PREMESSA

La scelta dei Programmi

Raccomandazioni

Dai dati della comune esperienza sui trattamenti delle tossicodipendenze emerge che anche i programmi farmacologici, come del resto tutti gli altri, non producono, in genere, in pochi giorni o in pochi mesi uno stato permanente di astensione dall'uso dell'eroina da parte di soggetti, anche se motivati, che presentino problemi psicosociali e una radicata condizione di dipendenza dalle sostanze morfiniche.

L'aspettativa di ottenere con trattamenti a scalare un tale risultato è stata in passato alimentata da molti medici, contestati giustamente da coloro che sostenevano che l'acquisizione e il mantenimento della condizione di astensione raramente poteva essere ottenuto con l'aiuto dei soli farmaci impiegati per periodi circoscritti, poiché, essendo l'eroinismo una patologia cronica caratterizzata da alta recidivanza, episodi di ricaduta nell'uso di eroina sono frequenti non solo tra quanti hanno effettuato un programma di disassuefazione o di mantenimento con farmaci sostitutivi, ma anche tra i tossicodipendenti che hanno concluso con risultati positivi un percorso di riabilitazione nell'ambito di comunità terapeutiche, o un programma globale personalizzato in un Servizio pubblico.

Queste considerazioni, ma già le Conclusioni del Consiglio dei Ministri della Sanità CEE del 16.5.89, &III B "Programmi di trattamento della dipendenza" inducono a prendere in attenta considerazione il problema dei trattamenti farmacologici, anche nel contesto delle esigenze poste dall'epidemia da HIV.

Molti soggetti tossicodipendenti sono, infatti, sieropositivi e quindi destinati, in alta percentuale all'AIDS conclamato.

Oggi i servizi per le tossicodipendenze sono chiamati ad intervenire non solo per far fronte al problema della dipendenza, ma anche a quello delle patologie organiche concomitanti, nonché ai rischi connessi all'infezione da HIV e alla relativa diffusione.

Poiché in tanti casi la vita del tossicodipendente è caratterizzata da periodi di astensione e di recidive nell'assunzione di droghe e ogni iniezione di eroina può pregiudicare anche il risultato dei trattamenti antivirali, diviene logico chiedersi se sia giustificata, dal punto di vista tecnico-scientifico, nonché da quello umano e deontologico, la perseverante ricerca di raggiungere l'obbiettivo dell'astinenza integrale, di fronte ai reiterati insuccessi o ad un aggravamento della situazione immunitaria, e in assenza di qualunque modificazione dello stato psicosociale del soggetto.

In tali condizioni diviene indispensabile considerare ai fini terapeutici, l'opportunità di iniziare un trattamento con farmaci sostitutivi a lungo termine.

I servizi pubblici, dunque, che nei casi suddescritti, non mettono a disposizione forme corrette di terapia sostitutiva, non assolvono compiutamente ai fini per i quali sono stati istituiti (art. 3, comma 2, DM n. 444/90).

E' inoltre necessario che l'attività medica dei servizi pubblici sia assicurata nell'arco delle 24 ore e per tutti i giorni della settimana, anche attivando i pronti soccorsi ospedalieri, altre strutture aperte in orario di chiusura dei servizi, "nonché l'uso di unità mobili, la reperibilità degli operatori o altre idonee forme a seconda delle esigenze del bacino di utenza.", come espressamente previsto dall'art. 5 del DM 444/90.

Per quanto concerne il trattamento con metadone, oggetto del presente documento, è bene premettere che in Italia, se pure esistono, sono poco noti studi controllati circa i risultati dei diversi trattamenti, farmacologici o meno, offerti ai pazienti tossicodipendenti.

Si auspica che tali dati possano presto essere ottenuti, una volta stabiliti i protocolli di intervento e dopo l'introduzione di indicatori che dovranno evidenziare l'efficacia dei diversi interventi.

Tuttavia un notevole corpo di letteratura scientifica internazionale, pone i programmi metadonici integrati fra quelli di maggior successo perché caratterizzati da alti tassi di ritenzione dei pazienti, indiscutibile riduzione della attività illecite, del consumo di eroina ed altre sostanze d'abuso, dal miglioramento della situazione sociale e lavorativa e dello stato complessivo di salute dei pazienti. Il tutto anche in relazione ai costi contenuti rispetto a quelli di altre modalità.

L'infezione da HIV ha aggravato il quadro clinico concernente l'uso delle droghe iniettabili. Alle patologie classiche correlate all'uso di tali droghe (ad esempio l'epatite B e C), si sono aggiunte le gravi problematiche legate all'AIDS.

E' soprattutto nelle aree dove è più alta la diffusione dell'infezione da HIV che i pazienti maggiormente necessitano di appropriati interventi medici e psicosociali; ed è per affrontare tale problema che occorre approntare, specie nelle unità di malattie infettive, le strategie di prevenzione e di intervento necessarie.

Occorre inoltre garantire ai malati di AIDS, da parte dei Servizi pubblici, il massimo di collaborazione nello svolgimento delle pratiche di invalidità civile ai fini pensionistici.

I tossicodipendenti e i loro partners eterosessuali rappresentano il gruppo a maggior rischio di infezione da HIV e sono causa di diffusione del virus anche nella restante popolazione.

Per questo il trattamento dell'abuso di sostanze mediante il metadone, riducendo il rischio di assunzione di eroina per via endovenosa ed il conseguente scambio di siringhe, costituisce uno strumento valido di intervento, non solo per la cura della tossicodipendenza, ma anche per finalità di salute pubblica.

Numerosi studi hanno dimostrato, d'altra parte, che il trattamento farmacologico con il metadone è quello che i pazienti riescono a portare avanti più a lungo; esso, inoltre, comporta nella maggior parte dei casi, la sospensione dell'uso di sostanze iniettabili, purché le dosi siano adeguate e purché siano resi disponibili anche i servizi di counseling.

La permanenza nel trattamento è considerata, in genere, indicativa dell'efficacia del trattamento, poiché è risultato valido il principio secondo il quale "più a lungo un paziente segue il suo programma, più consistenti e stabili sono i risultati che ne ottiene".

Gli studi hanno inoltre dimostrato che la sieropositività è meno frequente tra i pazienti che sono stati sottoposti alla terapia con metadone per un periodo prolungato, e che hanno iniziato il trattamento prima che la sieropositività insorgesse.

In merito al problema del trattamento con farmaci sostitutivi è indispensabile chiarire alcuni punti fondamentali:

Scelta dei programmi e delle strutture

La valutazione circa l'utilità, nei singoli casi, del trattamento terapeutico mediante l'impiego dei farmaci sostitutivi è effettuata dal medico secondo scienza e coscienza, e tenendo presente che il sottoporsi a cura è rigorosamente volontario. E' indispensabile, per la scelta di qualsiasi programma, l'adesione da parte del soggetto tossicodipendente, che deve essere informato circa le modalità, gli obiettivi, le condizioni e i criteri di verifica previsti dal programma. Sono dunque da evitarsi forme di pressione da parte degli operatori pubblici per restringere le offerte di modalità o di servizi nel tentativo di canalizzare i pazienti verso l'una o l'altra modalità terapeutica contro la loro volontà.

Ciò vale anche per i tossicodipendentei segnalati ai Servizi pubblici dall'Autorità Giudiziaria e dai Prefetti in base all'art. 121 e 75, comma 9, DPR n. 309/90, per la definizione di un programma terapeutico e socio-riabilitativo.

La volontarietà di sottoporsi ad un qualsiasi trattamento per la tossicodipendenza deve essere verificata dagli operatori, i quali dovranno accertare se su un soggetto si verificano pressioni di qualsiasi genere.

Per quanto riguarda le comunicazioni ex articolo 75, comma 11, e ex art. 123 DPR n. 309/90, le suddette Autorità dovranno essere informate dai Servizi pubblici delle caratteristiche peculiari delle terapie metadoniche, in particolare, quella di mantenimento, ricordando che per l'art. 123, l'ultimazione del programma è intesa "in termini di cessazione di assunzione delle sostanze di cui alle tabelle I, II, III, IV dell'art. 14, non in regime terapeutico. Si rammenta che nell'art. 75, comma 9 del DPR n. 309/90, nelle comunicazioni ai Prefetti sull'esecuzione dei programmi, si richiamano gli operatori dei Servizi pubblici al rispetto del segreto professionale, mentre in virtù dell'art. 120, comma 7, gli stessi operatori, nonché quelli degli enti, centri , associazioni o gruppi che hanno stipulato le convenzioni di cui all'art. 117, "non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione della propria professione, né davanti all'autorità giudiziaria né davanti ad altra autorità". Da tutto quanto sopra si deduce che ogni segnalazione deve essere fatta soltanto con il permesso e nell’interesse del paziente.

L'opzione per un trattamento che escluda l'impiego di farmaci sostitutivi, comporta ampi margini di scelta da parte dei singoli soggetti interessati, essendo loro garantita la possibilità di utilizzare sia il Servizio pubblico che una qualsiasi struttura riabilitativa residenziale o semiresidenziale, iscritta all'Albo regionale, che dichiari la disponibilità ad effettuare il trattamento.

Dopo la pubblicazione sulla G.U. del 5 Giugno 1993 del D.P.R. n. 171 che promulgava l'abrogazione dell'art. com-ma 1, lettera e, punto 4 del D.P.R. n. 309/90, la facoltà di effettuare terapie farmacologiche, precedentemente riservata ai servizio pubblico per le tossicodipendenze in cui il paziente risiede (o alle altre strutture pubbliche assimilabili, come Università, Ospedali, etc.), è estesa a tutti i servizi pubblici e a tutti gli esercenti la professione medica.

Pertanto, qualora il tossicodipendente non ritenga di effettuare un trattamento presso la struttura pubblica dove risiede, potrà rivolgersi ad un qualsiasi servizio pubblico o a un medico di sua fiducia.

La legge già prevede che tutti gli esercenti la professione medica, e non solo quelli inseriti in convenzioni con il SSN, "che assistono persone dedite all'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, possono in ogni tempo avvalersi dell'ausilio del Servizio pubblico per le tossicodipendenze" (art. 120, comma, 4, D.P.R. n. 309/90), rispettando il loro diritto all'anonimato e, per effetto del Referendum del 18 Aprile 1993, senza obbligo di segnalazione al servizio, se non ai fini statistici.

Il medico di fiducia, potrà quindi richiedere collaborazione di un servizio pubblico per l'attuazione delle iniziative psico-riabilitative concomitanti alla somministrazione dei farmaci, nonché per l'attuazione delle procedure di controllo. In questo caso, ovviamente, il paziente consentirà la segnalazione non anonima.

Per quanto riguarda il problema del possibile dirottamento del metadone sul mercato illegale e delle possibili duplicazioni di prescrizione e di somministrazioni si deve osservare che dagli studi disponibili non risulta che il metadone sia una sostanza ricercata a scopo di abuso. Si tratta di un farmaco che non produce euforia e che nella maggior parte dei casi è ricercato sul mercato da soggetti che non hanno accesso ai trattamenti e che, generalmente, ne fanno un uso autoterapico. Rimuovere le cause che rendono inaccessibili i programmi in una determinata area, dunque, significa anche rimuovere ogni occasione ed interesse a reperire il farmaco da quantità dirottate dai programmi in attività. Altro motivo di ricerca di metadone illegale può essere il fatto che alcuni servizi non somministrano dosi di metadone sufficienti e lasciano i loro assistiti in preda a residua appetizione compulsiva. In questo caso si cercherà di rimuovere questa situazione, anche perché ingenera occasione per i pazienti così trattati di ricorso all'eroina illegale e ad altre sostanze non prescritte.

Ma se è vero che il metadone dirottato va comunque a rimpiazzare le sostanze di abuso, è altrettanto vero che il medico perde il controllo della terapia sui quei pazienti che fanno un uso improprio del metadone. E’ per quest’ultimo motivo che le tecniche di controllo per evitare il dirottamento devono essere intraprese, senza però mai dimenticare che l'esigenza di evitare il rischio di sovrapposizione dei trattamenti o di evitare la circolazione del metadone dirottato non possono risolversi sul piano pratico in una lesione dei diritti fondamentali restituiti ai medici e ai tossicodipendenti per effetto del Referendum 18 Aprile 1993.

raccomandazioniRaccomandazioni

I trattamenti con l'impiego di farmaci sostitutivi possono essere di graduale disimpegno, o di mantenimento, con finalità completamente diverse.

