La Canzone Napoletana dai Cantastorie ad Oggi
A cura di Rosaria Secondulfo con la collaborazione di
Giovanni Secondulfo
Informazioni, chiarimenti, discussioni at
Contact point giovanni.secondulfo@inwind.it
Il Lavoro realizzato vuole avere l'obiettivo di entrare nel
vissuto
partenopeo attraverso le sue tradizioni, la sua cultura, la
sua storia.
Non abbiamo certamente l'ambizione di voler essere conclusivi
e/o
esaustivi, vogliamo solo fornire piccoli strumenti per comprendere
la
Napoli oleografica di un tempo per avere basilari conoscenze
per
confrontarla con quella di oggi consapevoli che solo se
" Conosci la Storia saprai di te stesso
e di quanto parli ".
Introduzione
1) I primordi
della canzone napoletana : i vecchi cantastorie
2) La Nascita della Canzone Napoletana
3) La canzone Napoletana
tra Piave e Zappatore
4 Dall'Africa al Secondo Dopoguerra
5 La musica Napoletana oggi
6) Bibliografia
Introduzione
Le pagine che seguono sono un breve excursus sulla canzone napoletana.
Impossibile sarebbe trattare la vastissima produzione, e lontani da
ogni pretesa di essere esaustivi, vogliamo avere solo il modesto compito
di far leggere qualche verso delle piu' celebri canzoni della Napoli che
fu, ma NON con l'intento di creare nostalgie e rimpianti, ma con l'obiettivo
di conoscere la storia, la storia di ognuno di noi.
Il nostro lavoro, infatti vuole solo tentare di operare dei confronti,
tra ciò che fu e ciò che è, ricordando sempre che
" Senza Memoria non c'e' Futuro "
1) I
primordi della canzone napoletana: i vecchi cantastorie
Prima di addentrarci nel vivo della canzone napoletana classica ( nell'accezione
di canzone ottocentesca ), ci sembra interessante fondare le radici nella
figura dei cantastorie, una sorta di girovaghi cantafavole che leggono
e recitano le storie dei cristiani, che si aggirano per le strade di Napoli,
dal Molo al Casale ( ci riferiamo all'area compresa fra il Molo Beverello
(Porto) ed il Casale di Posillipo ). Le prime testimonianze di questi cantastorie
sono relative ai cantambanchi vicini a Federico II che hanno avuto poi
un ragguardevole seguito nel 1490 grazie a Matteo Moravo, che pubblica
in Napoli un dialogo di Pontani, dove l'autore ripercorre gli usi e i costumi
della Napoli quattrocentesca e si lega alla poesia cavalleresca ed alle
dominazioni francese e spagnola.
Nel racconto, il cantastorie mette in risalto la sua verità e non la
Verità, argomentando spesso anche con suggestioni fantastiche come poi
farà Ferdinando Russo nella storia sui Rinaldi.
"Ecco Rinaldo in Campo! Il Palatino !
O palatino 'e Francia cchiu putente !
Teneva nu cavallo, Vigliantino
ca se magnava pe' gramegna a gente
[....]
Po teneva na spata, Durlindana "
In realta' il cavallo di Rinaldo e' Boiardo e Durlindana e' invece la spada
di Orlando. Cio' dimostra che l'autore vuole il trionfo di Rinaldo e nulla
piu'.
La figura del cantastorie permane fino all'ultimo trentennio dell'800.
In uno studio di Benedetto Croce "I Rinaldi o i Cantastorie di Napoli"
si legge che nel 1876 a Napoli ancora girovagavano tre cantastorie: il
piu' autorevole Cosimo Salvatore operante nella zona del Molo, il secondo
Rinaldo ricordato da Ferdinando Russo nel " O cantastorie" vagolante per
Porta Capuana ed un terzo di cui si ricorda solo che vagabondava nella
zona del Carmine ( anche qui il Molo e' inteso come il Molo Beverello del
porto di Napoli, mentre Porta Capuana e' la piu' importante ed antica porta
di Napoli, mentre invece il Carmine e' un quartiere di Napoli a grossa
valenza commerciale con annessa chiesa ).
