBLIGATI DEL RIFORMISMO

di Rosa Luxemburg

Il titolo del presente scritto può a prima vista destare sorpresa. Riforma sociale o rivoluzione? Dunque la socialdemocrazia può essere contro la riforma sociale? O essa può contrapporre la rivoluzione sociale, il rovesciamento dell'ordine esistente che costituisce la sua meta finale, alla riforma sociale? Niente affatto. Per la socialdemocrazia la lotta quotidiana e pratica per le riforme sociali, per il miglioramento della situazione dei lavoratori già sul piano della realtà presente, per le istituzioni democratiche, costituisce piuttosto l'unica strada per la quale condurre la lotta di classe proletaria e preparare il raggiungimento del fine, la conquista del potere politico e l'abolizione del sistema salariale. Per la socialdemocrazia esiste tra la riforma sociale e la rivoluzione sociale un rapporto indistruttibile, perchè la lotta per la riforma sociale é per lei il mezzo, la trasformazione della società lo scopo. Un'opposizione tra questi due momenti del movimento operaio noi la troviamo soltanto nella teorizzazione di E. Bernstein, come egli l'ha presentata nei suoi articoli Problemi del socialismo, pubblicati nella "Neue Zeit" del 1897-98, e particolarmente nel suo libro Presupposti del socialismo. Tutta la teorizzazione si risolve in pratica nel consiglio di lasciar perdere il sovvertimento sociale, lo scopo finale della socialdemocrazia, e di promuovere al contrario la riforma sociale da mezzo a fine della lotta di classe. Bernstein ha esplicitato i propri propositi nella maniera più chiara e incisiva scrivendo: La meta finale, quale essa sia, é per me nulla, il movimento tutto.

Non é solo un problema di tattica.

Poichè però la meta socialista é il punto fondamentale che distingue il movimento socialdemocratico dalla democrazia e dal radicalismo borghesi, ciò che muta il movimento operaio da un inutile lavoro di rattoppamento a pro dell'ordine capitalistico a lotta di classe contro questo stesso ordinamento per la sua eliminazione, la domanda Riforma sociale o rivoluzione?È nel senso di Bernstein equivale per la socialdemocrazia all'interrogativo: essere o non essere? Ognuno nel partito deve vedere chiaramente che la polemica con Bernstein e i suoi aderenti non riguarda questo o quel modo di combattere, questa o quella tattica, ma che si tratta della ragione di esistenza in toto del movimento socialdemocraticoÉ La teoria di una introduzione graduale del socialismo si riduce a una progressiva riforma della proprietà e dello Stato capitalistico in senso socialista. Ma questi, in forza dei processi obiettivi della società contemporanea, si sviluppano in tutt'opposta direzione. Il processo produttivo si socializza sempre più, e l'intervento, il controllo dello Stato su di esso si estende progressivamente. Ma contemporaneamente la proprietà privata diventa sempre più la forma del mero sfruttamento capitalistico del lavoro altrui e il controllo statale si compenetra ognora più di esclusivi interessi di classe. Poichè, in questo modo, Stato, cioé l'organizzazione politica, e rapporti di proprietà, cioé l'organizzazione giuridica del capitalismo, si sviluppano in senso sempre più capitalistico e non socialista, la teoria dell'avvento graduale del socialismo si viene a trovare di fronte a due difficoltà insormontabili. L'idea di Fourier di mutare tutta l'acqua di mare del nostro pianeta in limonata attraverso il sistema del falansterio, era assai fantastica. L'idea di Bernstein di trasformare il mare dell'amarezza capitalistica in mare di dolcezza socialista mediante l'aggiunta di fiaschi di limonata socialriformista, é soltanto più scipita, ma non di un'unghia meno fantastica.