Nel caso del mantenimento, si deve decidere, insieme al paziente, quando una dipendenza da droga può essere sostituita con la somministrazione di un farmaco il cui uso per la finalità di cui trattasi sia previsto dal relativo provvedimento autorizzativo.

La prescrizione a lungo termine di farmaci sostitutivi a dosi adeguate richiede anche il monitoraggio delle capacità psicomotorie del soggetto, tenendo presente che il fine della terapia è anche quello dell'inserimento nelle attività lavorative e nella vita sociale.

Pertanto, chiunque sia soggetto a terapia metadonica e la segua con adeguata compliance ha diritto a tutti i benefici di legge come chiunque sia sottoposto ad altra modalità.

Essendo inoltre noto che il metadone, nei soggetti stabilizzati che seguono puntualmente la loro terapia, non compromette le capacità intellettive, motorie e di apprendimento, i medici pubblici e quelli di fiducia riferiranno, quando ciò veramente risulti, nei documenti necessari ai pazienti che seguono i programmi con profitto (ad esempio per il rinnovo della patente), che in questi "non si rileva la presenza di sostanze di abuso", e si asterranno, anche per questioni di segreto professionale, di evidenziare la presenza di terapia metadonica.

E' riconosciuto ai tossicodipendenti il diritto di libera scelta dei luoghi di cura e dei medici, anche all'interno dello stesso Servizio pubblico.

Alcune indicazioni di carattere generale possono essere formulate per le diverse situazioni:

a) trattamento ambulatoriale di disassuefazione con metadone a scalare.

Può essere effettuato quando il medico attendibilmente ritenga che il soggetto sia incapace di interrompere l'uso di eroina con il supporto di una terapia sintomatica, psicologica e sociale.

Stabilita la dose iniziale e verificato che a quella dose è cessato l'uso di eroina e delle altre sostanze di abuso, il medico può ridurla gradualmente se ritiene e verifica che, in base ai reperti e alle condizioni psico-fisiche, non esistano prevedibili possibilità di ricadute.

Il metadone dovrebbe essere somministrato solo nell'ambulatorio medico o presso il Servizio pubblico.

Nel programma di disimpegno farmacologico non dovrebbero essere consentiti regimi di affidamento del farmaco e il monitoraggio dei pazienti deve essere particolarmente assiduo. Se appaiono recidive, il disimpegno può essere ritentato riportando il paziente alle dosi alle quali si asteneva dall'uso di eroina per procedere ad ulteriori tentativi di sottrazione graduale. Se permangono le evidenze di recidiva, è bene discutere con il paziente il passaggio ad una terapia più stabile e più protettiva di mantenimento.

b) Trattamento di mantenimento con metadone.

E' indicato per i consumatori di eroina con comprovata dipendenza stabilizzata che volontariamente e consapevolmente vi si sottopongano, e quando il medico ritenga attendibilmente che altri programmi siano più rischiosi o, addirittura, improponibili per l'alta probabilità di ricaduta nell'uso di sostanze non prescritte e contaminate, senza attendere che i pazienti si confrontino con pluriennali fallimenti di altri tipi di trattamento;

Dovrebbe inoltre essere suggerito come programma di elezione ai soggetti che presentano comprovata dipendenza da eroina ed infezione da HIV in situazione immunitaria già compromessa o con AIDS conclamato, che vi si sottopongano volontariamente, e quando medico e paziente ritengano che altro programma potrebbe aggravare, anziché migliorare, le condizioni patologiche in atto.

Il metadone deve inizialmente essere somministrato nell'ambulatorio del medico o presso il Servizio pubblico. Durante il trattamento il soggetto deve disporre di adeguato orientamento all'utilizzo corretto della cura, nonché di periodici colloqui psico-sociali che si articolino in sinergia con il trattamento medico, e che possono far crescere nel paziente la consapevolezza che, evitando i rischi di ricaduta, accettando i tempi lunghi e le procedure suggerite, fra i risultati che possono essere ottenuti può esserci anche quello di una vita senza droga e, possibilmente, senza bisogno di cure.

Durante il trattamento devono essere registrati nella cartella clinica sia i miglioramenti che i peggioramenti, sulle possibili ragioni che li hanno provocati e sulle ragioni che, eventualmente, non hanno comportato una modifica ed un adeguamento della dose di farmaco sostitutivo. Deve essere controllata la presenza nelle urine delle sostanze stupefacenti e psicotrope e verificato l'eventuale abuso di alcool.

Uno degli scopi del trattamento di mantenimento con farmaci sostitutivi è l'inserimento del soggetto, che ne abbia bisogno, in un programma di assistenza psico-sociale, e l'inserimento lavorativo e/o scolastico ottenuti utilizzando specifiche risorse individuate e rese disponibili dagli operatori sociali, o anche mediante la frequenza a corsi di formazione e di orientamento professionale. Tale programma integrato deve concretamente rappresentare una occasione per interrompere l'eventuale dipendenza dall'economia legata all'eroina illegale.

Il ricorso alle psicoterapie disponibili nel programma avviene nel rispetto della volontà del paziente e della sua libertà di scelta del terapeuta, e non può essere condizione per beneficiare del trattamento metadonico.

Il procedimento di ammissione al trattamento con metadone costituisce, probabilmente, la fase più delicata del programma terapeutico dal momento che è proprio con l'ammissione che inizia il passaggio di un individuo dalla condizione di tossicodipendente "da strada" a quella di paziente in cura.

Il soggetto viene per la prima volta in contatto con un sistema di servizi, regolato da norme e requisiti ad esso correlati.

L'esperienza di questa prima fase influenzerà fortemente l'atteggiamento e le motivazioni del paziente durante tutto il trattamento. E’ per questo motivo, quindi, che si dovrà favorire l'instaurazione di un rapporto protettivo e di fiducia su cui sia possibile impostare il successivo intervento clinico. E' utile ribadire che, nel servizio pubblico, ogni operatore è tenuto a concorrere, quando ce ne sia oggettivo bisogno, alla conduzione del piano terapeutico integrato, con le proprie specifiche professionalità e risorse, senza peraltro interferire sulle scelte che il medico ha da compiere dopo avere effettuato una accurata diagnosi, alla quale ogni paziente ha diritto, prima della scelta di qualsiasi percorso terapeutico.

I criteri e le modalità di ammissione a qualsiasi programma, inclusi quelli metadonici, devono comunque garantire ai pazienti una pronta accoglienza e, se attivi in eroina, l'immediata eliminazione (nello stesso giorno) delle necessità di strada mediante somministrazione di metadone.

Va a questo proposito distinta la somministrazione di metadone in fase di accoglienza, tesa a creare immediatamente una condizione per la quale il paziente non abbia ulteriori bisogni di rivolgersi al mercato degli stupefacenti, dalla successiva immissione in un programma terapeutico, che deve essere fatta in un secondo tempo valutando le condizioni del paziente, la sua volontà specifica e la sua eleggibilità, a giudizio medico, per l'uno o per l'altro programma disponibile, che potrebbe anche essere "drug free".

Nel caso venga scelto il trattamento metadonico, la valutazione dell'aspirante al trattamento deve essere appropriata e completa, sì da creare la base per una efficace definizione anche a lungo termine del programma. Una volta determinata la eleggibilità dell'intervento deve essere assicurato al paziente che il mantenimento con metadone è il trattamento a lui più appropriato, che l'ammissione è volontaria e che vi sono, assieme ai benefici, anche rischi, legati soprattutto alla non rispondenza alle prescrizioni mediche, di cui occorre avere la giusta consapevolezza.

Una scelta consapevole da parte dei paziente è fondamentale per la natura terapeutica del procedimento di accoglienza e di ammissione, i quali, in ogni caso, non devono comportare un ritardo ingiustificato dell'accoglienza da parte del Servizio. Un accesso immediato e prioritario deve essere garantito alle persone che presentano problemi medici o psichiatrici di una certa gravità, nonché alle donne in gravidanza

c) Trattamento di mantenimento con metadone durante la gravidanza.

Gli studi hanno evidenziato che il tasso di recidiva delle donne in gravidanza non differisce in modo significativo da quello degli altri soggetti tossicodipendenti, pertanto:

in presenza di una evidente incapacità della tossicodipendente gravida a sospendere l'uso di eroina, il medico che segue la paziente per la tossicodipendenza, d'intesa con il ginecologo, può proseguire un trattamento con metadone già iniziato, o decidere di iniziarne uno anche al fine di ridurre il rischio per la paziente di contrarre l'infezione da HIV durante la gravidanza;

se il trattamento è da iniziare, è bene che ciò avvenga in una struttura adeguatamente attrezzata o in ospedale, con l'apporto del medico di famiglia, per poi continuare su base ambulatoriale; stabilita la dose ottimale del farmaco è consigliabile mantenerla stabile allo scopo di evitare l'eventuale comparsa di sintomi astinenziali nella madre e nel feto;

In merito al trattamento con metadone durante la gravidanza si deve osservare che, fin dai primi anni '70, ne è stata vivamente consigliata la effettuazione per affrontare i più seri casi di tossicodipendenza. Oltre agli effetti già evidenziati in precedenza, tale trattamento, per le donne gravide, presenta l'ulteriore vantaggio di prevenire la fluttuazione dei livelli di oppioidi nella madre, e, data l'accertata assenza di lesività d'organo del metadone, di proteggere il feto da possibili episodi abortivi (si veda, in proposito, la Circolare Ministero della Sanità n. 82/84).

Un articolato programma di trattamento comprendente, tra l'altro, l'assistenza pre e post natale può ridurre anche il tasso di incidenza delle complicazioni ostetriche e fetali, dei ritardi di crescita del feto nell'utero, della morbidità e mortalità neonatale.

Inoltre, il nutrimento materno viene sensibilmente migliorato.

Ai Servizi pubblici spetta, in modo particolare, di garantire alle donne, anche se in cura presso altro medico, un sostegno di carattere socio-psicologico in preparazione al parto.

E' innegabile che il trattamento con metadone durante la gravidanza suscita ancora molte polemiche, soprattutto per quanto riguarda la determinazione delle dosi adeguate di metadone, la possibilitˆ che si instauri una sindrome di astinenza nei neonati, nonché le altre conseguenze perinatali e di sviluppo del feto.

E' estremamente importante, perciò, che il trattamento durante la gravidanza sia inquadrato in un contesto appropriato dovendosi, come per ogni altro trattamento farmacologico, valutare bene, in termini comparativi, gli aspetti di rischio e di beneficio che esso comporta.

I tassi di morbidità e mortalità materno-infantile sono senza dubbio ridotti quando il trattamento con metadone è inserito in un più ampio programma, che comprende ed affronta i problemi medici, ostetrici, psicosociali, nonché quelli specificatamente legati alla tossicodipendenza e che, allo stesso tempo, evita l'insorgere di qualsiasi rischio per il funzionamento cognitivo della paziente e per lo sviluppo del neonato.

La diagnosi di dipendenza da oppioidi nelle donne gravide deve basarsi su quegli stessi elementi che caratterizzano la diagnosi per le donne tossicodipendenti non gravide, come per esempio, la namnesi clinica e psicosociale, la namnesi dell'abuso di sostanze, l'esame fisico, l'analisi delle urine, eventuali sintomi di rifiuto, evitando accuratamente, però, l'uso di antagonisti narcotici.

Il trattamento con metadone va, in definitiva, inquadrato in un programma più ampio che affronti i problemi medici, prenatali, ostetrici, psicosociali e di tossicodipendenza delle donne gravide.

Qualora, per una ragione più che giustificata, si opti per la sospensione del trattamento con metadone, occorre la supervisione di uno specialista pediatra neonatologo e sarebbe altresì auspicabile poter usufruire di un'unità perinatale fornita delle necessarie attrezzature di monitoraggio fetale.

La sospensione o diminuzione deve essere effettuata non prima della 14^ settimana di gestazione per evitare il rischio di aborto, né dopo la 32^, per evitare il rischio di parto prematuro. Le manovre di diminuzione del farmaco, anche nella parte centrale della gravidanza, se inevitabili, dovranno essere molto graduali per evitare stress e rapide variazioni dei livelli plasmatici di farmaco.

E' consigliabile:

Per diminuire il rischio di infezione da HIV, occorrerà inoltre garantire l'accesso ai test ed ai servizi di informazione e counseling sull'HIV alle donne gravide, ai loro partners e agli eventuali figli.

In pari tempo occorrerà prevedere interventi appropriati (ad esempio, strategie educative e gruppi di sostegno), per migliorare l'interazione e diminuire le conseguenze comportamentali dovute ad uno scarso legame fra madre e figlio.

