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GALLERIA ARTE E PENSIERI


 

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"Ultimo turno di guardia" 1999 Installazione su fortificazioni di Sermoneta (particolare) policarbonato, acrilici, legno



 

ADRIANO DI GIACOMO
GIANCARLO SCIANNELLA

 
 

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  "Argonauti" 2003 terracotta e manganese - cm. 5 1x60x29
 

INAUGURAZIONE 5 MARZO ORE 18.00


 
  Via Ostilia 3/a - 00184 Roma
orario: mercoledì - sabato 16.00 - 20.00
info: 0670024024 - 339.7092125
e-mail: artepensieriroma@libero.it
fino al 19 marzo 2004

 
     
 
ADRIANO DI GIACOMO Cos'è una città
Mi chiedo cos'è una città. Cos'è una città, mi si chiede. Molti me lo chiedono. Molti di più hanno smesso di chiedermelo, e anche di chiederselo, suppongo. Una città, già.
Cos'è una città - imbarazzante dirlo, dirselo, oggi: quest'oggi, appunto, che non è il presente del suo domani e il dopo del suo passato, ma semplicemente una fotocopia di qualcosa su cui
è caduta molta pioggia radioattiva, molto pulviscolo acido, molta incuria e un po' di indifferenza più del lecito. Mi chiedo ancora testardamente, ingenuamente, cos'è una città.
Mi telefono, mi convoco per una tavola rotonda in solitario. Mi pongo questa banalissima domanda muta. Una città, già. Beh, vediamo un po', via, cos'è oggi una città. Un fortilizio integro,
una serie di fortilizi tarlati, un alveare
arso, un volto sfregiato, una folla di volti
col cerone, un manichino immortale, un volto, un
fortilizio, un alveare, uno specchio, un'ombra
di se stessa proiettata sul muro da una catena di esplosioni postatomiche, da cariche inquantificabili di miliardi di megatoni di idiozia, di noia gasata, di furbizia
televisiva alimentata a gettoni milionari. Cos'è una città. Magari è questo, e anche peggio di questo. Peggio di se stessa. Eppure una città, se è una città, è una voce con molti suoni
che fanno un'altra voce compatta, plurale, densa, fantasiosa, vera e inafferrabile. Questa, mi dico, è una città. Una città è una flotta in viaggio dentro se stessa, nel suo mare
di pietra, d'aria, di gente che cerca la sua città individuale nel corpo della città di tutti, e se la disegna addosso come un tatuaggio indelebile, che cambia a ogni stagione e
è sempre identico malgrado ogni mutamento del sangue delle cellule dei sogni. Questo - mi chiedo - è una città? E mi rispondo: è questo e qualcosa di più, qualcosa d'altro
che forse una poesia come la presente, scritta in una delle infinite lingue della città, può aiutarmi a capire, chissà quando, e come, e dove, in una piazza o in una casa di questa
città, in un mercato, un pub, un cinema, un museo, una riunione di persone che si chiedono ancora, ancora, disperatamente, cos'è una città, e vanno a dormire per non dimenticare, per non far finta
che una città sia solo questo non luogo a procedere dove tutte le facce si somigliano e la città è scomparsa.
Mario Lunetta
(per Adriano Di Giacomo)
 

