Lo spazio del guerrigliero culturale

 

Considerazioni disparate sull’America, le Nazioni Unite, Bisanzio e la crisi nel Kossovo

Di Nestore

 

Alcuni si saranno forse stupiti che nel mio precedente articolo L’America e noi, pur avendo parlato del colosso americano senza nessuna indebita gentilezza, io abbia accennato solo marginalmente alla crisi del Kossovo, alla situazione terribile che oggi dilania in maniera spaventosa l’area balcanica. La ragione è molto semplice: avevo scritto quell’articolo d’impulso, sotto l’onda emozionale di due eventi avvenuti quasi contemporaneamente, l’allargamento ad est della NATO ed in sintomatica contemporaneità la notizia dell’assoluzione del pilota responsabile della strage del Cermis, uno schiaffo pesante al nostro orgoglio nazionale, e l’orgoglio nazionale è uno di quei sentimenti desueti che tuttora mi onoro di provare. In quel momento, i bombardamenti sulla Serbia, sebbene imminenti, non erano ancora cominciati.

Recentemente, nel corso della trasmissione televisiva Moby Dick, il giornalista Michele Santoro ha ipotizzato che la strage del Cermis, che è accaduta perché l’aereo che ha tranciato i cavi della funivia volava a quota troppo bassa, non sia avvenuta per puro caso all’indomani delle azioni contro la Serbia, ma perché all’insaputa delle autorità italiane, i piloti americani si stavano addestrando ad eseguire missioni a bassa quota come quelle che sarebbero state compiute sulla Serbia, e questo significherebbe che l’offensiva aerea contro la Serbia era in preparazione da tempo, un’ipotesi che, allo stato attuale dei fatti, mi sembra plausibile e verosimile.

Ma voglio essere sincero, per mezzo secolo la minaccia sovietica ha spinto gli anticomunisti e le destre europee su posizioni di atlantismo e filoamericanismo forzati, ma cosa c’è nell’America che possa non dico piacere, ma non indispettire un uomo di destra? (intendendo destra in senso alto, cioè Tradizione) Non sono forse gli Stati Uniti l’apoteosi della modernità più fragorosa, becera, pacchiana, mercificata e mercificante? Da cos’altro è caratterizzato quell’american way of life che sta corrodendo il tessuto della società europea come un cancro, se non da un utilitarismo gretto che ignora valori e stile nell’esistenza?

Persino in campo religioso, l’America è riuscita a darci l’esempio – e ad importare anche da noi – il modello di una religiosità senza sacro, senza carisma. Ogni tanto qualcuno, magari il meccanico all’angolo, dà la sua personale interpretazione della Bibbia, o se non gli basta, s’inventa un testo sacro spudoratamente fasullo come Il libro di Mormon o Dianetics e fonda la propria Chiesa, religioni self service in stile supermercato.

In questi giorni sul riaccendersi della guerra nella ex Jugoslavia abbiamo sentito tutto e il contrario di tutto. Per non stare a ripetere le solite banalità, vedremo di considerare le cose da un punto di vista inconsueto, grazie a due notizie che apparentemente non hanno alcun rapporto con la situazione del Kossovo, la prima riguarda qualcosa che è avvenuto lo scorso dicembre a New York ed a cui i media hanno prestato scarsissima attenzione, la seconda qualcosa che è avvenuto nell’area balcanica, ma è un po’ vecchiotta, ha quasi otto secoli.

