Lo scorso 5 ottobre il Cardinale Thomas Winning, Arcivescovo di Glasgow, ha tenuto un'allocuzione presso il COMECE di Bruxelles che riassume splendidamente settecento anni di lotta scozzese per la Fede e la Libertà. L'alto prelato ha delineato con chiarezza la posizione della Chiesa in Scozia alla fine del secondo millennio, posta di fronte al sorprendente processo di devolution avvenuto negli ultimi anni. Dai tempi di William Wallace la Chiesa è sempre stata dalla parte delle ragioni dell'indipendenza e della libertà della Scozia. Il significativo titolo dell'intervento del Cardinale era: "A New Scotland in the New Europe… hopes and challenges of a nation re-emerging within the European Union" (Una nuova Scozia nella nuova Europa… speranze e sfide di una nazione che riemerge nell'ambito dell'Unione Europea. Il punto focale da cui prende le mosse il discorso del Cardinale è quello dell'identità: "Per gran parte della mia vita – scrive- ho dovuto definire la mia nazionalità non tanto per quel che sono, ma per quello che non sono". Ovvero, spiega Winning, lo sforzo di definire la propria identità è stato in negativo: non un inglese, non un britannico, non un cittadino di "una parte dell'Inghilterra". Oggi, afferma con orgoglio il Cardinale, lasciatemi dire che "I am from Scotland, Europe!" Winning riassume quindi i legami politici, economici, culturali che la Scozia ha sempre avuto – molto più dell'isolazionista Inghilterra, con il continente europeo. La crescita dell'autonomismo scozzese, viene fatto rilevare, è andata di pari passo con un aumento della coscienza europeista del Paese. Per il Cardinale le motivazioni che muovono gli indipendentisti scozzesi non hanno nulla a che vedere con il nazionalismo fanatico dei Balcani, con la propaganda xenofoba del Front National francese o con la "chiassosa retorica della Lega Nord". Le posizioni autonomiste emergenti in Scozia sono mature, democratiche e con una visione internazionale ed europeista. Secondo Winning ciò consentirà una transizione democratica e indolore verso la separazione dalla Gran Bretagna. Secondo il prelato nell'arco di una decina d'anni la Scozia avrà conquistato la piena indipendenza. Questa Scozia tuttavia non sceglierà la via della chiusura sciovinistica, ma darà, con una ritrovata dignità di nazione, il proprio fattivo contributo all'edificazione della "casa comune europea", coniugando l'autonomia locale (in concreti termini di leggi, istituzioni, usi e consuetudini culturali) con un federalismo europeo. L'originalità di tale posizione, peculiarmente fondata su principi libertari e democratici nonché aliena dai veleni letali del nazionalismo intollerante, è in qualche modo debitrice verso l'impegno dei cattolici scozzesi, attivi nel Labour Party e nello Scottish National Party (SNP), fondato sui dettami della Dottrina Sociale. Per il Cardinale, il decentramento e l'autonomia sono concetti-chiave del principio cattolico della sussidiarietà, che a sua volta è alla base di una politica attenta ai bisogni concreti delle persone, in particolare delle categorie più deboli. La Chiesa cattolica scozzese è stata, negli ultimi due secoli, costantemente e fortemente impegnata nel sostegno alle fasce sociali svantaggiate, essendo essa stessa una Chiesa di poveri immigrati, particolarmente irlandesi, soggetti nella società britannica a forti discriminazioni sociali. Questo impegno a favore di un autonomismo democratico e socialmente avanzato è l'ultima tappa di quel lungo servizio reso dalla Chiesa cattolica alla nazione scozzese di cui si parlava sopra. Un impegno che, in determinati momenti della storia del Paese, è costato la persecuzione. In un momento come questo, in cui la Scozia si appresta a recuperare il proprio posto tra le nazioni libere d'Europa, ci sembra giusto ricordare il ruolo avuto dalla Chiesa nella lotta per la libertà, un ruolo che produsse addirittura quello che si può considerare il manifesto del diritto alla libertà della Scozia: la Dichiarazione di Arbroath.
La Battaglia di Bannockburn del 1312, come noto, aveva sancito la vittoria di Bruce sul Plantageneto Edoardo II. Se la guerra era conclusa vittoriosamente, le pretese inglesi sulla Scozia non erano affatto cessate. Occorreva dunque sancire, davanti a Dio e agli uomini, il diritto della Scozia ad esistere liberamente nel consesso delle nazioni. Per ottenere questo, gli scozzesi scrissero una lunga lettera al Vicario di Cristo, il Papa, esponendo le ragioni delle proprie richieste, chiedendo che fossero legittimate da colui che in terra rappresenta Nostro Signore e la Sua volontà. Questa lettera, nota come La Dichiarazione di Arbroath, è un commovente manifesto dello spirito indomitamente teso alla libertà degli scozzesi, e rimane anche come una significativa testimonianza e una conferma di quanto il mito e le leggende possano diventare più importanti della stessa storia. Nella Dichiarazione, infatti, che fu redatta in un fluente latino quasi certamente dal Cancelliere di re Robert Bruce, l'Abate di Arbroath, troviamo un'interpretazione fantastica, immaginaria, quasi visionaria e mistica dell'origine degli scozzesi, un popolo che trova nel volere di Dio la ragione stessa del suo essere nazione libera, insieme per un destino comune da compiere.