In genere durante il trattamento, non vi sono controindicazioni all'allattamento, a meno che si tratti di pazienti sieropositive o di pazienti che facciano uso di sostanze multiple.

In nessun caso si dovrà consentire che informazioni di carattere sanitario, come tali coperte da segreto professionale e dal diritto dei pazienti alla riservatezza, siano oggetto di segnalazione ai tribunali per i minorenni, né direttamente tramite gli assistenti sociali o gli psicologi in servizio ai SERT, né indirettamente attraverso le figure professionali omologhe in servizio presso gli Enti Locali, se non con il consenso e nell'interesse delle pazienti.

Si rimanda, per maggiori approfondimenti e dettagli, alla ampia letteratura esistente organizzata e diffusa da Loretta Finnegan, M. D. direttrice dello Womens's Health Initiative del National Institute of Health, U. S. Department of Health and Human Services (Federal Building, Room 6A09, Bethesda, Maryland 20892, U.S.A. Tel. 001 301 402 2900).

Determinazione della dose di mantenimento

La dose di mantenimento deve essere stabilita, caso per caso in modo da prevenire l'uso di eroina: la relativa valutazione deve essere effettuata dal medico tenendo conto delle condizioni psicofisiche del soggetto e delle patologie correlate.

Già la circolare del Ministero della Sanità del 20 ottobre 1984, n. 87 prevedeva un dosaggio medio di metadone predeterminato e la possibilità che fosse aumentato dal medico, secondo le necessità del paziente.

Sin dalle prime indicazioni di Dole e Nyswander che, nel 1966, stabilirono una dose di mantenimento giornaliera compresa tra gli 80 e i 120 mg; di metadone, si è constatato come la dose venga generalmente determinata più in base a criteri e opzioni di principio, piuttosto che in base a dati razionali, suffragati dall'attenta valutazione clinica.

Gli studi pubblicati nel 1992 da D'Aunno e Vaughn dimostrano che più del 50% dei pazienti, su tutto il territorio nazionale USA, riceve dosi sub-ottimali di metadone, inadeguate a prevenire l'uso continuativo di droghe illecite.

Altri studi hanno dimostrato che dosi adeguate di metadone, determinate individualmente e sulla base di dati clinici, sono efficaci nel ridurre l'uso di droghe illecite e inducono il paziente a continuare il trattamento.

Un primo risultato positivo derivante dal trattamento con metadone, in dosi adeguate, è senza dubbio la scomparsa di ogni sintomo di sindrome di astinenza nell'arco delle 24 ore. Successivamente il processo di induzione può iniziare dalle iniziali dosi inferiori per proseguire fino a raggiungere gradualmente la dose terapeutica di mantenimento.

Durante la fase di mantenimento, alcuni pazienti ricevono per anni la stessa dose di metadone; per altri, invece, la dose di metadone va periodicamente modificata in più o in meno.

Sia la determinazione che le modifiche periodiche della dose di metadone presuppongono un attento esame clinico, che includa anche la rilevazione di ogni sintomo di iper o di ipodosaggio; il personale e il paziente stesso, comunque, in caso di abolizione o diminuzione della dose anche volontaria, devono essere consapevoli dei rischi associati ad una ricaduta nell'uso di droghe iniettabili per endovena, sapendo che tale terapia sostitutiva, se ben condotta, riesce ad abolire il "craving", ovvero la ricerca compulsiva dell'eroina e a dominare lo stato di ansia del tossicodipendente che, altrimenti, costantemente vive nella tensione della ricerca della "dose successiva".

La dose di metadone, dunque, deve essere stabilita da un medico esperto dopo attento esame clinico del paziente; la determinazione della dose non è, infatti, materia di standardizzazione, di definizione mediante provvedimenti normativi generali, ordini di servizio ed ancor meno pu˜ essere regolata da intese fra operatori o da comitati che si auto proclamano "esperti".

L'esigenza di somministrare dosi di metadone sufficienti a produrre nel paziente l'effetto auspicato per un congruo periodo di tempo, con un margine di tolleranza per quanto riguarda l'efficacia e la affidabilità del trattamento, richiede che la dose sia fissata in modo che gli effetti della somministrazione siano protratti per un periodo minimo di 24 ore, con un margine di tolleranza per quelle che sono le variazioni giornaliere e metaboliche.

L'esperienza degli U.S.A., ed anche altre esperienze nazionali, hanno evidenziato che la maggior parte dei pazienti si giova di dosi comprese tra 50 e 120 mg. e che, in generale, la dose efficace è 80 mg. (+/- 20 mg.). Detto questo è bene aggiungere che alcuni soggetti possono abbisognare di meno ed altri di più, a seconda del loro grado di tolleranza e della loro capacità di metabolizzazione del farmaco.

Ci sono studi significativi che fissano a 60mg; la dose minima efficace per il pazienti in mantenimento, al disotto della quale si verifica una presenza di urine sporche in percentuale consistente. La dose di mantenimento va determinata, comunque, su base individuale, tenendo soprattutto conto delle evidenze e delle informazioni date dal paziente stesso.

Non è opportuno aumentare o diminuire le dosi per favorire un comportamento positivo o negativo del paziente.

La dose di metadone stabilita nel servizio o da medico di provenienza, deve essere mantenuta in caso di trasferimento presso altro Servizio pubblico o presso altro medico, in caso di temporanea ospedalizzazione o carcerazione, fino a quando non intervengano motivazioni di carattere clinico che ne suggeriscanao la variazione.

L'uso del metadone sarà sospeso quando ciò sarà espressamente voluto dal paziente, essendo venuta meno, per una ragione o per un'altra, la sua volontarietà di permanere in tale modalità terapeutica.

Valutazione dell’efficacia del trattamento di mantenimento con metadone

Il risultato del trattamento deve essere valutato principalmente in base all'effettiva astensione dall'uso di eroina e di altre sostanze stupefacenti e d'abuso.Uno degli strumenti oggi utilizzabile per verificare l'eventuale assunzione di droghe è l'analisi delle urine raccolte casualmente ma regolarmente durante tutto il trattamento. Naturalmente deve essere accertata anche l'eventuale assunzione del metadone. Se le urine del consumatore di eroina risultano positive alla cocaina o ad altre droghe, il caso deve essere valutato con particolare attenzione. Se le urine risultano positive agli oppiacei possono essere instaurati diversi provvedimenti quali: 1) l'aumento della dose del metadone; 2) l'intensificazione del counseling e dell'intervento psicosociale;

La reiterata e apparentemente incontenibile presenza di positività urinarie per gli oppiacei deve essere valutata attentamente alla luce del fatto che non sono infrequenti casi di individui che abbisognano di dosi di metadone del tutto inusuali per ottenere gli stessi effetti della maggioranza dei tossicodipendenti. Questi soggetti, definiti "metabolizzatori veloci" (fast metabolizers) non utilizzano completamente il metadone per ragioni non del tutto chiare, probabilmente metaboliche o per compromesse condizioni epatiche. In questi casi, potendo, è bene effettuare una misurazione dei livelli plasmatici di farmaco e compararli con quelli risultanti nei casi normali. Ma in genere l'osservazione clinica è sufficiente per intraprendere manovre di aumento del dosaggio fino ad estinzione del sintomo. L'esperienza insegna che, una volta cessato l'uso di eroina e con il tempo, gradualmente la dose del metadone può essere ricondotta in un range inferiore, sempre monitorando il paziente ed assicurandosi che non insorga appetizione compulsiva che, in questi casi, generalmente si risolve in abuso di tranquillanti ed alcool.

Mai, comunque, deve essere deprivato dell'intervento il paziente che, nonostante tutto, continua a dimostrare positività urinarie; In questi casi bisognerà far risultare statisticamente il caso, e contentarsi del fatto che, sicuramente, almeno la frequenza della auto somministrazioni di eroina è diminuita (generalmente da 2/3 al giorno a 2/3 alla settimana), e bisognerà cogliere anche questo parziale risultato, ammenoché non si disponga di un intervento che, attendibilmente, venga ritenuto più efficace senza che il paziente corra rischi di overdose o di più intensa recidiva.

Si deve sottolineare che l'analisi delle urine è parte integrante del trattamento con metadone.

Originariamente utilizzato per misurare l'efficacia del programma, lo screening delle urine viene oggi effettuato per decisioni programmatiche, per monitorare l'uso di un farmaco, per decidere se il paziente ha riacquistato un livello di compliance tale da poter passare ad un regime di affidamento (take home).

I risultati delle analisi sono altresì utilizzati per verificare l'efficacia dei vari programmi e per effettuare i controlli sull'assunzione del metadone in quanto parte del programma di disassuefazione o di mantenimento. Inoltre sono utili per verificare che l'eventuale trattamento in regime di affidamento sia responsabilmente effettuato e i pazienti non facciano un uso del metadone diverso da quello prescritto dal medico.

I metodi di analisi delle urine dovranno essere controllati da un punto di vista dell'esattezza e dell'attendibilità.

Ogni programma di mantenimento con metadone deve prevedere politiche e procedure di screening delle urine, complementari al trattamento del paziente.

I programmi di screening delle urine devono, comunque, rispettare la dignità e la privacy del paziente, ed essere eseguiti secondo norme di buona pratica medica.

Il prelievo dei campioni di urine deve, in particolare, essere eseguito presso le strutture pubbliche o presso il medico curante, qualora questo disponga della necessaria attrezzatura, e deve avvenire con modalità che ispirino al paziente, già responsabilizzato ed informato circa lo scopo di tali analisi, un senso di collaborazione e di sicurezza, e non di punizione e autoritarietà. Infatti, la libertà di scelta del medico, anche all'interno dello stesso Servizio pubblico, e del luogo di cura consente il pieno recupero di un rapporto medico-paziente basato sulla reciproca fiducia.

Gli operatori enfatizzeranno il fatto che le analisi servono esclusivamente alle verifiche di andamento, per migliorare l'intervento, e mai potranno assumere un carattere fiscale e punitivo.

La raccolta dei campioni di urine va fatta a caso, sulla base delle cartelle cliniche individuali, in locali che siano idonei, in modo da evitare falsificazioni. Se, a tal fine, si ricorre all'osservazione diretta, va garantito il rispetto dell'etica e della privacy del paziente.

I risultati positivi delle urine devono essere discussi con il paziente e riportati nella cartella clinica, dove si devono altresì annotare le sue eventuali dichiarazioni.

E' opportuno intervenire con attività di counseling ed altri mezzi ancora, qualora, durante il trattamento, si presentasse il problema del perdurare dell'uso di droghe illegali, evitando, comunque, ogni atteggiamento o intervento punitivo e non dimenticando di considerare attentamente ogni diniego, da parte del paziente, di uso di droghe illegali, per la possibilità di un falso positivo.

In caso di positività, per uso di eroina o di altre droghe illegali, del test delle urine, occorre rivedere il dosaggio del metadone e, in ogni caso, fare attività di counseling sull'HIV e sull'abuso di sostanze, valutando attentamente anche gli eventuali risultati negativi.

Alcune regole essenziali vanno tenute presenti:

Trattamento in regime di affidamento

Il trattamento con metadone deve essere inizialmente eseguito nell'ambulatorio del medico o presso la struttura pubblica; esso può essere fatto in regime di affidamento consegnando il farmaco al soggetto tossicodipendente o, se ritenuto opportuno, ad un familiare referente che attendibilmente garantisca sul suo uso appropriato.

I regimi di affidamento sono progressivi e prevedono visite al servizio pubblico o al medico curante di tre, due, o al massimo un solo giorno alla settimana a seconda del livello raggiunto dal paziente in termini di cessazione dell'uso di eroina, di inserimento lavorativo e di comportamento in senso generale. Ai pazienti in regime di affidamento, di regola, il giorno di visita si deve far assumere l'intera dose giornaliera di fronte al medico o all'operatore delegato, e affidare quelle necessarie fino al successivo giorno di visita. Il passaggio graduale da un regime ad uno più vantaggioso avviene sempre a seguito di miglioramenti che i pazienti dimostrano, fino al regime più liberato che può considerarsi un ambito obiettivo raggiunto dal paziente, alla stregua di un vero e proprio grado di qualificazione.

Ogni livello acquisito è personale e non può da nessuno essere rivendicato per il solo fatto che ad altri è stato concesso. Ogni paziente ha la possibilità di percorrere ogni grado della scala dei regimi di affidamento, e deve meritarli di persona.

Per i dettagli di attuazione di queste tecniche, che sono da considerarsi squisitamente cliniche e strumenti terapeutici di indubbio valore, se correttamente usati, si rimanda al protocollo allegato.

