Lo spazio del guerrigliero culturale

 

Lettera aperta all’on. Boselli, segretario dei Socialisti Italiani

Caro on. Boselli:

Non posso nasconderle che lei è una persona che m’ispira simpatia, non fosse altro perché si è assunto l’ingrato compito di tenere in vita nel momento più buio della sua storia, una tradizione a suo modo gloriosa della nostra politica, quella del socialismo italiano, e la tradizione, anche quando la si interpreti nella maniera più secolarizzata possibile, conserva sempre un barlume, una scintilla di sacralità; e non fosse altro che per la sua faccia pulita non da leader (mi perdoni), non da navigato marpione della politica, ma da persona perbene, da uno di noi.

Lei recentemente ha protestato contro il peso che l’on. Di Pietro avrebbe nella nuova coalizione dei Democratici per l’Ulivo promossa dall’ineffabile Romano Prodi, una protesta che onestamente mi sentirei di condividere se in quella coalizione vi fosse qualche cosa di meritevole, non dico di occupare i palazzi del potere dove effettivamente andrà, ma di avere una sorte migliore di quella di finire negli sciacquoni dei sanitari, dove gente della risma di Prodi, di Veltroni, di Cacciari, finirebbe in qualsiasi paese civile.

Quanto all’on. Di Pietro, uno dei misteri che sfidano la scienza e le leggi della logica, è come faccia la mattina a radersi resistendo alla tentazione di vomitare od almeno di sputare sulla propria immagine riflessa nello specchio, così come tutti gli altri suoi complici, a cominciare dal boss, il Grande Inquisitore dalla Faccia di Bronzo Francesco Saverio Borrelli.

A chi consideri con attenzione le vicende italiane dell’ultimo decennio, non può sfuggire che questi magistrati più gaglioffi di coloro che inquisivano, e che hanno trasformato l’idea stessa di giustizia in una farsa, bene imbeccati dai loro padrini del PCI, hanno dato ad un popolo talmente esasperato da mezzo secolo di malgoverno da essere disposto a credere a tutto, una "giustizia" caricaturale e distorta ed una "verità" che non è stata se non l’ennesima e più grande menzogna. Chi si è provato davvero ad indagare sugli affari sporchi delle cooperative rosse, sui finanziamenti dell’Unione Sovietica al PCI o magari sulle foibe, si è trovato con la carriera distrutta in magistratura e con le ossa rotte sotto il profilo politico ed umano, come è successo a Tiziana Parenti.

Si è lasciata intravedere una parte del malcostume democristiano, si è gettata la croce addosso ai socialisti, colpevoli in realtà soprattutto di aver conteso ai comunisti l’egemonia sulla sinistra, e per quanto riguarda i trascorsi del PCI, nulla, un’omertà mafiosa da fare invidia a Totò Riina, eppure ancora negli anni ’80, quando c’erano il Muro e la Cortina di Ferro, tutti sapevano che nessuna azienda italiana poteva commerciare all’est neppure un fazzoletto senza aver pagato la tangente al PCI.

Capisco, on. Boselli che le faccia schifo dover sopportare la faccia di tolla di Di Pietro, farebbe schifo pure a me, eppure deve ammettere che se i socialisti italiani non avessero, e lei personalmente non ha altre colpe (e non ho alcun motivo per dubitare che lei sia un galantuomo degno del massimo rispetto), questa è una disgrazia che vi siete andati a cercare.

Quando il sedicente "Partito Democratico della Sinistra" ed i Socialisti Italiani sono confluiti in quella strana coalizione fra carnefici e vittime che si chiama DS, gli ex comunisti vi hanno sacrificato soltanto una "P", i socialisti molto di più: vi hanno immolato il loro cuore, la loro storia, la loro anima.

Era una scelta obbligata? No, onorevole Boselli, non lo era, come dimostra il fatto che molte persone dell’area socialista e della sinistra libertaria hanno fatto la scelta esattamente opposta, la scelta a favore del Polo della Libertà, una scelta a mio parere più coerente e senz’altro più dignitosa di quella di affidarsi alla clemenza dei propri carnefici. Sono sicuro che i nomi di Giuliano Ferrara, Gianni Baget Bozzo, Marco Pannella, Emma Bonino, non le saranno sconosciuti.

Ora se lei mi avesse fatto l’onore di leggermi fino a questo punto, caro onorevole, immagino la sua perplessità e la sua prevedibile obiezione:

"Ma il Polo della Libertà è una formazione di destra!"