Il dicembre scorso alle Nazioni Unite è naufragato il progettato allargamento dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza a Germania e Giappone voluto da quasi tutti i paesi occidentali a cominciare dagli stessi Stati Uniti, ad opera di un intenso fuoco di sbarramenti messo in atto da un’eterogenea coalizione di staterelli del Terzo Mondo timorosi che in questo modo l’ONU prendesse un volto più occidentale e meno terzomondista, sembrava una riedizione di quel "movimento dei non allineati" che poi è sempre stato, nel concreto, perfettamente allineato sulle posizioni dell’Unione Sovietica e dell’imperialismo comunista. Condottiero di questa armata Brancaleone è stato l’ambasciatore italiano alle Nazioni Unite, Fulci che, per quanto se ne sa, ha agito in perfetto accordo con la Farnesina e con il nostro governo. In questo modo l’Italia postcomunista ha marcato una volta di più la propria diversità ed estraneità rispetto all’Occidente ed all’Europa.

Il Giappone, da mezzo secolo, a fronte di una politica economica che l’ha portato ad essere la maggiore potenza industriale del pianeta superando quanto a volume produttivo gli stessi Stati Uniti, ha avuto una presenza molto discreta sulla scena politica internazionale. Solo una volta in tempi recenti abbiamo avuto modo di accorgerci che sì, dopotutto era pur sempre la terra dei samurai, quando il governo giapponese rifiutò di concedere aiuti economici alla Russia di Eltsin fino a che da parte russa non vi fosse stata disponibilità sulla questione delle isole Curili. Queste ultime, lo ricordiamo, sono un arco di isole che si estende da Hokkaido, la più settentrionale delle grandi isole giapponesi, fino alla costa siberiana. Alla fine della seconda guerra mondiale furono occupate dai sovietici, doveva essere un’occupazione temporanea ed invece divenne un’annessione permanente. Si può discutere se non sarebbe stato in ogni caso più opportuno dare un aiuto economico che avrebbe contribuito a stabilizzare la situazione russa e prevenire il pericolo del ritorno dei comunisti, ma sono comprensibilissimi i sentimenti che hanno ispirato l’atteggiamento giapponese. Come si sarebbe invece comportata l’Italia? Non abbiamo dubbi. Come sempre il nostro governo, tanto generoso (coi nostri soldi) con chi ha bisogno e con chi non ne ha bisogno, avrebbe subito posto mano al portafoglio (il nostro), dimenticandosi una volta di più che la carità comincia a casa propria, specialmente se casa propria è il paese che ha la più alta pressione fiscale di tutto l’Occidente industriale (un dato per tutti, in Italia la pressione fiscale è arrivata al 53%, questo vuol dire che oltre metà del nostro lavoro serve a pagare le tasse, e soltanto il 47% di esso a produrre reddito per noi e per le nostre famiglie, e questo senza contare quanto graveranno ancora sulle nostre tasche il soccorso ed il mantenimento dei profughi del Kossovo). Per il Giappone le isole Curili sono una questione di onore nazionale certamente incomprensibile a chi, come i sinistri che ci governano, di senso dell’onore nazionale non ne ha per nulla. Qualcuno si è forse scordato il trattato di Osimo, l’ex zona B del Territorio Libero di Trieste regalata alla Jugoslavia nel 1973, l’assoluto non cale in cui si è tenuta e si continua a tenere l’esistenza di una minoranza italiana in Istria e Dalmazia?

Ma il vero punto dolente è la questione della Germania. Cosa c’era dietro l’atteggiamento che la Farnesina ha dettato al suo lacchè alle Nazioni Unite se non il veleno antitedesco ed antieuropeo che da sempre caratterizza coloro che oggi ci governano e che non si sa proprio perché si dovrebbe tenere in piedi la finzione di chiamarli DS o con qualsiasi nome meno odioso e vituperato che non comunisti, che loro compete e realmente dice ciò che continuano ad essere.

Per mezzo secolo l’assurda presunzione che il nazismo (che pure ha soppresso nei campi di concentramento meno di un quinto delle persone ammazzate da Stalin) fosse una specie di tabe genetica che i tedeschi si portavano nel sangue, è stata l’unica parvenza di giustificazione della tirannide sovietica e della catena di tirannidi dell’est europeo, dello smembramento della Germania e dell’Europa, ed a forza di ripeterle, si finisce per credere alle proprie menzogne.