Adriano Di Giacomo

N ato in Lucania nel 1948, vive e lavora tra Roma e Ancona. Dopo l'Istituto d'Arte di Ancona, diretto da Edgardo Mannucci, si diploma presso la Scuola Superiore di Disegno Anatomico della Facoltà di Medicina dell'Università di Bologna e, suc­cessivamente, consegue l'Alta Formazione presso l'Accademia di Belle Arti di Roma nella Sezione di Pericle Fazzini discutendo con Vivaldi una tesi sul Futurismo. Ordinario di Disegno e Storia dell'Arte nei licei di Stato consegue diversi Perfezionamenti presso l'Università di Firenze, nella Facoltà di Scienze della Formazione, ed il recente Perfezionamento in Didattica Museale a RomaTre. Ha collaborato con istituzioni universitarie e in pubblicazioni con la FAO. È fondatore di Associazioni Culturali per l'Arte Contemporanea e promotore di eventi artistici e culturali.
Espone da giovanissimo, già nel '68 al Premio Sassoferrato (AN) e nel '69 a Bologna è presente al Museo Civico nell'ambito di "Proposta per una Manifestazione/Incontro", nel corso degli anni è stato costante­mente presente in oltre duecento mostre personali e collettive in Italia ed all'estero in esposizioni e con installazioni ed è presente in numerose situazioni sul web. Sue opere sono presenti in diversi musei di importanza anche nazionale:
-Collezione Comunale d'Arte Contemporanea, Sabaudia, (LT); -Mystique Museum - Malta; -Museo della Grafica di Bagnacavallo (RA); -Galleria Comunale di Spello (PG); -Museo della Carta di Fabriano (AN); -Collezione Cafe Mozart, Milano; -Galleria Comunale Arte Moderna,Contemporanea Spoleto (PG); -Collezione Banca Popolare di Milano; -Collezione Civica di Stato Città di Gyor, Ungheria; -Collezione CazzaviIlan.Storico Ristorante "La Colomba", (VE); -Museo Provinciale "Parco S. Margherita" CERP, (PG); -Museo Comunale dell'Informazione Città di Senigallia, Ancona; -Museo Comunale di Praia a Mare (CS); -Collezione Imagery, Bari; -Collezione Dobfar, Anagni/Milano; -Collezione Civica Museo di Termoli; -Collezione Centro Doc."Lavatoio Contumaciale" Roma; -Galleria Comunale d'Arte Cassino (Biennale del Libro); -Collezione Albornoz/Tulli, Spoleto (PG); -Collezione ArtEhotel, Perugia; -Museo Artisti Italiani a Durazzo in preparazione; -Museo Bargellini, Pieve di Cento (BO) e documentazione biografica è reperibile negli archivi di rilevanti istitu­zioni del settore come L'Archivio della Biennale di Venezia, del Comune di Roma, del Pecci di Prato, in Ungheria, Germania (Kassel), Francia, Inghilterra (Tate), ecc. Numerosi gli scritti e le note critiche di studiosi e storici dell'Arte sul suo operato.
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"Hypcrthermia" 1995 vista d'insieme
Gyòr - Ungheria
 
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"Passaggio" 2003
acrilici su pvc, policarbonato, cavi
cm.80x60

