"Bardi, arpisti e reacaire". Profilo storico della musica tradizionale irlandese
di Martin Gallagher


Quando ci si imbatte in saggi monografici si finisce spesso per aver a che fare alternativamente con noiose disquisizioni da eruditi, o (nel caso degli argomenti di più vasta fruizione, come appunto la musica) con pubblicazioni dal basso valore culturale e di scarsa utilità. Fresca di stampa, l'opera di Martin Gallagher costituisce invece un piacevole approfondimento ed ausilio allo studio della storia dei costumi irlandesi; l'autore ripercorre la storia d'Irlanda, dall'epoca del mito ai giorni nostri, attraverso l'evoluzione del ruolo sociale della musica e del musicista, ma anche del ballo e dell'arte popolare in genere, comprendendo quest'ultima definizione quelle forme di rappresentazione o di recitazione che sfuggono agli schemi teatrali ufficiali.
Dopo un inizio, opportunamente sintetico, in cui sono riassunte le poche notizie che oggi abbiamo sullo stato della musica fino a tutto il Medio Evo, si parte, con l'epoca Tudor, a descrivere gli avvenimenti storici che hanno segnato la vita degli Irlandesi: l'indubbio pregio del saggio di Gallagher è però il parlare di storia spostando l'ottica dal consueto piano dei "grandi avvenimenti" a quello, spesso meno considerato, della vita quotidiana ed offrendo un'idea chiara dell'impatto che i primi hanno sulla seconda.
Fin dai primi capitoli, inoltre, la trattazione è impostata su due binari paralleli: da un lato gli Irlandesi dell'Isola Verde, dall'altro le comunità di esuli nel resto del mondo; oltre ad offrire una prospettiva assai più completa, questa impostazione consente di rilevare come i rapporti di interdipendenza tra le due comunità siano stati - e siano tuttora - estremamente complessi, e di come gli Irlandesi all'estero - in primo luogo quelli stabilitisi negli Stati Uniti - abbiano avuto un ruolo attivo, in alcuni momenti addirittura trainante, nella rielaborazione di una cultura che potremmo chiamare "irlandese" in senso lato.
Mentre notevole rilievo è dato agli anni della Grande Carestia, che ha segnato in maniera indelebile la storia d'Irlanda, sarebbe forse stato opportuno ampliare la sezione dedicata al secondo dopoguerra, un po' troppo stringata, affiancando alla descrizione della fortuna dello sean nós quella delle folk ballads degli ultimi due secoli, non certo meno care agli irlandesi (che si riferiscono ad esse chiamandole "traditional music", la stessa definizione riservata alle forme più antiche) e la cui diffusione ed importanza socio-culturale non possono certo essere taciute.
Il libro contiene anche alcune curiosità: informazioni sulle origini delle più famose ballate (apprendiamo ad esempio che l'audace innamorato della ballata "Ned of the Hills" altri non è che Eamonn Ryan, luogotenente di Pat Sarsfield, che dopo la sconfitta di Limerick del 1691 non volle seguire il suo generale in esilio e si dette alla macchia), note biografiche dei personaggi che più hanno influito nella storia della musica irlandese (dal compositore ed arpista cieco Turlough O'Carolan, a Francis O'Neill, compilatore di una fondamentale raccolta di musica tradizionale, a Seán O'Riada, animatore della rinascita musicale irlandese, scomparso nei primi anni '70).
Il taglio del libro è estremamente discorsivo, adatto ai non addetti ai lavori, ma è comunque consigliabile anche a coloro che si occupano di musica irlandese, i quali avranno a disposizione una notevole mole di informazioni - altrove difficilmente reperibili - e di spunti per l'approfondimento. A tale proposito ci spiace però di dover lamentare l'assenza della benché minima bibliografia, anche se l'abbondanza di riferimenti ai testi più importanti consente a chi è realmente interessato di ovviare all'inconveniente.

(Giovanni Stea)



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