Pier Luigi Maffei
L'IDEA DI TECNOPOLI NELLA STRATEGIA DELL'AREA TOSCANA LITORANEA
L’alto ruolo dell’Università degli Studi di Pisa più volte
manifestatosi in termini anticipatori rispetto alla realtà nazionale, e non solo
a questa, è oggi confermato da una felice intuizione e da una idea-proposta tecnopolitana
che, superando nella globalità dell’impostazione e nei contenuti altre soluzioni
esistenti in Europa, dovrà porsi come un’intelligente soluzione di mediazione
fra le caratteristiche estere e le peculiarità italiane.
È anche attraverso queste proposte concrete che l’Italia potrà consolidare la
sua posizione nell’Europa senza frontiere, e che Pisa potrà confermarsi polo
non solo fisicamente centrale di un’area litoranea assai ricca di potenzialità,
risorse umane, infrastrutture e servizi, ma anche di una realtà in attesa di
legittima ulteriore qualificazione sociale ed economica, che deve trovare nuove
occasioni occupazionali in un settore produttivo caratterizzato dall’innovazione
tecnologica.
Le attenzioni che una cultura ambientalista ormai diffusa suggeriscono di avere
per un progetto di questa consistenza non dovranno pregiudizialmente essere tali
da compromettere un’importante realizzazione che abbisogna di un’attenta ricerca
di contenuti complessivi e di valutazioni di impatto sociale ed economico oltre
che ambientale, per dare concrete e funzionali risposte alla società del terzo
millennio dopo Cristo.
Se altrove Tecnopoli sta per città nuova nel verde – pensata, realizzata e gestita
da soggetti pubblici e privati in consorzio per assicurare, come è stato rilevato
dal Prof. Gian Franco Elia la necessaria imprenditorialità e nello stesso tempo
porre un freno alle eventuali spinte speculative – per la nostra realtà l’idea
potrebbe tradursi in dotazione strutturale complementare a quella di Pisa e del
suo territorio di influenza universitaria: non già modello preso a prestito da
altri Paesi, ma novella versione rapportata alla città storica che vedeva fin
dal suo nascere l’integrazione delle funzioni fino al rapporto casa-bottega.
Un sistema, quindi, in armonia con la natura e con l’ambiente, dotato di spazi
modulari per accogliere industrie medio-piccole, parte delle quali operanti sinergicamente
con le esistenti strutture meritevoli di attenzione per un eventuale adeguamento
funzionale e qualitativo, sistema capace di attrarre o di ospitare nuove e moderne
attività per le quali si richiede un più stretto rapporto con i centri di ricerca
scientifica e quindi con l’Università, ma anche con gli spazi abitativi e di
socializzazione.
Sono da sottolineare gli aspetti della globalità dell’impostazione, dell’integrazione
delle funzioni, della modularità e realizzabilità per lotti funzionali completi,
per non commettere l’errore di sovradimensionare una struttura che solo alla
verifica dei fatti potrà più o meno dimostrarsi alternativa rispetto alle dotazioni
dei centri urbani interni all’arca di influenza dell’Università di Pisa.
Resta, in sintesi, utile rilevare che sarà sempre e comunque essenziale appoggiarsi
alla città che all’iniziativa fornisce i presupposti essenziali dell’essere,
per la presenza dell’Università e dei centri di ricerca qualificati.
Assai delicato è importante, per non arrivare a contrastare un’idea sicuramente
valida per tutta l’area litoranea toscana che da questa nuova struttura potrà
trarre occasioni di nuove attività produttive, sarà quindi riflettere su dove
e come far nascere questa struttura.
Teniamo ben presente che la scelta politico-programmatica – e quindi anche quella
ubicazionale per la quale c’è più necessità di un adeguato supporto tecnico con
competenze pluridisciplinari – viene logicamente prima della soluzione urbanistico-architettonica
e che per entrambi gli aspetti si potrebbe ipotizzare un momento di ricerca inter-disciplinare
in sede universitaria, ove del resto si stanno già svolgendo con apporto interdisciplinare
ricerche e tesi di laurea per progetti di organismi edilizi “intelligenti” con
spazi integrati, caratterizzati da innovazioni tecnologiche, valutazioni energetiche,
eliminazione dei rischi di inquinamento, ecc... Come già avemmo a proporre nel
passato, si potrebbero ipotizzare tesi di laurea di studenti di diversa facoltà
sullo stesso tema, quello in esame oggi per esempio, con apporto interdisciplinare
dei relatori.
Se è vero che “chi non fa non falla” è pur altrettanto giusto e doveroso
affermare che chi interviene sul territorio non può permettersi il lusso di fare
come il pittore che può anche imbrattare tele, e lo scultore che può anche maltrattare
marmi o pietre, perché chi progetta il territorio e un operatore sociale che
deve rispondere con i suoi interventi a ben precisate esigenze, sapendo valutare
costi globali (somma del costo di realizzazione e di gestione nella vita utile)
in rapporto ai benefici, introducendo come metodo l’Analisi del Valore che suggerisce
di guardare sempre e comunque alle funzioni, di partire quindi dalle attività
e dalle unità ambientali e non già dai modelli, se vogliamo contenere al massimo
il rischio del fallimento di un’opera che tanto costa in termini economici e
di consumo del territorio.
© Giovanni
Armillotta, 2000