L'affidamento del farmaco avviene sotto la responsabilità del medico che ha iniziato o che segue il trattamento, il quale annoterà in cartella i motivi per i quali è o non è concesso.

Vedi, per ulteriori considerazioni, il successivo capitolo sull'affidamento del metadone (Take Home).

Durata e permanenza in trattamento

La scelta clinica circa la durata del trattamento va fatta sulla base dei dati raccolti e dell'esperienza medica.

Esaminando i problemi connessi alla definizione della durata del trattamento con metadone e le relative implicazioni per i pazienti e per lo svolgimento del programma stesso è importante ricordare che il recupero dalla tossicodipendenza, sia a breve termine (meno di 6 mesi) che a lungo termine (più di 6 mesi), nella nuova classificazione DSM-IV è visto come conseguenza della sospensione dell'uso degli oppioidi da strada e dell'abuso di altre sostanze, e non dalla presenza o assenza di farmacoterapia sostitutiva.

Per permanenza del trattamento, invece, si intende la capacità e la volontà del paziente di portare avanti questo programma, in cui hanno, senza dubbio, grosso peso sia le caratteristiche del paziente, che quelle del programma stesso.

Per tasso di ritenzione, invece, si intende la capacità del programma di trattenere i pazienti più a lungo che sia possibile e di limitare la percentuale di abbandoni. Dal momento che si sta trattando una patologia cronica caratterizzata da un alta percentuale di recidive, il tasso di ritenzione (retention rate) è al giorno d'oggi considerato essenziale e preminente ai fini di una valutazione complessiva di efficacia e di stabilità del programma stesso.

La permanenza è, dunque, un elemento essenziale ai fini della durata ottimale del trattamento e va considerata il prodotto di un rapporto continuativo tra i pazienti e le strutture che eseguono la terapia, nonché l'indicativo della vivibilità del programma e della sua capacità di favorire, anziché di interferire, nelle possibilità dei pazienti di vivere una vita più vicina che sia possibile alla normalità.

In teoria, i programmi dovrebbero riguardare non solo i pazienti che assumono metadone, ma anche quelli nei quali la dose di metadone è stata parzialmente ridotta o soppressa del tutto.

I pazienti devono essere sempre incoraggiati a continuare il programma e, qualora ci sia una ricaduta o, comunque, se ne ravvisi la possibilità, occorre ripristinare il trattamento metadonico.

I pazienti che hanno abbandonato il trattamento e per i quali se ne ravvisi la necessità, devono essere subito riammessi al programma di mantenimento, possibilmente prima che la ricaduta avvenga. Un paziente che si presenti di nuovo a chiedere la somministrazione del metadone perché oggettivamente sente di non poter sostenere lo stato di astinenza dagli oppioidi acquisito in un precedente programma metadonico o anche residenziale, non deve essere costretto a somministrarsi eroina per dimostrare di avere le urine sporche agli operatori della struttura per essere di nuovo ammesso al programma farmacologico. La stessa richiesta di ripristino del programma metadonico è già indicativa dell’impossibilità di mantenere lo stato di astinenza, e una ricaduta sarebbe inevitabile se non la si prevenisse nell'ambito protetto e terapeutico della struttura. Avverrebbe sicuramente nella strada con conseguenze che, per quanto possibile, devono essere evitate.

Gli operatori, anzi, devono considerare che sono spesso motivi legati a disappunto o senso di colpa ad influenzare negativamente il paziente recuperato, che peraltro ha un buon rapporto con il personale, a trattenerlo dal rientrare in trattamento. E' per questo motivo che, qualunque sia l'ostacolo che si presenta, occorre comunque minimizzarlo.

Il trattamento deve essere continuato finché il paziente desidera rimanervi e ne riceve dei benefici, rischia di ricadere nell'uso di eroina o di altre droghe, non riscontra effetti negativi nell'uso continuativo di metadone, e finché sia il medico a ritenerlo opportuno dal punto di vista clinico. Il trattamento, in quei pazienti che rispondono ai criteri di tossicodipendenza da eroina cronica e recidivante, può protrarsi indefinitamente.

Anche in questi casi gli operatori non mancheranno di rassicurare i pazienti che il farmaco metadone è stato indagato puntigliosamente nell'arco degli ultimi 30 anni. Da tutti gli studi è risultato che il metadone, se usato come indicato dai protocolli medici, non ha prodotto effetti dannosi per la salute dei pazienti che lo hanno usato anche per 10/20 anni e più, e che i suoi effetti collaterali, facilmente ovviabili, non sono comunque tali da giustificare l'abbandono di una terapia efficace. Tali effetti scompaiono quasi completamente dopo alcuni mesi di trattamento a dosi stabili.

Modalità di somministrazione e consegna

Ad ogni singola regione e provincia autonoma, in rapporto alle esigenze locali ed allo stato di organizzazione dei propri servizi è demandato di definire le più idonee modalità di acquisto, conservazione e controllo dei farmaci utilizzati per i trattamenti terapeutici, nell'osservanza delle vigenti disposizioni di legge e nel rispetto dei diritti sanciti dei medici e dei pazienti. In particolare, la disciplina regionale, in relazione alle specifiche esigenze locali, dovrà promuovere - attraverso intese dirette con le farmacie - la possibilità dell'approvvigionamento dei farmaci da parte dei medici curanti con le modalità di cui all'art. 42 della legge n. 162/90, prevedendo il relativo integrale pagamento a carico dell'unità sanitaria competente.

Dovrà essere, del pari, garantita la corretta e scrupolosa osservanza da parte dei medici delle disposizioni concernenti la tenuta del registro di carico e scarico delle preparazioni acquistate, con la specificazione del relativo impiego e la conservazione delle stesse con le cautele previste dalla legge.

Per quanto concerne i servizi pubblici, è appena il caso di sottolineare il fondamentale ruolo che essi sono schiamati a svolgere anche quali organismi di eventuale consulenza dei medici curanti, di cooperazione con i medici di fiducia, negli accertamenti preliminari degli stati di tossicodipendenze e delle condizioni cliniche dei soggetti, nella definizione dei programmi, nella esecuzione dei trattamenti psicologici e socio-riabilitativi concomitanti a quelli farmacologici, e nell'attuazione delle procedure di controllo.

 

Il valore terapeutico dell'affidamento.

I programmi metadonici a lungo termine, fino a poco tempo fa considerati programmi essenzialmente "farma-cologici", sono stati ridefiniti dalla moderna letteratura scientifica come "comportamentali".

Favoriti e resi possibili all'inizio del programma dall'azione farmacologica, i nuovi assetti comportamentali dei pazienti ne sono i veri ed ultimi obiettivi. Rendere stabili, massimizzare questi nuovi assetti e proiettarli nel tempo costituisce il compito fondamentale degli operatori. Proiettare nel tempo una cura significa soprattutto renderla possibile, fare in modo che i pazienti possano convivere con essa senza grosse privazioni o problemi, operare nel senso dell’acquisizione di traguardi significativi verso la riabilitazione del paziente, che deve essere reintrodotto gradualmente nelle dinamiche normali.

Il regime di frequenza dei pazienti al centro di somministrazione e di cura è uno strumento che può essere usato con accortezza e perizia per raggiungere e per consolidare certi obiettivi. L'affidamento del metadone, il cosiddetto "take home", costituisce una vera e propria struttura del programma, un ingrediente terapeutico fra gli altri, tutt'altro che accessorio, dal quale possono essere tratti risultati di grande valore sul fronte della riabilitazione dei pazienti. Un elemento che, in ultima analisi, accompagna il paziente verso quella normalità che è lo scopo finale di ogni programma riabilitativo.

Puo esserci da parte di un servizio un certo uso del metadone, nel senso che gli opertori rendono disponibile questo farmaco somministrandolo ai pazienti in vari modi, dosaggi e schemi. Tutto ciò può avere un valore, anche sotto il profilo della riduzione del danno ma, se non comprende una delle componenti essenziali, cioè l'affidamento del metadone ai pazienti che possono beneficiarne, non può essere definito "programma metadonico a lungo termine".

E' dunque necessario stabilire dei criteri per l'affidamento del metadone ai pazienti ai quali è opportuno concedere un regime di cura compatibile con le loro esigenze di risocializzazione.

Questi criteri possono servire anche da base per la stesura di un vero e proprio "regolamento" da distribuire ai pazienti. Per la lettura ed interpretazione corretta del regolamento i pazienti devono rendersi conto che, in quanto elemento terapeutico determinato da condizioni favorevoli del decorso, il regime di affidamento è personale, e quindi legato alla situazione specifica di ognuno di loro. Per questo è necessario stabilire fin dall'inizio che nessuno può mai reclamare un particolare regime di affidamento soltanto perché è stato concesso a qualcun'altro. La discussione sulla concessione o meno di un regime favorevole deve essere necessariamente riferita ai risultati e alla situazione personale e contingente del paziente stesso, e questo principio deve essere messo bene in evidenza fin dal primo giorno di trattamento. Questo principio è fondamentale, e ben presto gli operatori potranno rendersi conto di quanto le aspettative di un regime meno costrittivo spinga gruppi consistenti di pazienti verso un utilizzo corretto del programma, innalzando a valori apprezzabili il livello generale di compliance.

E' innegabile che, nella fase di reingresso all'interno delle dinamiche sociali favorito dalla cura di stabilizzazione metabolica con metadone, il programma deve porsi il problema di fornire una struttura che interferisca il meno possibile con le opportunità di reinserimento dei pazienti. A tal fine, le tecniche da mettere in atto devono essere articolate, anche se da un punto di vista metodologico sono state già definite a grandi linee. Si tratta di procedure che possono essere derivate dalle esperienze cliniche internazionali, ma che devono comunque essere adattate e integrate con quegli elementi tipici della realtà locale e della situazione del paziente, che possono essere osservati direttamente dagli operatori, e valutati in modo più propriamente clinico.

In molti programmi, come regola, non si accede a nessun privilegio di affidamento se non dopo tre mesi durante i quali il paziente ha frequentato regolarmente tutti i giorni ad eccezione di quelli festivi. Trascorso questo primo periodo gli operatori dovranno attenersi ad alcuni criteri fondamentali, tenendo presente che, se pure tali criteri stanno alla base della tecnica di intervento, non sono rigidamente condizionanti e possono essere derogati di volta in volta se gli stessi operatori ravvisino l'opportunità dell'eccezione, e se questa non costituisca una chiara breccia nella metodologia che il paziente voglia ottenere senza alcuna necessità oggettiva o merito speciale, magari al solo scopo di manipolare il farmaco o di non presentarsi regolarmente nella sede del programma.

La necessità di leggere e di interpretare correttamente i comportamenti dei pazienti postula una rigorosa professionalizzazione degli operatori anche paramedici, i quali devono essere in grado di decodificare il complesso linguaggio dei tossicomani che accedono alla cura, per rispondere ai loro messaggi in maniera finalizzata alle esigenze terapeutiche. Per questo va chiarito che la tendenza ad affidare il momento della somministrazione del farmaco a personale non sufficientemente istruito, o l'applicazione di quelle norme che ne prevedono il ritiro nelle farmacie direttamente dai pazienti, sono da ritenersi incompatibili con l'impianto di una metodologia minima, che deve essere finalizzata all'osservazione dei pazienti e alla lettura dei loro comportamenti anche nel momento della somministrazione del farmaco.

In un servizio pubblico strutturato, la presenza delle diverse figure professionali che concorrono in modo integrato alla formazione e conduzione del piano terapeutico dovrebbe essere assicurata nello stesso luogo dove avviene l'intervento farmacologico, nel quale è indispensabile comunque la presenza degli operatori ai quali è affidato il compito dell'orientamento e della ristrutturazione cognitiva dei pazienti rispetto alla malattia che hanno contratto e alle cure che stanno seguendo.

Trascorso il primo periodo di osservazione e di impianto della cura gli operatori, di regola, sono in possesso degli elementi necessari per stabilire il regime del paziente per il periodo immediatamente successivo.

Gli elementi necessari per l'affidamento.

Il primo elemento che determina l'eligibilità all'affidamento del farmaco è il rapporto residuo del paziente con l'eroina e con le altre sostanze di abuso. Le analisi delle urine devono mostrare un allontanamento progressivo dalle auto somministrazioni di eroina e di sostanze non prescritte, e gli operatori devono essere convinti che i prelievi non siano stati manipolati, cosa che generalmente non avviene se alle positività della morfinuria non si associano atteggiamenti punitivi.