I rapporti di produzione della società capitalistica si approssimano sempre più a quelli socialisti, di contro tra i loro rapporti politici e giuridici si sta erigendo un muro sempre più elevato. Muro che lo sviluppo delle riforme sociali come della democrazia non vale a perforare, ma all'opposto a rendere più saldo, più rigido. Solo dunque potrà abbatterlo il colpo di maglio della rivoluzione, vale a dire la conquista del potere politico da parte del proletariato nell'attuale stato di cose, le lotte sindacale e parlamentare vengono intese quali mezzi per condurre ed educare gradualmente il proletariato alla conquista del potere politico. Secondo le concezioni revisioniste, in considerazione dell'impossibilità e dell'inutilità di questa presa di possesso, esse dovrebbero essere impostate soltanto con riguardo ai risultati immediati, cioé al miglioramento delle condizioni materiali dei lavoratori, e mirare alla limitazione graduale dello sfruttamento capitalistico e all'estensione dei controlli della collettività. Se astraiamo dallo scopo dell'immediato miglioramento della situazione dei lavoratori, che é comune alle concezioni finora invalse nel partito come a quelle revisioniste, tutta la differenza, per dirla in breve, sta in questo: secondo il concetto corrente del partito, il significato socialista della lotta sindacale e politica risiede nel preparare il proletariato, cioé il fattore soggettivo, all'esecuzione della trasformazione soggettiva. Per Bernstein, nell'efficacia dell'azione sindacale e politica in un'azione di graduale limitazione dello sfruttamento capitalistico, di eliminazione e sostituzione progressiva del carattere capitalistico della società contemporanea con quello socialista, in una parola, di introduzione in senso obiettivo del trasmutamento socialista. A un esame più da vicino, le due concezioni appaiono in aperto contrasto. Nel comune modo di vedere del partito, attraverso la lotta sindacale e politica il proletariato perviene alla convinzione dell'impossibilità di una trasformazione di fondo della sua posizione per via di questa lotta stessa, e delle inevitabilità di una finale presa di possesso degli strumenti di potere politici.

In Bernstein si parte dal presupposto dell'impossibilità della conquista del potere politico per introdurre l'ordinamento socialista per pura via di lotta sindacale e politica ciò é una semplice fantasia Così, in ultima analisi, la lotta pratica quotidiana della socialdemocrazia perde in generale qualsiasi rapporto col socialismoÉ La conquista del potere politico E' da parte di E. Bernstein e di K. Schmidt frutto quindi di flagrante equivoco, che essi si appaghino che la limitazione di tutta la lotta a riforme sociali e ad attività sindacali non comporti la sconfessione della meta finale da parte del movimento operaio, perchè ogni passo innanzi su questa strada si autotrascenderebbe e il fine socialista sarebbe cos" inerente allo stesso movimento come sua tendenza. Ciò vale con pieno diritto per la tattica attuale della socialdemocrazia tedesca, vale a dire la cosciente e ferma aspirazione alla conquista del potere politico in funzione di bussola della lotta sindacale e riformatrice. Se però si amputa il movimento di tale aspirazione anticipatrice e si fa della riforma sociale soprattutto un fine autosufficiente, non solo questa non conduce alla realizzazione della meta finale socialista, quanto piuttosto all'incontrario. K. Schmidt fa semplicemente affidamento sul movimento per cos" dire meccanico, che una volta cominciato, per forza di inerzia deve continuare; e questo sulla base del proverbio che l'appetito vien mangiando, e che quindi la classe operaia non dovrebbe mai dirsi contenta di riforme, fino a che la trasformazione socialista non sia stata portata a termine. Quest'ultimo presupposto é giusto e ci garantisce l'inadeguatezza delle riforme sociali capitalistiche. Ma la conseguenza che se ne vuol trarre potrebbe essere vera soltanto qualora fosse possibile costruire una catena ininterrotta di riforme sociali continue e sempre crescenti dall'ordine esistente direttamente a quello socialista. Si tratta però di una fantasia: assai presto per forza di cose la catena si spezza, e le vie che il movimento da quel punto in avanti può battere, sono svariate.