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"Zattera" 2003 terracotta e manganese
cm. 75x50x50
GIANCARLO SCIANNELLA
Teatri della fantasia
Semplicemente vero come la terra. Naturalmente caldo come il fuoco. Fascinosamente narrante come una favola: così mi appare il lavoro di Giancarlo Sciannella qui proposto nel suo ciclo più recente dedicato al viaggio. E difatti intitola Zattera, Argonauti, Approdo, le opere del 2003 che espone a evocare un viaggio per mare, raccontato però per via di terra(cotta) dipinta e invetriata di piccolo formato, con una familiarità e immediatezza immaginativa in certo modo arcaica in quanto antica, primitiva nel senso di anteriore all'epoca presente, ed essenziale. Perché mai Sciannella sente il bisogno di appoggiare alla parete questi "teatrini" della fantasia, mi sono chiesta. Forse per una sua connatura­ta sensibilità pittorica: ciò è probabile. E forse anche per una sponta­nea propensione a coniugare pittura a scultura nella maniera più sem­plice e naturale, per cui la parete evoca il muro o la montagna su cui gli uomini antichi più creativi e capaci graffiavano scene dense di forza propiziatoria: anche questo è probabile ma non certo. Mi sembra evi­dente tuttavia che Sciannella dimostri nel suo lavoro, e questo sempre direi, una sensibilità materica tanto asciutta quanto spiccatamente pit­torica che si riverbera più che sul colore in sé, dato dall'argilla e dai pigmenti fusi in un'unica cottura, sulla luce che avvolge l'opera come fosse un soffio, un respiro che l'anima; e proprio la luce interviene a caratterizzare definitivamente lo spazio in senso colloquiale, ravvicina­to, intimo, riflessivo e intelligente.
Altrettanto evidente mi pare che la propiziazione del viaggio qui pro­posta non sia affatto d'ordine fisico quanto piuttosto mentale: il viag­gio a cui l'opera allude è il viaggio dell'uomo in se stesso, quello miti­co di Ulisse verso Itaca. E il sé cui Sciannella rimanda credo sia soprat­tutto il sé affettivo.
Le scene qui proposte si configurano spazialmente come su una sorta di palcoscenico avente almeno una parete di riferimento e un pavi­mento perpendicolare al muro che lo supporta, sul quale campeggia­no longilinei inserti fittili ad incasso, anche loro, come il resto, local­mente pigmentati in nero. Proprio gli inserti evocano figure dialoganti e improbabili arredi. L'uomo, che pur sempre incombe, mai vi è rap­presentato in modo esplicito. E come nei ritrovamenti archeologici gli utensìli e gli ambienti richiamano l'uomo coevo, così queste sculture di Sciannella evocano qualità percettive di rapporto umano. Non parlo di un umano contrapposto a un post-human. Di una natura cioè contrap­posta alla scienza e alla tecnologia in maniera romantica oppure ideo­logica, per la poetica di Sciannella. Parlo piuttosto di una freschezza espressiva di spontanea impronta antropologica i cui termini massimi in Italia si riscontrano ad esempio nell'opera di Arturo Martini certa­mente, o per altri versi in quella di Luigi Mainolfi; e che Sciannella riconduce in maniera originale a una natura sotto forma di lirica astra­zione.
Manuela Crescentini
Giancarlo Sciannella
N ato a Castelli (Te) nel 1943, vive e lavora a Roma. Mostre per­sonali: 1967, Galleria San Giorgio, Teramo. 1984, Galleria Labirinto, Montorio al Vomano (Te). 1990, Oratorio di San Sebastiano, Forlì; Galleria Bottega del Quadro, Bergamo. 1991, Associazione Operatori Culturali Flaminia 58, Roma. 1995, Associazione Operatori Culturali Flaminia 58, Roma. 1996, Galleria Mari, Imbersago (Le). 1999, Galleria Monogramma, Roma. 2003, Museo delle Ceramiche, Castelli (Te). 2004, Galleria Arte e Pensieri, Roma. Principali mostre collettive: 1976, "Concorso internazionale della cera­mica d'arte contemporanea", Faenza (Ra); "Chunichi internazionale della ceramica d'arte contemporanea", Giappone. 1980, "Biennale internazionale della ceramica d'arte contemporanea", Vallauris (Francia). 1982, "La terra del fuoco", Roma. 1984, "Triennale interna­zionale", Milano. 1985, "Una nuovissima generazione nell'arte italiana", Siena. 1986, "Evocazioni", Gualdo Tadino (Pg). 1987, "Artetempo", Castelli (Te); "Alternative Attuali/Abruzzo 87", L'Aquila; "Rizoma, radi­ci nel contemporaneo", Napoli. 1988, "Mare & mare", Napoli; "Arte, il pieno e il vuoto", Albano Laziale e Genzano (Rm). 1989, "Fossato arte '89", Fossato di Vico (Pg). 1990, "Con fuoco", Francoforte sul Meno (Germania); "Pittura e scultura al centro", Celano (Aq). 1991, "Premio Michetti", Francavilla al Mare (Ch). 1992, "International exhibition of contemporary ceramic art", Taipey (Cina). 1993, "Ceramiche italiane contemporanee", Tokio (Giappone); "Fiumara d'arte", Castel di Tusa (Ms). 1996, "Luoghi del tempo",Aprilia (Lt); "Biennale d'arte sacra", San Gabriele (Te). 1999, "Epicaforma", Toronto (Canada); "Premio Vasto", Vasto (Ch). 2000, "Itinerari d'arte", Francavilla al Mare (Ch); "Stelle", Roma. 2001, "Via Tiburtina", Nocciano (Pe). 2002, "Mostra nazionale d'arte contemporanea", Termoli (Cb). 2003, "Doppi versi", Frascati (Rm); "Trentadue artisti per Vlado Gotovac", Roma; "Centri romani ricerca arte contemporanea", Roma.
Hanno scritto di lui, tra gli altri: Mariano Apa, Paolo Balmas, Gian Carlo Bojani, Carlo Fabrizio Carli, Manuela Crescentini, Enrico Crispolti, Giovanna Dalla Chiesa, Patrizia Ferri, Luigi Paolo Finizio, Paolo Fossati, Luigi Lambertini, Luciana Martini, Luciano Marziano, Claudio Spadoni, AntonelloTrombadori, Marcello Venturoli, Lara Vinca Masini.
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"Approdo" 2003 terracotta e manganese
cm. 53x32x10

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