Il secondo elemento è l'adesione del paziente alle regole del programma e al suo schema terapeutico. Al paziente, per esempio, che palesemente elude le indicazioni terapeutiche e che non ha ancora modificato i suoi comportamenti in modo positivo non dovrebbe essere concesso un regime di somministrazione privilegiato. L'abuso di psicofarmaci e di alcool, di regola, è conseguenza di una insufficiente stabilizzazione. Anche in questa ipotesi, l'affidamento del farmaco dovrebbe essere evitato, almeno fino a quando la situazione non si dimostra risolta, dal momento che non sussistono garanzie sul suo uso corretto.

Ma anche verificandosi ogni condizione richiesta, anzianità superiore ai tre mesi, morfinuria negativa, nessun segno di abuso di psicofarmaci o di alcool, aderenza agli schemi terapeutici e comportamento appropriato, ove il paziente non abbia nessuna oggettiva necessità di diradare le visite periodiche al servizio, non ci sono motivi per concedere regimi troppo liberati. Le visite frequenti e i contatti con gli operatori possono costituire una struttura relazionale importante, fino a quando una migliore e più normale non subentri.

Quando impegni di lavoro o scolastici subentrino in conseguenza della cura o comunque per altri motivi, allora gli operatori dovranno considerare una graduale sostituzione di questi impegni alla struttura delle visite quotidiane e dovranno regolare gli affidamenti di volta in volta per rendere compatibile la cura con il sopravvenuto assetto comportamentale del paziente.

I regimi di affidamento.

Subito dopo l'ammissione, durante il primo periodo di osservazione, i pazienti si presentano al servizio tutti i giorni ad eccezione di quelli festivi. Se un paziente assume la sua dose di farmaco per sei giorni consecutivi è improbabile che non lo faccia il settimo con la dose affidatagli per la domenica. Tutte le cliniche più note, quelle del Beth Israel Medical Center, del Mount Sinai e dell'Albert Einstein School of Medecine sono chiuse nei giorni festivi Possono costituire eccezione a questa pratica i casi di poliabusatori con concomitanti problemi psichiatrici, che non danno affidamento sull'uso corretto del farmaco nemmeno per un giorno. In questi casi si può ricorrere a strutture mediche aperte nei giorni festivi o ad un familiare referente di fiducia.

Dopo questo primo periodo, che una regola non rigida individua in tre mesi, i regimi di affidamento possono prevedere, a seconda dei casi, la presenza a giorni alterni, ogni due giorni o di un solo giorno alla settimana. In ogni caso, per la legge italiana, non possono essere affidate quantità di farmaco eccedenti il fabbisogno degli otto giorni di cura. Ai diversi livelli di affidamento si accede gradatamente dopo che gli operatori hanno constatato che il livello in corso non ha provocato inconvenienti e ha prodotto, invece, risultati positivi.

L'osservazione dei pazienti quando si presentano al servizio per la somministrazione è una fase cruciale del programma. Per questo negli Stati Uniti non è prevista la prescrizione del metadone per il ritiro in farmacia se non per quei pazienti che aderiscono ad un programma speciale, il "medical maintenance", che è riservato alle persone completamente riabilitate che, a giudizio degli operatori, non hanno ulteriore bisogno della struttura di supporto e di controllo tipica dei programmi per i tossicodipendenti.

I controlli

Nel caso che un qualsiasi regime di affidamento venga deciso, il paziente ritira le dosi per i giorni di assenza programmati dopo avere assunto l'intera dose del giorno di fronte all'operatore, il quale deve controllare che la dose venga effettivamente e completamente assunta. Se sussistono dubbi sul fatto che il paziente abbia mantenuto il suo livello di tolleranza durante i giorni di affidamento, il chè significa che non ha assunto regolarmente tutto il farmaco affidato, dopo avere bevuto l'intera dose, questi deve essere trattenuto in osservazione per un paio d'ore. Se la tolleranza non è stata mantenuta, appariranno segni di sedazione. In questo caso l'operatore cercherà di capire i motivi della non completa compliance e, se del caso, provvederà a riconsiderare il regime di affidamento concesso.

Il paziente che rifiuta di assumere l'intera dose di fronte all'operatore non è eligibile per l'affidamento del farmaco.

Un'altra tecnica che può essere messa in atto qualora si dubiti dell'integrale assunzione del farmaco affidato consiste nel richiedere ai pazienti sui quali sussistono dubbi di tornare a frequentare il centro per qualche giorno. Durante questo periodo gli operatori osserveranno in modo speciale che il metadone venga effettivamente assunto e, ove la tolleranza non fosse stata mantenuta, potranno ripristinarla facilmente. Non si dimentichi mai che il mantenimento di una effettiva e consistente condizione di tolleranza agli oppioidi indotta con il metadone è l'elemento che garantisce il blocco degli effetti dell'eroina e che riduce sensibilmente i livelli di appetizione compulsiva, anche verso altri farmaci e sostanze di abuso.

L'affidamento, dunque, deve essere considerato e usato come uno strumento per fare terapia nel vero senso della parola, ed in questo senso si può affermare che, piuttosto che un elemento liberatorio o permissivo, l'affidamento è uno strumento essenzialmente clinico.

Le quantità di farmaco affidate, già divise per ciascun giorno, in genere, vengono versate in contenitori di plastica per alimenti adatti (ad es. con chiusura di sicurezza a prova di bambino), che il paziente porta con sé e sul quale viene applicata un'etichetta con il nome del paziente e l'intestazione del centro o del medico che consegna il farmaco.

Il familiare referente

Ogniqualvolta sia possibile, e già in fase di ammissione, è bene individuare una figura di familiare referente. E’ ovvio che questa non può essere una condizione per quei soggetti che non hanno familiari o comunque che non desiderano coinvolgerli nel programma. La presenza di un familiare, di per sé positiva, può diventare preziosa per l'attuazione del programma. Uno spazio particolare deve essere dedicato all'orientamento dei familiari. Una volta che il paziente sia stato bene informato su come il programma deve essere utilizzato, e una volta che la sua famiglia abbia acquisito la necessaria consapevolezza, il piano terapeutico può essere portato avanti assai più facilmente. La famiglia, per esempio, deve essere messa in grado di comprendere che la cura metadonica immancabilmente comporta tempi molto lunghi, e di aiutare il paziente a curarsi, incoraggiandolo a frequentare il servizio e a seguire scrupolosamente le indicazioni del piano.

Una volta convenientemente istruito, il familiare può essere considerato un vero e proprio "operatore aggiunto", distaccato al domicilio del paziente. Egli potrà ritirare il farmaco in caso che questi sia ammalato e costretto a letto, e può somministrarlo con gli stessi accorgimenti usati dagli operatori del servizio. La presenza e la garanzia di un familiare può essere utile per consentire eccezioni motivate, per favorire periodi di vacanza o viaggi. Il familiare può anche partecipare, con le informazioni che fornisce sul comportamento quotidiano del paziente, al completamento di quel complesso di dati che costituiscono "la risposta terapeutica", sulla quale tutta la programmazione del piano individuale deve essere modulata.

L'esperienza ha però messo in evidenza che non tutti i familiari sono adatti a questa delicata funzione. Alcuni di essi tendono a farsi manipolare dai pazienti e finiscono per favorirne inutili e pericolose tendenze ad evitare gli impegni da assolvere direttamente e personalmente al servizio.

Alcuni si prestano addirittura a frequentare il servizio al posto dei pazienti o li aiutano, senza necessità, a forzare l'impianto metodologico del programma. In questi casi gli operatori dovranno far capire ai familiari come i difetti di metodologia possono avere effetti devastanti sulla conduzione e sui risultati della cura, e come atteggiamenti innecessariamente protettivi possono risolversi in autentici disastri per i pazienti stessi. Se anche dopo questi avvertimenti il familiare dovesse mostrarsi inattendibile, gli operatori dovranno rinunciare ad utilizzarlo come figura referente.

Conclusioni

L'impianto metodologico complessivo di un servizio per tossicodipendenti è di importanza cruciale. La tecnica stessa di somministrazione del metadone nata negli Stati Uniti agli inizi degli anni '60 e successivamente affinata dai clinici durante gli anni nelle esperienze più note, comprende un insieme articolato di comportamenti possibili che gli operatori devono conoscere.

Il fatto stesso che l'efficacia del farmaco sia legata all'adeguatezza delle dosi e ai tempi di trattamento comporta la stringente necessità da parte degli operatori di essere in grado di elaborare ogni singolo programma per ogni singolo paziente, come se questo programma dovesse essergli "cucito addosso". Non possono essere adottati schemi e regimi buoni per tutti, dosi buone per tutti o limitazioni ai cicli di terapia. Le politiche rigide e limitative sono ormai state riconosciute da una vasta ed accreditata letteratura come prive di valore terapeutico. L'esperienza di questi ultimi anni ci consente di affermare che proprio queste politiche restrittive hanno determinato il fallimento della maggior parte dei programmi metadonici italiani e, paradossalmente, hanno determinato le condizioni favorevoli al mercato grigio del farmaco.

All'attuale stato della ricerca scientifica e dell'indagine sulle esperienze cliniche c'è consenso unanime sugli obiettivi che un buon programma metadonico deve sinteticamente raggiungere, che sono fondamentalmente tre:

Per raggiungere questi tre obiettivi gli operatori dovranno sostituire agli schemi rigidi, alle dosi prefissate, ai tempi limitati di trattamento, atteggiamenti flessibili da adattarsi di volta in volta alle peculiari situazioni dei pazienti. Anche l'affidamento del farmaco deve essere modulato di conseguenza per ogni situazione e per ogni acquisizione che i pazienti mostrano di ottenere nelle diverse fasi del programma, e costituisce di per sé elemento che aumenta notevolmente il tasso di ritenzione dei pazienti.

Un programma che deve durare a lungo deve essere accettabile, vivibile, facile da frequentarsi, e non può, da un lato pretendere che i suoi pazienti giungano a vivere una vita normale, se dall'altro la impedisce imponendo loro regole impossibili. Se un programma metadonico non concede affidamenti a chi li merita, di fatto, è improponibile, non ha alcuna possibilità di andare avanti per i tempi necessari a produrre benefici. Molti pazienti tenteranno di disimpegnarsi anzitempo dalla cura anche avendone bisogno, preferendo la maggiore libertà di movimento che l'eroina della strada consente.

_______________________________

Gruppo S.I.M.S., Febbraio 1994

J. Thomas Payte, M.D.

Elisabeth T. Khury, M.D.

In "State Methadone Treatment Guidelines"

U.S. DEPARTMENT OF HEALTH AND HUMAN SERVICES

Public Health Service

Center for Substance AbuseTreatment

Lo scopo di questo capitolo è quello di fornire alcune informmazioni di carattere clinico circa la determinazione della dose di metadone efficace nei programmi di mantenimento metadonico (MMTP). Come già in precedenza sintetizzato, fin dalle prime indicazioni di Dole e Nyswander (1966) per una dose giornaliera di 80 - 120mg., la dose del metadone è stata più spesso determinata dalla politica e dalla filosofia, piuttosto che da un vero razionale o buon giudizio clinico. Così si verifica una gran varietà di pratiche nei programmi di cura per cui, per esempio, gli studi di D'Aunno e Vaughn (1992) mostrano che più del 50% dei pazienti negli Stati Uniti ricevono dosi di metadone sub ottimali, dosi che sono certamente inadeguate per prevenire l'uso continuato di droghe illecite. E' successo che certi programmi o interi Stati sono stati identificati per la loro filosofia sulla dose, come programmi "ad alto dosaggio" o "a basso dosaggio". La fazione del basso dosaggio ha spesso assunto l'identità che ricorda quella di un genitore inflessibile, preoccupato e conservatore, in contrapposizione con quella dell'alto dosaggio attribuibile ad un genitore, invece, permissivo.

Le evidenze presentate in questa sezione dimostrano che la pratica di somministrare dosi subterapeutiche è comune a molti programmi. D'altro canto, ci sono studi che hanno dimostrato che una dose adeguata di metadone, determinata individualmente, esita in un ridotto uso di droghe illecite e migliora il tasso di ritenzione dei pazienti in trattamento. Forse i termini "bassa dose" o "alta dose" dovrebbero essere completamente abbandonati e sostituiti con "dose adeguata". E' chiaro che la determinazione della giusta dose di metadone deve sempre essere una questione di giudizio clinico da parte di un medico esperto nel momento che ha di fronte il suo paziente. Stabilire quale sia la dose terapeutica del metadone, come per qualsiasi altro farmaco, non può essere problema che possa essere regolato da agenzie regolatorie o da politiche legislative.