Un esempio chiaro di questo veleno che sembra contagiare anche le giovani generazioni è rappresentato da uno degli idoli dei teen-ager, il cantautore Francesco Baccini, ex scaricatore portuale genovese, il testo di una sua canzone scritta all’indomani della riunificazione tedesca dice:

"Lavoreremo insieme, compagni italiani, polacchi ed ebrei per ricostruire il muro di Berlino".

Onestamente, mi piacerebbe incontrare il signor Baccini per potergli sputare in faccia!

Cosa c’entra tutto questo con la crisi del Kossovo? Molto!

Prima di lamentarsi della mancanza di una presenza politica europea sulla scena internazionale, quanti non sono adoratori della NATO farebbero bene a guardare una carta geografica del nostro continente. La Germania è il fulcro ed il baricentro dell’Europa, quando ha potuto contare su di una Germania forte, anche l’Europa è stata forte, quando la Germania è stata divisa, frantumata, politicamente ininfluente, anche l’Europa è stata divisa, frantumata, politicamente ininfluente. Coloro che oggi piangono lacrime di coccodrillo sull’incapacità dell’Europa di avere una presenza nella crisi balcanica alternativa a quella degli Stati Uniti sono gli stessi che sostenendo l’integrazione economica come palliativo dell’unità politica europea, hanno per decenni sfruttato la situazione di "gigante economico" ma nello stesso tempo di "nano politico" della Repubblica Federale Tedesca, e cercato di mantenerla in tale situazione soprattutto psicologica ribaltando di continuo sulle nuove, incolpevoli generazioni come un incancellabile peccato originale le responsabilità del nazismo.

O si è comunisti, o si è europei, e se si è comunisti, come i cosiddetti DS dimostrano ancora di essere a tutti gli effetti, non si ha alcun diritto di lamentarsi dell’incapacità dell’Europa, contro la quale si è remato per decenni, di iniziativa autonoma nella crisi balcanica, sanguinosa eredità, non dimentichiamolo, del comunismo.

L’altra notizia, dicevo è un po’ vecchiotta, otto secoli circa, per essere esatti 795 anni. Nel 1204, anno infausto per l’Europa, come 1638, il 1918, il 1945 od il 1999, la Serenissima Repubblica di Venezia riuscì a dirottare la quarta crociata in modo tale che i crociati, invece di andare a combattere per riconquistare la Terrasanta, andassero ad espugnare Costantinopoli ed a distruggere l’impero bizantino. Cosa c’entra con l’oggi? Il fatto è che questo evento lontano nel tempo presenta con la situazione attuale analogie impressionanti ed illuminanti. Per prima cosa, esattamente come oggi, la cristianità orientale, ortodossa, impegnata in una lotta mortale contro l’islam per la propria sopravvivenza, ricevette dalla cristianità occidentale invece dell’aiuto sperato, la pugnalata alle spalle. A parte l’ingerenza della NATO, non dimentichiamoci che l’attuale situazione non è altro che il secondo tempo del conflitto bosniaco, che ha visto l’inedita coalizione in funzione anti – serba dei Croati cattolici con i Mussulmani di Bosnia. Un’altra evidente analogia è che per la repubblica veneziana allora, come per gli occidentali oggi, una simile scelta, frutto di un sottile calcolo politico, portò vantaggi nell’immediato, ma fu un vero suicidio a lungo termine.

Anche se l’impero bizantino venne ristabilito nel 1261, quello che rinacque non fu che il fantasma della passata potenza di Costantinopoli, perché i turchi ottomani non erano certo rimasti a guardare, ma avevano approfittato del dissidio fra gli stati cristiani per lanciarsi alla conquista dei Balcani e spingersi a minacciare il cuore dell’Europa. Anche se la caduta di Costantinopoli tardò fino al 1453, quella di chi gli Ottomani si impadronirono in quell’anno, era da gran tempo una testa senza corpo, già attorno al 1350, i Turchi erano arrivati al Danubio ed avevano sottomesso gran parte della penisola balcanica. Distruggendo lo scudo bizantino, Venezia aveva firmato anche la propria condanna, cacciata poco per volta dai suoi lucrosi mercati in Oriente, entrò nella spirale di un’inevitabile decadenza.