È dunque con piacere che la presentiamo integralmente ai nostri lettori.
"Al Santo Padre e Signore in Cristo, al Signore Giovanni, per opera della Divina Provvidenza Sommo Pontefice della Santa, Romana e Universale Chiesa, i suoi umili e devoti figli, Duncan, Conte di Fife; Thomas Randolph, Conte di Moray, Signore di Man e di Annandale; Patrick Dunbar Conte di March; Malise Conte di Strathearn; Malcolm Conte di Lennox; William Conte di Ross; Magnus, Conte di Caithness e delle Orcadi e William, Conte di Sutherland; Walter, Siniscalco (Stewart) di Scozia; William Soules, Maggiordomo (Butler) di Scozia; James Lord of Douglas; Roger Mowbray; David Lord of Brechin; David Graham; Ingram Umfraville; John Menteith, Guardiano della Contea di Menteith; Alexander Fraser, Gilbert Hay, Custode (Constable) di Scozia; Robert Keith, Maresciallo di Scozia; Henry Sinclair, John Graham, David Lindsay, William Oliphant, Patrick Graham, John Fenton, William Abernethy, David Wemyss, William Mushet, Fergus di Ardrossan, Eustace Maxwell, William Ramsay, William Mowat, Alan Murray, Donald Campbell, John Cameron, Reginald Cheyne, Alexander Seton, Andrew Leslie, Alexander Straiton e gli altri baroni e liberi proprietari e l'intera comunità del Reame di Scozia, presentano tutta la propria filiale reverenza e baciano devotamente i Suoi piedi benedetti.
Santissimo Padre e Signore, noi sappiamo, e dalle cronache e dai libri degli antichi scopriamo che tra tutte le famose nazioni la nostra, quella degli scozzesi, fu insignita di diffusissima rinomanza. Essi giunsero dalla grande Scozia viaggiando per il Mare Tirreno e oltrepassando le Colonne d'Ercole, dimorando poi per lungo tempo in Spagna tra tribù selvagge, ma mai poterono essere soggiogati da gente alcuna, per quanto barbara. Quindi essi vennero, mille e duecento anni dopo che il popolo d'Israele ebbe attraversato il Mar Rosso, alla terra d'occidente che tuttora occupano, dopo aver allontanato dapprima i Britanni, quindi i Pitti che furono completamente distrutti, e nonostante i frequenti assalti dei Norvegesi, dei Danesi e degli Anglo-sassoni, essi mantennero il possesso invitto di questa patria con indicibili sacrifici e numerose vittorie; come gli storici del tempo antico possono testimoniare, essi la ressero da allora libera da ogni servitù. In questo loro reame hanno regnato centotredici sovrani dello stesso nobile ceppo, senza alcun intervento straniero. Gli alti meriti e le qualità di questi uomini, anche se non altrimenti manifeste, sono degni di sufficiente gloria per questo: perché il Re dei Re e Signore delle Dominazioni, Nostro Signore Gesù Cristo, dopo la Sua Passione e Risurrezione convocò questi uomini quasi per primi, per quanto vivessero nelle estreme regioni della terra, alla Sua santissima Fede, e volle che essi fossero confermati in questa Fede da nessun altro se non dal Primo degli apostoli per vocazione, seguito dal mitissimo Sant'Andrea, fratello del Beato Pietro, e volle che questi per sempre li tenesse sotto la sua protezione, in qualità di Patrono. I Sommi Padri Pontefici Vostri predecessori diedero attenzione piena di cura a queste cose e accordarono molti favori e numerosi privilegi a questo stesso regno e popolo, dal momento che esso rappresenta il bene personale del fratello del Beato Pietro. Così la nostra nazione sotto la loro protezione visse davvero in libertà e pace fino al tempo in cui quel principe potente, il Re degli Inglesi Edoardo, padre di colui che regna oggi, mentre il nostro regno non aveva capo e il nostro popolo non nutriva malvagità o tradimento ed era quindi disavvezzo alla guerra o alle invasioni, venne in guisa di amico e alleato per poi tormentarci come nemico. Gli atti di crudeltà commessi, i massacri, le violenze, i saccheggi, le ruberie, gli incendi e le devastazioni dei monasteri, con l'uccisione di monaci e suore e l'imprigionamento di prelati, e ancora altri innumerevoli oltraggi che egli commise contro il nostro popolo, senza alcun riguardo né per l'età né per il sesso, la religione o il rango, nessuno potrebbe descrivere e neppure immaginare compiutamente a meno che non abbia visto tutto ciò con i propri occhi. Ma da questi mali senza numero noi ci siamo liberati, con l'aiuto di Colui che dopo ogni ferita medica e risana, per mezzo del nostro instancabile Principe, Re e Signore, Lord Robert.