Principi basilari

Detto nei termini più semplici la dose è assai, solo se è sufficiente per produrre la risposta desiderata nel paziente, per il tempo desiderato, con un margine di tolleranza di efficacia e sicurezza.

Cosa si intende per risposta desiderata?

I seguenti sono effetti clinici attesi che Kreek (1987) descrive come "importanti effetti separati" del metadone. La realizzazione di questi tre effetti fornisce una ragionevole sicurezza che il metadone è disponibile in ogni momento nei siti recettoriali voluti, e che produce una condizione di "stady-state". E sono:

Quanto è assai?

La maggior parte dei pazienti finirà per attestarsi in un range di dosi efficaci. Si pensa che la soglia bassa di tale range sia intorno ai 50mg., limite accettato largamente come dose minima efficace per la maggior parte dei casi (GAO 1990).

La dose ottimale per la maggior parte dei pazienti è di 80mg. ( ± 20mg.) Alcuni pazienti possono andar bene con 50mg. Altri possono aver bisogno di più di 100mg. Ogni caso va valutato individualmente.

John Ball e Alan Ross (1991) hanno chiaramente dimostrato una relazione inversa fra la dose del metadone e il recente uso di eroina. La figura 1 mostra uno studio su 407 pazienti in mantenimento metadonico. Questi dati suffragano la premessa che dosi basse di metadone non sono altrettanto efficaci di quelle alte o adeguate per favorire l'astinenza dall'uso illecito di eroina fra i pazienti in trattamento.

Tav. 1. Rischio relativo all'abbandono del programma

Dose di metadone (mg.)

ProbabiltàProbabilità di abbandono (%)

Meno di 60

100

60 - 70

47

80+

21

Caplehorn e Bell in Australia (1991) hanno dimostrato l'importanza della dose per la ritenzione dei pazienti in trattamento metadonico di mantenimento. Pazienti a 80mg. ed oltre avevano doppia probabilità di restare in cura di quelli a 60-79mg., che a loro volta avevano probabilità doppia di restare in cura rispetto a quelli al di sotto dei 60mg. (vedi tav. 1).

L'importanza di trattenere i pazienti in trattamento, come predittore di risultati favorevoli, verrà discussa in altra sezione.

I due studi precedenti dimostrano chiaramente i benefici attribuibili alle dosi adeguate di metadone. Oltre a facilitare l'astinenza dall'eroina e la permanenza in trattamento deve essere puntualizzato il ruolo cruciale di un adeguato trattamento metadonico nel ridurre la diffusione dell'infezione da HIV. Questa ulteriore minaccia rende la pratica di adeguati trattamenti metadonici una questione di altissima priorità.

Misurando i diversi effetti benefici delle dosi adeguate, si dovrebbe tenere presente che le migliori risposte nei programmi si sono verificate a dosi di 80 mg. o superiori.

Un altro studio recente dall'Inghilterra mostra una relazione lineare fra la dose di metadone e la sua concentrazione plasmatica (fig:.2). La figura 2 rappresenta un adattamento dei dati di Caplehorn e Bell, che sono stati presentati come tendenze, attraverso una linearità schematizzata, allo scopo di illustrare graficamente l'interessante relazione possibile fra ciò che appare il livello plasmatioco giusto e la dose ottimale. Kim Wollf e coll. (1991) hanno mostrato che i livelli plasmatici medi ad una dose di 80mg. sono vicini a 400 ng/ml, che come vedremo più avanti in questa sezione, è il livello ritenuto un valore mediamente efficace.

Questi dati, unitamente a numerose osservazioni cliniche portate avanti in tre continenti, convergono tutti verso una comune conclusione sui diversi aspetti e sulla pratica della determinazione delle dosi. E' utile dunque ripetere che questa pratica non può essere determinata dall'adozione di politiche a nessun livello, sia di programma, di Stato o Federale, e che, tenuto presente che le dosi si aggirano usualmente fra gli 80 e i 120 mg., la determinazione di una dose appropriata per ogni singolo paziente, deve sempre essere fatta su base clinica da un medico esperto.

Le dosi e le confezioni disponibili (sul mercato USA, ndr)

Il metadone HCL è fornito per l'uso negli MMTP in quattro confezioni:

La dose iniziale e la fase di induzione

La dose iniziale di metadone viene somministrata per eliminare una parte della SA (Martin er al. 1991), e fornisce la base per decisioni succesivesuccessive e conseguenti utili nella fase di induzione. Lo scopo immediato della somministrazione è quello di rilevare completamente ogni sintomo della SA. Dopo che il completo sollievo sia stato ottenuto, il processo di induzione può continuare a passi più lenti fino a raggiungere la dose terapeutica di mantenimento.

Ma, in dettaglio, prima ancora di somministrare la prima dose, la storia e l'esame fisico del paziente devono chiaramente mostrare la sua dipendenza fisiologica dagli oppiodi. Eccezioni possono essere fatte nei confronti di donne gravide o pazienti che presentano affezioni di tipo cronico. La storia ed il primo esame fisico deve suffragare al medico che il paziente è eligibile per un programma metadonico di mantenimento, e che tale trattamento, per valutazione clinica, è a lui adatto. In accordo con la pratica medica corrente, le basi della valutazione clinica devono essere registrate in cartella. Può anche essere necessario verificare che il paziente abbia i requisiti che variano da Stato a Stato per essere ammmessoammesso.

Tornando alla dose iniziale, essa deve basarsi sulla valutazione del medico della storia del paziente, delle sue attuali condizioni fisiche, tenendo conto della situazione locale e della relativa purezza dell'eroina mediamente reperibile. Il suo effetto, e quello delle eventuali aggiunte iniziali, deve essere la riduzione o l'eliminazione dell'appetizione compulsiva (craving). Allo stesso tempo non deve produrre sedazione o euforia. Ci sarà tempo più tardi per aumentare la dose, se c'è bisogno di più metadone, e non è sempre facile ridurre una dose una volta somministrata. Il legittimo desiderio del medico di eliminare completamente la sofferenza del paziente deve anche tener conto di alcune misure di sicurezza.

Dopo aver puntualizzato la necessità della determinazione individualizzata della dose, andremo a fare alcune precisazioni fornendo alcune quantizzazioni specifiche. Sono raccomandazioni che porgiamo al medico nuovo impegnato nel settore, che abbisogna di alcune indicazioni per determinare la dose iniziale. Naturalmente si tratta di indicazioni per quantità sicure e prudenziali che comunque non vengono proposte come linee guida rigide.

Se il candidato paziente è attivo in eroina e mostra una radicata dipendenza fisiologica, una dose iniziale di 20/30mg. è generalmente sicura. In qualche caso di riammissione di un paziente attivo e conosciuto, il giudizio medico può arrivare a dosi leggermente superiori.

Se invece ci sono dubbi circa la presenza di una dipendenza fisiologica stabilizzata e l'esistenza di un certo grado di tolleranza, può essere indicata una dose di soli 10mg., ma è essenziale, in questo caso, che il medico si accerti di aver rimosso completamente i sintomi astinenziali, specificatamente il craving, senza per altro avere indotto sedazione o euforia.

La storia del paziente relativa alla via di somministrazione dei narcotici può essere importante ai fini della determinazione della dose iniziale. In alternative alla via iniettiva, l'eroina può essere assunta per via intranasale. La polvere viene "sniffata" e si dissolve venendo a contatto con le membrane nasali umide di mucose. L'eroina può anche essere fumata mista al tabacco di una sigaretta. L'espressione "tallonare il dragone" si riferisce all'inalazione del vapore prodotto riscaldando l'eroina su un foglio di alluminio. Raramente l'eroina è assunta per bocca, sebbene l'assunzione orale di altri oppioidi è abbastanza comune.

Una dipendenza a qualsiasi narcotico assunto per via endovenosa è normalmente più forte di quella provocata da somministrazioni per altra via e un IDU (Intravenas Drug User) ha generalmente una maggiore tolleranza rispetto a uno "sniffatore".

Un numero crescente di tossicodipendenti, specialmente nelle aree urbane, cercano di evitare gli aghi, per paura dell'infezione da HIV. Possono comunque presentare una seria e debilitante assuefazione ai narcotici anche se non usano la via parenterale. Per esempio, una pratica per via nasale o di inalazione di eroina per 100$ al giorno può richiedere, nella fase di induzione, 20/30mg. di metadone, piuttosto di 40/50 per un paziente IDU.

Dosi addizionale nella prima fase

Dopo ingestione orale di una dose di metadone, il massimo livello plasmatico viene raggiunto normalmente dopo 3/4 ore. Pertanto, dopo 3/4 ore dalla prima dose iniziale si possono somministrare dosi aggiuntive se i signi o sintomi della SA sono ancora presenti. La dose aggiuntiva va sempre stabilita individualmente, ma si aggira più o meno sui 10mg. La procedura può essere ripetuta fino a quando la SA è stata completamente rimossa. Il procedimento di induzione è riassunto in tav. 2. Da questo momento in poi le dosi variano a seconda della soglia di tolleranza, la severità della pratica tossicomanica, e lo stato mentale del paziente, con riferimento, per esempio, alle sue paure o alle sue aspettative.

L'induzione

La review sulla farmacologia ci suggerisce che lo stady-state viene raggiunto in termpi da 4 a 5 volte l'emivita di qualsiasi farmaco considerato. Nel caso del metadone l'emivita è normalmente di oltre 24 ore (da 15 a 55) (Baselt 1982). Si può dunque ritenere che nel giro di 4/5 giorni, fino a un massimo di 10, lo stady-state del mantenimento possa essere raggiunto. L'utilità clinica di questo principio può aiutare sia il medico che il paziente a stabilire la dose adeguata. Ma, prima che lo stady-state venga raggiunto, anche una dose adeguata in mg. totali può non essere sufficiente a "coprire" il paziente per tutte le 24 ore. Il paziente può essere invitato a descrivere come si sente nel primo periodo da 4 a 12 ore dopo la somministrazione, rispetto alle successive da 12 a 24 ore più tardi. Un paziente che non si sente bene al risveglio durante la fase di induzione può abbisognare di tempi più lunghi per acquisire lo stady-state, ma dovrebbe essere consigliato ad aumentare la dose.

Purtroppo i programmi ambulatoriali non possono, durante la prima settimana, programmare in modo ideale gli orari per somministrazioni multiple nelle 24 ore. Duranta questa fase di induzione, lo scopo è quello di acquisire l'assenza di sintomi di carenza per tempi lunghi, unitamente a una crescente senzazione di benessere fisico ed emozionale. Se la dose stabilizzante iniziale è subterapeutica (inferiore ai 50mg.) il medico intraprenderà una graduale scalata, usualmente di 10mg. ogni 7/10 giorni, verso livelli superiori fino a raggiungere la dose ottimale per quel paziente. E' importante considerare che la dose appropriata non deve essere stabilita soltanto con mezzi oggettivi. Come il dolore, anche la SA precoce è del tutto soggettiva. Ovviamente il medico sa riconoscere la SA soggettiva in un paziente che ha le pupille a spillo, che tende ad assopirsi quando si crede inosservato, o che si graffia continuamente il naso. Può anche darsi che quel paziente stia tentando di ottenere un effetto euforico, anziché la rimozione della SA e uno stato funzionale normale.

Tav. 2. La procedura di induzione

Giorno

Ore

Dose

Note

1

.....

20-30

Usuale dose iniziale

1

3+

5-10

Sintomi oggettivi e soggettivi persistenti di SA a

1

6+

5-10

Sintomi oggettivi e soggettivi persistenti di SA

2

0

da 25 a 5-10 in più

Dose determinata in base alla risposta al precedente totale

2

3+

5-10

Sintomi oggettivi e soggettivi persistenti di SA

3

0

da 25 a 5-10 in più del precedente totale

Dose determinata in ( in base alla risposta al precedente totale

4-10

0

da 25 a 5-10 in più del precedente totale

Incrementi giornalieri fino ad un tetto predeterminato che il medico, a suo giudizio, può voler superare b

a Sindrome di astinenzab Gli aumenti devono essere fatti per il tempo necessario per raggiungere lo stady-state (fino a 10 giorni).

Elementi oggettivi quali pressione sanguigna, temperatura, pulsazioni, diametro pupillare, riflessi muscolari, lievi tremori o motilità intestinale, possono essere utili al medico al fine di determinare un dosaggio nelle fasi precoci del programma. Ma sono gli elementi soggettivi, come irrequietezza, irritabilità, disordini del sonno, ansia, depressione, e appetizione per la droga, che hanno maggiore utilità nel processo di aggiustamento sottile della dose, al fine ultimo di ottenere dal trattamento i benefici ottimali.