Analogamente, oggi la guerra scatenata dalla NATO contro la Serbia è il frutto di una strategia complessa, ma i cui esiti a lungo termine non possono essere meno che disastrosi. Fra tutti i motivi che stanno alla base dell’intervento della NATO, con buona pace di Emma Bonino, quello umanitario è certamente il più pretestuoso. La regione è anche un crocevia del traffico internazionale della droga e di quello clandestino delle armi, ma non è stato verosimilmente questo a determinare l’intervento americano. La politica americana verso la ex Jugoslavia ha alla base un do ut des stabilitosi ai tempi della guerra del Golfo tra gli Stati Uniti ed i paesi arabi "moderati": appoggiare la formazione di stati islamici in Europa in cambio dell’isolamento internazionale dell’Irak di Saddam Hussein.

Dal punto di vista degli Stati Uniti un ottimo affare: calmato il vulcano medioorientale, avviato un qualche modus vivendi tra Israele ed i palestinesi, tolta dal fianco o grandemente ridimensionata la spina nel fianco del terrorismo islamico, resi politicamente più sicuri i rifornimenti petroliferi.

Considerando gli effetti a lungo termine, la conclusione degli sforzi della NATO non può essere che disastrosa, solo che sarà l’Europa e non gli Stati Uniti a pagare il conto nella maniera peggiore: non occorre essere profeti e nemmeno avere troppa immaginazione per disegnare lo scenario del dopo – conflitto, ad una Bosnia già sovradimensionata dalla Drina alla Sava, in cui i mussulmani bosniaci sono appena il 40% delle popolazione si aggiungeranno a sud uno stato albanese – kossovaro oppure un’Albania ingrandita del Kossovo, e nel mezzo una Serbia distrutta, nullificata, desertificata, ridotta in rovina dalle azioni militari della NATO. Un dito islamico affacciato sull’Adriatico e puntato verso il cuore dell’Europa, una presenza tanto più inquietante in quanto l’Europa è in fase di regresso demografico e deve fronteggiare una massiccia immigrazione islamica. La presenza sul suolo europeo, e non in posizione marginale, di realtà incompatibili con la cultura europea, la deriva dei Balcani verso il Medio Oriente, oltre a strangolare la cristianità ortodossa (a proposito, se volete verificare quanto sono generosi con i cristiani i mussulmani quando sono in posizione dominante, andate a vedere cosa succede in Libano od in Sudan), renderebbe impossibile qualsiasi progetto di integrazione europea.

Si può non amare Milossevich, che è un dittatore di scuola comunista, e come tale abituato a calpestare i diritti umani, (ma il croato Tudjman ed il bosniaco Isetbegovich a cui la NATO si offrì come provvidenziale alleata sono della medesima pasta e della medesima scuola) e non desiderare l’annientamento della Serbia, si può avere simpatia per il popolo serbo, oltre che considerare realisticamente le tragiche conseguenze che l’annientamento della Serbia avrebbe per l’intera Europa. I Serbi non sono i soli ad aver praticato la "pulizia etnica", oggi la Serbia accoglie la bellezza di ottocentomila profughi, vittime di una "pulizia etnica" di cui è comodo dimenticarsi, serbi cacciati dalle Krajne croate o dalla Bosnia. Esecuzioni di massa e fosse comuni vi sono state da parte serba ma anche bosniaca e mussulmana, ed attualmente non dubitiamo che anche l’UCK darà il suo contributo al genocidio reciproco.