La decadenza della figura del cantastorie andrebbe ricercata, secondo
Dumas, non nell'invecchiamento dei contenuti ma nella mancanza dei mezzi
di sopravvivenza. L'ultima "forma" di cantastorie si rintraccia nel "Pazzariello"
che attraverso l'uso della musica annuncia l'apertura di una nuova bottega.
Una figura nota ai piu' grazie all'interpretazione di Toto'.
Accanto a quest'ultimo, infine, vanno ricordati gli ambulanti, che
intorno al 1850, diffondevano la canzone napoletana, mediante "copielli"
oppure improvvisando intonazioni vocali per incuriosire i passanti
con la loro merce.
Se dunque queste figure appaiono come le prime forme musicali
il termine canzone indica storicamente una villanella settecentesca. La
villanella presenta un carattere scherzoso e parodistico.
In generale, la villanella popolare e' racchiusa in un dialetto a meta'
tra il parlato ed il cantato tale da essere fruito anche fuori dai confini
di Napoli
E' il poeta-pittore Salvator Rosa in pieno '600 ad accostare la letteratura
al popolo con Michelemma, un canto isolato ma fondamentale
per il futuro della canzone napoletana. Nata dopo la rivoluzione di Masaniello
Michelemma - ovvero Michela Mia - e' una lode ad una
fanciulla, Michela appunto, nata in mezzo al mare durante una scorribanda
di pirati e gli innamorati per i suoi occhi si uccidono due per volta.
E' nata mmiez' 'o mare
Michelemma, Michelemma
Oje na scarola
Oje na scarola...
Li Turche se ne vanno
Michelemma, Michelemma
a reposare, a reposare
Beate a chi la venc
Michelemma, Michelemma
e sta figliole
e sta figliole .
( La poesia ed il linguaggio della canzone Napoletana e' universale, in
ogni caso verra' operata una sorta di traduzione in lingua al fine di aumentarne
la comprensione a chi non conosce la lingua Napoletana : E' nata in
mezzo al mare / Michela mia, Michela mia / Una Iscarola / Una Iscarola
/ I Turchi se ne vanno / Michela mia / a riposare, a riposare / Beato chi
la vince Michela mia, Michela mia / questa figliola / questa figliola )
Una musica dolce in cui si intravede la futura tarantella, un testo
bizzarro che acquista maggior senso sapendo che nelle isole del golfo di
Napoli, i nativi di Ischia si chiamano " iscaroli " e quindi scarola equivale
a ragazza di Ischia. Questo esempio e' singolare per evidenziare il contatto
tra l'area aulica, la commedia dialettale e l'opera buffa.
Questa produzione a Napoli si sviluppa intorno al XVI secolo
partendo da una canzone popolare con carattere rustico, ma raggiunge temi
notevoli e colti con G.B. Basile che nel "Cunto de li Cunti" ricorda come
l'interpretazione di una villanella fosse stata autorizzata per penitenza,
conservando il sapore di un patrimonio folkloristico autenticamente vissuto
nel mondo partenopeo e mediterraneo, legandosi alla letteratura boccaccesca
per quanto riguarda la ricostruzione di un mondo provinciale e l'impostazione
narrativa, mentre la cultura barocca con i suoi concetti e terminologie
metaforiche penetra nell'opera con una coloritura letteraria di emblematico
valore.
La riscoperta oggi della "Gatta Cenerentola", di cui parleremo piu'
avanti, testimonia come il passato letterario storico conservi atteggiamenti
che fanno parte dell'immaginario collettivo partenopeo.
Se nel '700, poi, l'opera buffa napoletana mette in scena i fatti di
vita quotidiana molta sara' l'influenza sulla macchietta di fine ottocento.
Del resto il passaggio tra la prima metà dell'Ottocento e la seconda metà
è notevole, perche si passa dalle riunioni di salotto con le esecuzioni
di romanze alle prime canzoni popolari trascritte per pianoforte come Michelemma,
Cicerenella. Proprio da questa pratica si sviluppera' la matrice popolare
che costituira' un aspetto centrale della canzone napoletana.