E’ proprio su questo punto, caro onorevole, che le chiedo un particolare sforzo di riflessione, è proprio l’equivoco su questo punto, il reale significato dei termini "destra" e "sinistra" che ha indotto i Socialisti Italiani a scegliere il suicidio, come ha indotto l’Internazionale Socialista a prendere per buona la conversione avvenuta nel giro di una notte, degli ex comunisti, italiani e non solo italiani, ai valori della democrazia pluralista occidentale.

In ciò che intendo io per "destra" non vi è nulla di disonorevole, di illiberale, di antidemocratico, ma posso supporre che lei, e quanti come lei hanno portato in buona fede la tradizione del socialismo italiano ad impiccarsi alle mefitiche fronde dell’ulivo – quercia, interpretiate questa parola nel senso paleo – marxista di parte antipopolare, funzionale agli interessi del padronato e quant’altro.

Se lei mi consente, per darle modo di comprendere quanto questa concezione sia ormai anacronistica, lontana dai fatti e, al trapasso fra secondo e terzo millennio, ormai francamente ridicola, le consiglierei di leggere il libro La conoscenza inutile di Jean François Revel (Longanesi, 1988), ma poiché so che i politici non hanno mai molto tempo disponibile, mi permetto di richiamare la sua attenzione su di un concetto esposto in maniera ammirevolmente chiara dal saggista francese là dove afferma, e mi sembra ineccepibile, che la concezione della sovranità popolare è ormai da tempo divenuta patrimonio comune di tutta la tradizione liberale e laburista occidentale, mentre invece la pretesa delle antiche elites di governare l’intera società nel proprio esclusivo interesse, si è reincarnata nelle classi dirigenti dei "socialismi reali", quindi se oggi c’è una "destra" (nel senso in cui la può intendere lei, non in quello in cui l’intendo io) da cui chi vuole difendere la libertà e tutelare le conquiste sociali delle classi lavoratrici, deve guardarsi, ed a cui deve opporsi con ogni mezzo e ad ogni costo, essa è rappresentata proprio da coloro che oggi hanno la sfacciataggine di farsi chiamare "democratici di sinistra".

Per renderle la cosa ancora più chiara, mi consenta di farle un piccolo esempio storico.

Come lei certamente saprà, nell’ottobre (calendario giuliano) od il 7 novembre 1917 (calendario gregoriano), in Russia, un rivoluzionario mancato ed aspirante dittatore, tale Vladimir Ilich Lenin, rovesciò non la tirannide zarista cui aveva già posto fine la rivoluzione del febbraio precedente, ma il governo democratico di Alexander Kerenskij (In seguito, per ottant’anni questo golpe che dimostrava in maniera solare che lo spirito dittatoriale e liberticida del comunismo non fu un’invenzione di Stalin, ma era presente fin nel bolscevismo delle origini, venne falsamente magnificato come "rivoluzione d’ottobre"). Con un’ingenuità abbastanza sorprendente, i bolscevichi indissero nuove elezioni e la convocazione di una nuova Duma che avrebbe dovuto avallare il loro operato. La sconfessione popolare del golpe leninista fu netta, e la nuova Duma nella quale i bolscevichi erano una ridottissima minoranza, fu sciolta il giorno stesso del suo insediamento nel gennaio 1918, e da allora la Russia non ebbe più elezioni libere fino al 1991.

Le pongo un quesito: se i molti avversari della tirannide leninista, forze con una genuina base di consenso popolare e rappresentative delle classi lavoratrici: menscevichi, populisti, socialrivoluzionari, fossero riuscite ad unirsi in un "polo della libertà" ed a resistere all’assalto dei pretoriani di Lenin, ad impedire loro di abolire la libertà e consolidarsi in regime, lei le avrebbe giudicate "di destra" (nel senso denigratorio) solo perché i nemici della libertà, gli aspiranti tiranni sventolavano ipocritamente la bandiera rossa? Da che parte sarebbe stato lei? Le sfuggono forse ancora le analogie con la situazione italiana attuale? Forse che l’annientamento morale del socialismo italiano non è stato un’operazione meno violenta ma ancora più cinica ed infinitamente più subdola ed analoga sotto il profilo morale al golpe che privò i russi della libertà per ottant’anni?

E forse che quando un paese perde la libertà, le prime a rimetterci, e proprio sotto il profilo delle conquiste sociali, non sono le classi lavoratrici?

Il socialismo italiano è una parte importante delle nostre tradizioni storiche, può ancora avere un futuro, ma non certo nell’abbraccio suicida con D’Alema, Prodi, Di Pietro, Veltroni.

Ferrara, Baget Bozzo, altri, l’hanno capito ed agito di conseguenza, e lei? Ed il movimento di cui è segretario?

Sinceramente suo.

Falco

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