Una questione che mi sembra attualmente nessuno si sia ancora preso la briga di considerare, è quali effetti questa guerra nella quale siamo coinvolti, e che non sarà certamente di breve durata, avrà sui nostri equilibri interni. L’inedita convergenza fra le posizioni di opposizione alla guerra delle estreme di destra e sinistra può essere relativamente disturbante, ma certo non prelude a nessuna confluenza o confusione fra due realtà politico – culturali che rimangono distanti ed incompatibili, ciò che è veramente preoccupante, è invece la confluenza verso il centro dei sostenitori della nostra partecipazione al conflitto.

Fra tutte le immagini agghiaccianti di questo conflitto che le televisioni hanno mandato in onda, quello che mi ha dato i brividi è stato il faccione bonario, buonista ed umanitario di Massimo D’Alema. Non si può negare che il leader dei DS ed attuale presidente del Consiglio abbia saputo interpretare magistralmente gli umori della maggior parte degli italiani. Che questa crisi rafforzi la sua posizione interna e quella del suo partito, su questo, sciaguratamente, non c'è dubbio, gli dà modo di parlare per l'Italia nelle sedi internazionali ed agli occhi degli italiani stessi, rassicurando od esprimendo le nostre stesse preoccupazioni, e facendo dimenticare una volta di più che il governo che presiede ha dei titoli di legittimità molto dubbi.

Ricordiamoci, sforziamoci di non dimenticare il siluramento del governo Berlusconi nel 1994 con un vero golpe parlamentare, inammissibile in qualsiasi paese che voglia definirsi una democrazia. Le infauste elezioni del ’96, poi sono state probabilmente, come dice Falco, l’espressione di un voto di rassegnazione, ma hanno anche messo in evidenza che in Italia esiste una maggioranza anticomunista che sarebbe potuto diventare maggioranza di governo se non fosse stata frantumata tra Polo, Lega e Movimento Sociale di Rauti. Infine l’ennesimo ribaltone che ha portato al governo D’Alema, alla sostituzione di Bertinotti con Cossiga, ad una maggioranza comunque diversa da quella uscita dalle urne.

Personalmente ho stima di Silvio Berlusconi, è una brava persona ed un manager in gamba, ma si vede che non è un vero politico, gli mancano l’astuzia e la cattiveria del politico di professione, e trovo onestamente preoccupante la disponibilità del Polo (la distinzione fra Forza Italia ed Alleanza Nazionale si sta facendo sempre più impalpabile) ad offrire un rincalzo alla maggioranza di centro- sinistra tutte le volte che, come nell’attuale crisi del Kossovo, ma anche in occasioni precedenti, l’Italia rischia di mancare ai suoi impegni internazionali a causa dell’inaffidabilità della sponda comunista (od ancora dichiaratamente tale), prima bertinottiana, poi cossuttiana dell’alleanza di governo. Forse Silvio Berlusconi non capisce la mentalità degli avversari che gli stanno di fronte. Se le parti fossero invertite, è ben chiaro che i cosiddetti DS non gli renderebbero certo il favore, né tanto meno si preoccuperebbero del superiore interesse del paese (se ne sbattono altamente adesso che sono al governo, figurarsi se fossero all’opposizione). Per un comunista, che sia ancora dichiaratamente tale, o che preferisca ribattezzarsi "democratico di sinistra" non fa proprio nessuna differenza, nulla è prioritario rispetto alla presa del potere ed il suo mantenimento a qualsiasi prezzo e con tutti i mezzi. Con quella gente non si può giocare corretto, loro non l’hanno mai fatto, né mai lo faranno. "L’interesse superiore del paese deve prevalere sull’interesse delle parti", giustissimo, sacrosanto, solo che c’è un piccolo particolare: per l’Italia non c’è alcuni interesse superiore a quello di sbarazzarsi una volta per tutte di questa maggioranza di governo.

Nestore

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