Egli, affinché il suo popolo e la sua eredità potessero essere liberati dalle mani dei nostri nemici, andò incontro a fatica e stanchezza, fame e pericolo, come un altro Maccabeo o come Giosuè, e tutto sopportò lietamente.
Inoltre, la Divina Provvidenza, il suo diritto di successione che si accorda con le nostre leggi e costumi che noi manterremo fino alla morte, nonché il dovuto assenso e consenso di noi tutti hanno fatto di lui il nostro Principe e Re. A lui, come all'uomo che ha portato la salvezza al nostro popolo per il mantenimento della nostra libertà, noi siamo legati sia dalla legge sia dai suoi meriti, e con lui, accada ciò che è possibile, noi intendiamo stare aderendo a lui in tutto.
Tuttavia, se egli dovesse rinunciare a ciò che ha cominciato, o volesse accordarsi per rendere noi e il nostro Regno vassalli del Re d'Inghilterra e degli Inglesi, noi ci impegneremmo a scacciarlo come nemico nostro e come sovvertitore dei suoi propri diritti e dei nostri, e a nominare nostro Re qualcun altro che fosse ben capace di difenderci, perché, fino a che anche solo un centinaio di noi resterà vivo, mai noi saremo condotti sotto il dominio inglese, a nessuna condizione.
In verità non è per la gloria, non per le ricchezze, non per gli onori che noi combattiamo, ma per la libertà... per quella sola, a cui nessun uomo retto rinuncerebbe, anche a prezzo della vita stessa.
Perciò, Reverendo Padre e Signore, noi supplichiamo Vostra Santità con le nostre più ardenti preghiere e con animo genuflesso, affinché Voi vogliate nella Vostra sincerità e bontà considerare tutto questo: dal momento che dalla venuta di Colui del quale siete Vicario in terra, non c'è maggior importanza o distinzione tra Giudeo e Greco, Scozzese o Inglese, vogliate guardare con gli occhi di un padre le tribolazioni e le angustie portate dagli Inglesi su di noi e sulla Chiesa di Dio. Possa piacervi di ammonire ed esortare il Re degli Inglesi affinché sia soddisfatto di ciò che possiede, dal momento che l'Inghilterra un tempo era sufficiente per sette o più sovrani, e lasci noi Scozzesi in pace, noi che viviamo in questa povera piccola Scozia, al di là della quale non vi sono più terre abitabili, e che non desideriamo altro che ciò che è nostro.
Intendiamo fare tutto ciò che è necessario perché egli abbia rispetto per la nostra condizione, così che possiamo procurare la pace per noi stessi.
Ciò veramente Vi riguarda, Santo Padre, dal momento che vedete la bestialità dei pagani che infuria contro i Cristiani, come i peccati dei Cristiani hanno di certo meritato, e vedete le frontiere della Cristianità retrocedere ogni giorno; e quanto vi accorgerete che si offuscherà il ricordo di Vostra Santità se - ci sia permesso dire- la Chiesa avesse a eclissarsi o a soffrire scandalo in qualche sua parte durante il vostro tempo.
Allora incitate i prìncipi cristiani che per false ragioni fingono di non poter andare in aiuto della Terra Santa a causa delle guerre che hanno in corso coi loro vicini. La vera ragione che li impedisce è che facendo guerra ai loro vicini più piccoli, essi trovano un più rapido profitto e una opposizione più debole. Ma quanto lietamente il Nostro Signore il Re e anche noi andremmo là se il Re degli Inglesi ci lasciasse in pace. Colui al quale nulla è nascosto lo sa bene, e noi lo professiamo e lo dichiariamo a Voi come Vicario di Cristo e a tutta la Cristianità.
Ma se Vostra Santità ripone troppa fiducia nelle favole che gli Inglesi raccontano e non darà sincero credito a tutto questo, e non si astenesse dal favorire loro a nostro pregiudizio, allora la schiavitù dei corpi, la perdizione delle anime, e tutte le altre sfortune che seguiranno, inflitte da loro su di noi o da noi su di loro, saranno, noi crediamo, sicuramente deposte dall'Altissimo a Vostro carico.
Per concludere, noi siamo e saremo sempre, tanto quanto il dovere ci chiama, pronti a fare la Vostra volontà in tutte le cose, come figli obbedienti a Voi come Vicario di Cristo, e a Lui come Supremo Re e Giudice noi affidiamo il mantenimento della nostra causa ponendo innanzi a Lui le nostre preoccupazioni e le speranze, fermamente credendo che ci inspirerà coraggio e virtù e annienterà i nostri nemici.
Possa l'Altissimo preservarvi alla Sua Santa Chiesa in santità e salute e concedervi abbondanza di giorni.
Dato presso il monastero di Arbroath in Scozia, il 6 di Aprile nell'anno di grazia 1320 e quindicesimo anno di regno del nostro Re predetto.
Firmato: lettera diretta al Nostro Signore il Supremo Pontefice dalla Comunità di Scozia.