Il passo seguente e più probabile sarà allora un aggiornamento della tattica in modo da rendere comunque possibili i risultati pratici della lotta, le riforme sociali. L'irreconciliabile e rigido punto di vista di classe, che solo ha senso qualora si miri alla conquista del potere politico, si riduce sempre più a un puro ostacolo, non appena lo scopo principale si configuri nei successi pratici immediatiÉ Poichè nel mondo capitalistico le riforme sociali sono e rimarranno in ogni tempo un guscio vuoto quale che sia la tattica applicata, il passo logico successivo [dei revisionisti] é rappresentato dalla disillusione anche nei confronti delle riforme socialiÉ per lasciare andare tutto in conclusione come a Dio piaceÉ Berstein che tuona contro la conquista del potere politico come una teoria di violenza blanquista, corre il rischio di tenere per errore blanquista ciò che da secoli é la pietra angolare e la forza motrice della storia umana.

Da quando esistono le società classiste e la lotta di classe costituisce il contenuto essenziale della loro storia, la conquista del potere politico é stata continuamente sia la meta di tutte le classi progressive che il punto di partenza e quello conclusivo di ogni periodo storicoÉ Le riforme, effetto della "pedata" rivoluzionaria Riforma legale e rivoluzione non sono perciò metodi diversi del progresso storico, che si possano scegliere a piacere nel buffet della storia come wurstchen caldi o wurstchen freddi, ma momenti diversi nell'evoluzione della società di classe, che si condizionano e si completano e nello stesso tempo tuttavia si escludono reciprocamente, come ad esempio polo sud e polo nord, come borghesia e proletariato. E invero ogni costituzione giuridica é puramente un prodotto rivoluzionario. Mentre la rivoluzione é l'atto creativo della storia delle classi, l'attività legislativa é il tran-tran politico della società. Il lavoro di riforma legale non vive di impulsi propri, autonomi della rivoluzione; si muove in ogni periodo storico solo sulla linea e fintantochè perdura in esso l'effetto dell'ultima pedata rivoluzionaria o, concretamente detto, solo nel quadro della riforma sociale espressa dall'ultimo sovvertimento politico. Qui sta il nocciolo della questione.

E' fondamentalmente falso e assolutamente antistorico rappresentarsi il lavoro legale di riforma soltanto come una rivoluzione tirata per le lunghe, e la rivoluzione come la riforma concentrata. Sovvertimento sociale e riforma legale sono momenti diversi non di durata ma di essenzaÉ Chi si pronuncia perciò in favore della via delle riforme legali invece e in contrapposizione alla conquista del potere politico e al sovvertimento della società, sceglie in effetti non una strada più tranquilla, sicura, lenta verso un identico obiettivo, ma piuttosto un'altra meta, cioé invece dell'avvento di un nuovo ordine sociale solo inessenziali modifiche del vecchio. Cos" dalle vedute politiche del revisionismo si giunge alla conclusione che esse mirano non già alla realizzazione dell'ordinamento socialista, ma solo alla riforma di quello capitalista, non al superamento del sistema salariale, ma a una dose maggiore o minore di sfruttamento, in una parola all'accantonamento delle aberrazioni capitalistiche, e non del capitalismo stesso In effetti il nostro intero programma varrebbe meno di un misero pezzo di carta, se non fosse in condizioni di esserci utile per tutte le eventualità e in tutti i momenti della lotta, e di servire per la sua applicazione e non per la sua non applicazione.

Se il nostro programma é la formulazione dello sviluppo storico della società dal capitalismo al socialismo, non può evidentemente sottrarsi al compito di determinare anche tutte le fasi di passaggio, non contenerne le grandi linee, perciò anche astenersi dall'indicare al proletariato l'atteggiamento ogni momento maggiormente adeguato nel senso dell'avvicinamento al socialismo. Ne consegue, che in linea generale non può esistere istante in cui il proletariato abbia da essere costretto a piantar in asso il proprio programma, o in cui sia il programma a lasciarlo in panne Dietro l'affermazione che il programma socialista possa in certi momenti completamente rinunciare alla dominazione politica del proletariato e addirittura non dare istruzioni per la propria realizzazione, si nasconde inconsciamente l'altra tesi: il programma socialista é in generale e in tutti i tempi irrealizzabile.


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