La fase di induzione è terminata quando la dose resta stabile per più di una settimana ed è ritenuta adeguata sia dal medico che dal paziente.

La fase di mantenimento

La dose di mantenimento è anch'essa determinata dal medico esperto che tiene conto delle informazioni essenziali fornite dal paziente, e dovrebbe comunque essere tale da produrre gli effetti desiderati per un periodo di oltre 24 ore, con un margine di tolleranza per eventuali fluttuazioni giornaliere di assorbimento ed eliminazione.

Nella maggior parte dei casi, la dose di mantenimento può essere stabilita attraverso osservazioni cliniche. Ci sono casi nei quali lo stabilire i livelli plasmatici può essere d'aiuto. Per fortuna, con la cromatografia a gas liquido, questi esami stanno diventando più accessibili e precisi ($ 40/60) (Borg et al. 1992) e possono essere di grande utilità per individualizzare al massimo le dosi di farmaco, assicurando al tempo stesso che queste siano adeguate.

La durata della fase di mantenimento varia da pochi mesi a molti anni. Il mantenimento metadonico dovrebbe continuare fino a quando il paziente lo desidera e ne ricava risultati.

Durante questa fase molti pazienti possono assumere la stessa dose per anni. Altri possono richiedere degli aggiustamenti. Periodi contrassegnati da stress crescente, lavoro duro, fattori ambientali negativi, larga disponibilità di droghe, o da un aumento dell'appetizione, possono portare alla decisione di aumentare la dose abituale, sia per tempi determinati che più lunghi. Se si verificano ansia o depressione, anche se causate da fattori scatenanti quali la perdita di lavoro, divorzio, contrarietà, ecc., un aggiustamento della dose di metadone, sia temporanea che permanente, può essere appropriata.

Anche i reperti tossicologici possono servire per determinare aggiustamenti di dosaggio, ma l'intervista dei pazienti ed il rapporto di counseling sono prioritari.

Per coloro, specialmente se nuovi ammessi, che continuano l'uso di eroina, non dovrebbero esserci esitazioni all'aggiustmanentoall’aggiustamento della dose verso livelli superiori e più appropriati. E' cruciale che il medico osservi la relazione che c'è fra una dose non adeguata ed il continuo ricorso all'eroina e le infezioni da HIV. Il metadone, usato correttamente, è un'arma essenziale per contenere il diffondersi dell'HIV e dell'AIDS.

Quando il paziente in mantenimento stabile chiede di ridurre la sua dose corrente, è importante che il medico esplori a fondo i motivi della richiesta. Può darsi che un paziente ritenga di far bene anche a dosi inferiori, oppure può cercare di rispondere a pressioni dall'esterno a liberarsi del farmaco. Spesso i pazienti credono che quelli a "basso dosaggio" siano pazienti migliori di quelli ad "alto". Queste situazioni richiedono che il medico o altri membri dello staff facciano un buon lavoro di counseling per orientare meglio i pazienti e i suoi familiari più prossimi.

E' opinione degli autori che il metadone debba sempre essere considerato un farmaco e che la determinazione delle dosi sia sempre una questione clinica che il medico affronta in cooperazione con il paziente, e con altri membri competenti dello staff. Qualsiasi manovra sulle dosi, sia in aumento che in diminuzione, che venga considerata come rinforzo comportamentale positivo negativo, deve assolutamente essere considerata non appropriata. La cosidettacosiddetta "contrattazione" a proposito del farmaco non trova posto nella pratica terapeutica della medicina clinica. L'aumento della dose del metadone non può essere paragonata ad un supplemento di dessert per favorire un buon comportamento. Questa opinione non è condivisa da tutti gli operatori, e sull'argomento esiste una controversia. Per esempio Maxine Stitzer (1986) ha fatto un notevole lavoro nel campo delle procedure incentivanti basate sulle variazioni di dosaggio. Un altro esempio di ricerche su questo argomento è l'articolo di McCarty e Borders (1985). Questa controversia tende ad opporre in questo campo il modello comportamentale a quello medico. Ma i due modelli non sono incompatibili e possono essere addirittura complementari.

Le fasi della determinazione delle dosi di metadone sono riassunte in tav. 3.

Iper e ipo dosaggio del metadone

Tavola 3 - Variazioni di dose raccomandati in corso di trattamento

Fase

Scopo

Range

Dose iniziale

Rimuove la sindrome di astinenza

20-40 mg.

Prima induzione

Raggiunge la soglia di tolleranza

+/- 5-10 mg. (3-24 ore)

Induzione seguente

Determina la dose adeguata (effetto voluto)

+/- 5-10 mg. (5-10 giorni)

Mantenimento

Mantiene gli effetti voluti (stady-state occupazione recettori per gli oppiacei)

Usualmente 80 +/- 20 mg. (A volte più di 100 o meno di 50)

I segni e i sintomi associati alla completa carenza o all'overdose da oppioidi sono ben conosciuti. I cambiamenti associati al sovradosaggio o al sottodosaggio, invece, sono meno drammatici, e a volte di natura soggettiva. Il lieve fino al moderato sovradosaggio può esitare in miosi pupillare associata a leggera sedazione. Il paziente può tendere a grattarsi la faccia. Il naso, in particolare. La sedazione può non essere del tutto evidente e, in qualche caso, il paziente si sente leggermente stimolato. Quelli più recentemente ammessi possono lamentare nausea. Ma a una dose costante, questi sintomi tendono a sparire con lo sviluppo della tolleranza. Se si riscontra che la dose è troppo elevata si può procedere ad una sua riduzione, avendo cura di spiegare accuratamente il motivo al paziente, ammenoché non si stia usando la tecnica a cieco.

Il minimo o lieve sovradosaggio può risolversi in un problema di maggiore portata. Nel tempo in cui il paziente sperimenta gli effetti di una dose leggermente superiore a quella della soglia di tolleranza, egli beneficia di un ben definito, seppure leggero senso di benessere. Crescono in lui o lei energia e motivazioni, tanto che sorge in loro la voglia, per esempio, di pulire la casa o incerare la macchina. E' molto importante che i pazienti non attribuiscano queste sensazioni al farmaco, come era il caso dell'euforia o della sedazione dovuta all'eroina. Il paziente può associare questo senso di benessere con la normalità. Di qui il termine "l'anormale normalità del tossicodipendente", che è la situazione vissuta dopo una dose euforigena di eroina o di metadone. E con il metadone questo stato dura molto più a lungo. Ma quando l'effetto finisce, finiscono anche l'esagerato senso di benessere, l'energia e le motivazioni. E' questo il vero stato normale del paziente, che può essere descritto come una completa consapevolezza di se e del suo ambiente esterno. In questa situazione il paziente è normale, ma se non è ben stabilizzato, ben presto crede di cominciare a star male.

Quando ulteriore tolleranza si sviluppa, l'anormale senso di anormalità non viene più avvertito e il paziente reclama che la dose non lo copre più e che ha bisogno di un aumento. Se questo viene concesso, c'è un breve ritorno a quella che il paziente crede essere la normalità. Ma questo ritorno è di breve durata e dipende dalla dose somministrata in ecceso e dalla soglia di tolleranza, che sarà innalzata dal nuovo livello di dosaggio. E il paziente, allora, torna a lamentarsi e vuole più metadone.

E' importante che il medico e lo staff siano consapevoli di questo fenomeno, per spiegarlo accuratamente anche al paziente, il quale riferendosi alle precedenti esperienze con l'eroina, può imparare a riconoscere il problema e a facilitare la stabilizzazione.

Il paziente sottodosato, per contro, è facile da individuare. Presenta midriasi, sbadiglia, ha rinorrea, lacrimazione e brividi. Inoltre lamenta ansia, insonnia, voglia di droga ed attua comportamento tossicomanico. Per questo non è affatto possibile, ai fini di un aumento del dosaggio, riferirsi soltanto ad osservazioni oggettive.

Tav. 4 - Farmaci specifici che acccellerano il metabolismo del metadone

Farmaco

Meccanismo

Effetto

Referenze

Rifampicina

induzione MEOSa

SAb

Kreek et al. 1976

Fenitoina

MEOS

SA

Tong et al. 1981

Alcool etilico

MEOS

Potenziamento, poi SA

Kreek 1981

Barbituricic

MEO

SA

Liu e Wang 1984

Carbamazepina

MEOS

SA

Kuhn, Halikas e Kemp 1989, Payte 1990

Agonisti/antagonisti per gli oppiodi

Spiazzano gli oppiodi dai recettori

SA

Zweben e Payte 1990

Quando la dose non "copre" il paziente

Tutta una serie di lamentele può indicare che è il caso di aumentare la dose di metadone. Per esempio "quando mi sveglio sto male; sento la voglia di farmi; mi faccio"Molte possono essere le ragioni per le quali un paziente stabilizzato può avere problemi relativi alla dose. Forse la causa più frequente è l'ingestione di altre sostanze, specialmente di alcool. Ogni farmaco che stimula la ossidasi degli enzimi microsomiali epatici può accellerare il metabolismo del metadone. Questo effetto può essere prodotto anche dai barbiturici e dai sedativi ipnoinducenti.

Farmaci specifici conosciuti per la proprietà di accellerare la metabolizzazione del metadone, e al tempo stesso di precipitare la SA sono il rifampin (Tong et. al. 1981), phenitoyn (Dilantin) (Kreek 1978), la carbamazepina (Tecredol) (vedi tav. 4).

A. J. Saxon (1989) ha suggerito che l'acido valproico, a differenza degli altri anticonvulsivanti, non ha effetti sul metabolismo del metadone. L'osservazione, però, era basata su due casi soltanto, e il medico considererà l'acido valproico se deve scegliere fra le convulsioni e la SA.

L'incauta somministrazione di agonisti/antagonisti può precipitare la SA per un meccanismo totalmente diverso (vedi tav. 4).

Cambiamenti ambientali possono favorire nel paziente la sensazione che la dose non è sufficiente e che il craving sta crescendo. Eventi che aumentano la disponibilità di droghe, come per esempio un altro tossicomane che si trasferisce nella stessa casa, o un "contatto" che si apre nelle vicinanze, possono accentuare il senso di craving. In tali casi un aumento della dose può essere appropriato, sebbene possano essere fatti sforzi per rimuovere gli eventi scatenanti, piuttosto che affidarsi esclusivamente all'aumento del farmaco.

Parallelamente, la diminuita disponibilità di droghe, per esempio in carcere, può determinare una diminuzione del craving.

 

400ng/ml di concentrazione plasmatica di metadone è necessaria per sopprimere ogni ulteriore azione degli oppiacei e per realizzare una adeguata stabilizzazione di mantenimento".

 

In assenza di assunzione di farmaci, di poliabuso di sostanze e di eventi ambientali, se un paziente non ottiene facilmente la stabilizzazione, si può considerare la misurazione dei livelli plasmatici. La figura 3 costituisce una approssimazione di una tipica curva di livelli plasmatici nelle 24 ore dopo l'ultima dose. I dati per la rappresentazione grafica sono derivati dalla media di una serie di Inturrisi e Verebey (1972), e un'altra della Kreek (1973).

Tutte e due le serie mostrano chiaramente che il livello di picco è meno che due volte quello medio. Questa relazione è importante per il medico che interpreta i livelli plasmatici del metadone.

Attualmente 150ng/ml sono considerati come la soglia più bassa per il mantenimento dello stady-state (Dole 1988). Il livello ottimale medio nelle 24 ore può trovarsi nel range di 400ng/ml (Goldstein pers. com. 1991; Kreek 1973; Tennant 1987; Wolff et al. 1991). Loimer e colleghi (1991) suggeriscono che "La dose ottimale è quella alla quale c'è abbastanza metadone in circolo da provvedere una costante disponibilità per i recettori per gli oppiacei. I dati per la curva inferiore della figura 3 sono basati sull'esperienza con un paziente a 80mg. di metadone che però continuava a lementarelamentare in modo persistente di stare male al risveglio e di avere notevole appetizione per le droghe. Questo paziente ha risposto ad un aumento di dose.

La figura 4 illustra l'esperienza di un paziente con bassi livelli plasmatici a 0 e 24 ore con un picco, sebbene nei valori normali, alto rispetto alla bassa concentrazione media. Nella figura, il picco è più alto di tre volte la base, e le porzioni della curva relative all'assorbimento e all'eliminazione sono molto più ripide, ad indicare un rapido cambiamento di condizione. In tale situazione clinica è probabile che il tasso di cambiamento sia altrettanto, o addirittura più accentuato, delle cifre stesse in senso assoluto (vedi fig. 4). Se la dose viene aumentata nel tentativo di portare su il livello 0 - 24 ore, il picco può risultare eccessivo, esagerando così la curva già anormale.

Dato per scontato che non si conosce la causa di tale eliminazione rapida (farmaci, pH urinario, ecc.), può essere utile un frazionamento della dose in due tempi per evitare di avere il paziente sovraddosato per poche ore, normale per un periodo, e che si sente male o si sveglia in cattive condizioni nelle ore successive. La figura 4 simulamostra la risposta di una somministrazione in due tempi in due cosiddetti "metabolizzatori veloci". In tutti e due i casi la dose totale nelle 24 ore è la stessa, ma anche l'area sotto la curva praticamente non cambia di molto. Ciò che cambia è che, sia il punto più basso e quello più alto della somministrazione unica sono stati eliminati, il ché risulta in una risposta clinica più lineare associata all'appiattimento della curva.

L'eliminazione del metadone attraverso i reni è pH dipendente. Ci sono studi che mostrano come alterando il pH da molto acido a molto alcalino, l'emivita del metadone può variare da 18 a 40 ore (Nilson et al. 1992). Non è stato dimostrato il significato clinico di variazioni più modeste di pH, ma si tratta di un elemento che merita considerazioni in presenza di un paziente che non ottiene dal metadone gli effetti per tutte le 24 ore.

 

IL DOLO

IL DOLORE NEL MANTENIMENTO METADONICO

Dolore acuto

Spesso il paziente in programma di mantenimento metadonico ha bisogno di cure mediche, di operazioni chirurgiche o di cure dentarie. Tutti interventi che avvengono al di fuori del suo programma. In condizione di dolore o in eventi che lo causano, spesso si incorre in gravi errori, che hanno come risultato quello di non trattare affatto, o comunque non adeguatamente, il dolore.

Il medico disinformato è portato a credere che un paziente che assume 80mg. di metadone al giorno non ha bisogno di nient'altro per un eventuale dolore. Questo è un errore. Deve essere molto chiaro che un paziente in metadone è completamente tollerante alla sua dose di mantenimentio e non ha nessun effetto analgesico dalla somministrazione abituale e stabile.

Un altro errore clinico frequente è basato sulla convinzione che qualsiasi esposizione all'analgesico agonista oppioide, in qualche modo possa aggravare il problema dell'assuefazione. Questa convinzione può avere un fondamento se si considera che è successo che ex eroinomani in remissione o recupero sono ricaduti nell'autosomministrazione di oppiodi illeciti dopo che gli sono stati somministrati narcotici. Nell'esperienza degli autori questi problemi si verificano il più delle volte quando il medico non conosce la storia del paziente, e quando questo, mosso dalla temporanea situazione di dolore, è costretto a prendere parte attiva alla ricerca del narcotico.

Nel 1980, Kantor e coll. hanno paragonato un gruppo di pazienti in mantenimento metadonico esposti a consistenti dosi di analgesici narcotici nel corso di trattamenti ospedalieri, a un gruppo di pazienti in mantenimento non esposti a tali esposizione. I pazienti sono stati seguiti per una media di 20 mesi e il gruppoogruppo esposto non ha mostrato significative differenza dai controlli.

Il trattamento inadeguato del dolore nel paziente in mantenimento generalmente conduce ad un comportamento disruttivo da parte del soggetto arrabbiato e spaventato, che tende a non fidarsi più del consiglio medico, spesso a detrimento delle sue stesse condizioni di salute (Zwebewn e Payte 1990).

I principi del trattamento del dolore acuto nei pazienti in mantenimento metadonico sono abbastanza semplici:

Non è infrequente che i pazienti richiedano un aumento dell'abituale dose di metadone nel corso di un episodio. L’aumento della dose può risolvere il problema per circa 6 ore, ma in genere, i narcotici d azione rapida, se usati appropriatamente, sono efficaci. Naturalmente, a causa della tolleranza crociata con il metadone, sarà necessario usarli in dosi più alte e più frequenti. I medici ospedalieri possono abbisognare di istruzioni e di essere rassicurati da un professionista del ramo, dal momento che non sono abituati ad usare tali dosi di narcotici. Altri possono divenire critici, indisposti e punitivi, e togliere il farmaco. La maggior parte delle possibili situazioni spiacevolìspiacevoli può essere evitata discutendo il trattamento del dolore con il medico e con il paziente, meglio se prima dell'intervento.

 

Dolore cronico (benigno)

Il dolore cronico in se stesso è uno dei problemi clinici più difficili che capita di incontrare nella pratica medica. La dipendenza primaria da oppiodioppioidi (a differenza di quella secondaria di carattere iatrogeno derivata da un problema di dolore), osservata in combinazione con il dolore cronico, è particolarmente problematica.

E bene riferirsi ad un centro specializzato nel trattamento del dolore, poiché il paziente in mantenimento metadonico è un candidato alla magiormaggior parte delle tecniche usate in tali centri, come le procedure neuroablative, il biofeedback, l'agopuntura, la psicoterapia ed altre procedure. Un problema comune a tale riferimento consiste nell'insistenza dell'esperto per il dolore a togliere il metadone al paziente, cosa che non è quasi mai appropriata e che spesso esiterà nel fallimento di ambedue i trattamenti sia della dipendenza che del dolore. L’esperto del dolore e quello sulla tossicodipendenza, per aver successo dovrebbero procedere con un coordinato lavoro di squadra.

Il soggetto afflitto da dolore cronico che capita di vedere nei programmi di mantenimento metadonico è spesso un paziente sul quale non hanno avuto successo numerosi trattamenti contro il dolore, ha subito parecchie procedure inutili durante interventi chirurgici, sono pertanto braccati da una severa depressione cronica, ed hanno incrementato in modo significativo il loro uso di droga. Molti di questi pazienti a doppia diagnosi sperimentano un livello di dolore cronico, unitamente a severi episodi di dolore acuto. L'esperienza degli autori, anche se ciò può sorprendere, suggerisce che tali pazienti possano beneficiare di una adeguata dose di metadone combinata con l'uso, al bisogno, di narcotici ad azione rapida. E' essenziale che il monitoraggio sia accurato, visto che si tratta di farmaci che non sono a portata di mano per un bisogno improvviso, ma che comunque bisogna essere pronti a fornire per rispondere adeguatamente agli eventuali episodi di dolore acuto.

Come nel comune trattamento del dolore con oppioidi, sia la dose che la frequenza delle somministrazioni deve essere aumentata se si vuole produrre un adeguato sollievo. Per molti di questi pazienti, però, non ci sono risposte adeguate che siano soddisfacenti, allora il trattamento è finalizzato alla contenimento del dolore e alla riduzione del danno.

Gli elementi essenziali per il trattamento del paziente affetto da dolore acuto sono il sostegno, la rassicurazione e la compassione.

Tecniche per la riduzione delle dosi

Nonostante che il mantenimento metadonico sia efficace in tempi lunghi, ci sono situazioni nelle quali, per una serie di ragioni, il paziente possa voler tentare una riduzione delle dosi come mezzo per acquisire un eventuale stato di astinenza. Sia il paziente che lo staff devono essere consapevoli dei rischi connessi, associati alla ricaduta nell’uso di droghe per iniezione. Idealmente, lo scalaggio dovrebbe essere intrapreso da un paziente fortemente motivato e già riabilitato. Si riconosce tuttavia che a volte può esserci bisogno di una riduzione delle dosi per questioni amministrative o per non compliance da parte del paziente agli standard minimi del programma, associata a comportamento antisociale. Si tratta di un passo che deve essere intrapreso molto raramente e dopo aver assai meditato. Ball (1988) ha riportato che l'82,1% dei pazienti ai quali era stato sottratto il metadone erano ricaduti nell'uso di eroina iniettata nei successivi 12 mesi. Ciò suggerisce la pratica di monitorare attentamente i pazienti e, nell'eventualità di una ricaduta, di intraprendere subito misure terapeutiche, ivi compresa, quando sia il caso, la rapida restaurazione della dose di mantenimento (ASAM 1991).

Tecniche per la prevenzione della ricaduta dovrebbero essere incluse nel counseling e nelle altre componenti del programma, sia prima che durante il processo di scalaggio. Tali tecniche strutturate possono essere utili salvaguardie, sia nel prevenire che nel preparare la ricaduta. L'uso dei gruppi di auto aiuto è fortemente raccomandato proprio per queste fasi di riduzione delle dosi.

Sebbene non ci siano riferimenti nella letteratura sul metadone che facciano supporre che il tasso di riduzione o la tecnica vadano ad influenzare la prognosi del dopo sottrazione, intesa come capacità del paziente di rimanere astinente, generalmente e per ragioni più che umane si consigliano riduzioni appropriate e lente. In periodi deliberatamente allungati, c'è una maggiore opportunità per il paziente di ripensarci e di rientrare in mantenimento prima che la recidiva si verifichi.

La riduzione a cieco offre vantaggi ed è preferita da alcuni clinici e pazienti. Tali procedure però devono essere discusse e concordate prima che si inizi la riduzione. Non è mai appropriato ridurre il metadone all'insaputa dei pazienti e senza il loro consenso. La sottrazione del farmaco non consensuale e cieca non è accettabile sia dal punto di vista clinico che etico.

La tecnica e il tasso di riduzione graduale del farmaco variano di molto a seconda dei pazienti. Gli autori hanno accumulato un'estesa esperienza nella riduzione del metadone e suggeriscono che il decremento della dose dovrebbe essere meno del 10% della tolleranza stabilita ad intervalli di 1o-14 giorni fra ogni riduzione. Dal momento che le quantità da sottrarre diventano più piccole e gli intervalli restano gli stessi, si desume facilmente che la procedura può protrarsi da molti mesi a più di un anno. Ma il tasso di riduzione può essere modulato in più o in meno a seconda della reazione del paziente, che è individuale.

A prescindere dalla velocità di riduzione, prima o poi viene raggiunto il punto al quale la perfusione l’occupazione stady state dei recettori degli oppiacei non è più completa e può verificarsi una situazione di appetizione e di craving per la droga. Tale situazione può verificarsi in ogni momento dello scalaggio, ma generalmente la si vede a dosi comprese fra i 15 e i 40mg. Alcuni pazienti molto motivati ed opportunamente forniti di un buon sistema di sostegno, possono essere in grado di continuare nella sottrazione programmata. Gli autori hanno spesso osservato che molti pazienti sembrano avere una soglia individuale minima di livello metadonico. Una soglia che spesso è il punto oltre il quale ulteriori riduzioni sono molto difficili, i pazienti diventano sintomatici, e spesso ricorrono ad altre sostanze e all'alcool per evitare la stato disforico.

Il medico e lo staff devono stare all'erta nell'individuare nel periodo di riduzione della dose l'eventuale sostituzione con altre sostanze, quali alcool, cocaina, ipnotici, sedativi ed altre sostanze non oppioidi. Questa "assuefazione sostitutiva" è spesso più devastante che quella dell'eroina, e non è affatto saggio che si instauri al posto del mantenimento metadonico, che è completamente innocuo e ben diffuso.

Alcuni medici ottengono un qualche successo utilizzando la clonidina, e in qualche caso, il naloxone (Narcan) o il naltrexone (Trexan), per le procedure di disimpegno. Discutere queste tecniche non rientra negli scopi di questo lavoro.

Conclusioni

La determinazione della dose appropriata di metadone per i pazienti in mantenimento deve essere individualizzata e riservata a un medico esperto che valuta accuratamente gli elementi oggettivi e soggettivi. La maggioranza dei pazienti risponde a dosi comprese fra gli 80 e i 120mg. Il fine deve essere il raggiungimento della dose adeguata, e le filosofie del basso o dell'alto dosaggio sono del tutto irrilevanti. L'obbiettivo principale del mantenimento metadonico consiste nelle cessazione di ogni uso di narcotici illeciti e non appropriati, con particolare riferimento alle iniezioni endovenose di eroina. E' fondamentale che, sia il medico che lo staff, siano informati sull'importanza dell'adeguatezza della dose. Si spera che nel prossimo futuro possano essere messe a disposizione su vasta scala gli esami sui livelli plasmatici di farmaco, che metteranno in grado gli operatori di seguirne la cinetica conseguente ai regimi di dosaggio, ed assicurare così la massima efficacia del trattamento.

bib

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