2) La Nascita della Canzone
Napoletana
Trovare un unico filo che lega l'ampia raccolta di componimenti tra
800 e 900 non e' facile. Variegata e' infatti la produzione della canzone
napoletana che ora tocca toni lirici, ora drammatici, ora comici ora storici,
pur riconoscendo come tratto comune la poesia e la melodia. In queste canzoni
si individuano tre o quattro strofe prefigurate per essere musicate, e
pertanto devono contenere una certa metrica, una scansione in strofe.
Se dunque vogliamo trovare una data di inizio della canzone napoletana,
dobbiamo rifarci ad almeno due filoni di pensiero. Innanzitutto e' opportuno
ripetere che per canzone napoletana si indica la produzione che si afferma
dalla seconda meta' dell'800 che contiene una parte di musica vocale con
testo in dialetto. L'assunzione del vernacolo come modo di scrivere attraverso
Di Giacomo, Ferdinando Russo, Ernesto Murolo, Trilussa, crea un'autonomia
di scrittura tale, da rinvenire nello stile elevato tanto una tradizione
aristocratica tanto l'elemento popolare ( un paesaggio, il mare ... ).
Premesso cio' alcuni sostengono che il battesimo della canzone napoletana
e' rappresentato da Te voglio bene assaie nel
1839 scritta da Sacco e Campanella
"Io te voglio bene assaie
e tu nun pienze a me
io ......Te voglio bene
e tu nun pienz a me.
La notte tutte e dormono
e io che buo' durmi'!
Penzanno a Nenna mia
Li quarti d'ore sonano
a uno a doje a tre .....
Io te voglio bene assaie e
tu nun pienze a me (2 volte)"
Questo pezzo presentato nella festa di Piedigrotta presenta una notevole
forza nel ritornello molto orecchiabile e tale da fare di questo testo
uno dei piu' noti nel mondo.
Sulla nascita di questo brano ci sono molti pareri discordi ma tutti
convengono nel ritenere che questa canzone sarebbe stata scritta improvvisando
una scherzosa risposta nei riguardi di una avvenente signorina e in ogni
caso tutte convergono sul carattere estemporaneo del componimento.
Secondo questo filone, la piedigrotta canora rappresenta lo scenario
di questa produzione non solo legata alla tradizione ma anche all'esperienza
della canzone di strada che pure ha avuto un largo successo a Napoli, offrendo
anche la possibilita' di mostrare l'articolazione territoriale economica
della città. Un aspetto quest'ultimo che si evidenzia a partire dal 1880,
anno di Funiculi' Funicula' , la notissima canzone di Turco
e Denza per pubblicizzare la nuova funicolare che portava al Vesuvio, inaugurata
il 6 maggio 1880 e che, presentata alla Piedigrotta di quell'anno, indica
la seconda data con la quale alcuni ritengono che sia il battesimo della
canzone napoletana.
Aissera, Nannine me ne sagliette
tu saie addo?
Addo sto core ngrato chiu dispiette
Farme non po'
Addo llo fuoco coce, ma si fuie
Te lassa sta
E nun te corre appriesso, non te stregne
Sulo a guarda'
Jammo, jammo
ncoppe jammo ja ...
Jammo, jammo
ncoppe jammo ja ...
Funiculi Funicula'
Funiculi Funicula'
ncoppe jammo ja
Funiculi Funicula'
( Ieri sera, Annina salii / Tu sai dove ? / dove questo cuore ingrato
fa piu' dispetti / dove il fuoco scotta ma se ne fugge / ti lascia stare
/ E non ti corre dietro e non ti stringe / solo a guardarti / Andiamo Andiamo
/ sopra andiamo / Funiculi' Funicula' / sopra andiamo / Funiculi' Funicula'
)
La festa di Piedigrotta diventa una grande manifestazione per gli autori
napoletani; nel 1884 si canta "A frangetta" che Di Giacomo scrive
con un non troppo noto Roberto Bracco.
"Sentite stu cunto - Ce steve na vota
na bella figliola chiamata Teresa
ca sulo li trezza purtavo pe dota,
na dota ..... 'e spille - sentite senti'
La sera veneva nu bello guaglione
chiamava Teresa da vascio a la strada;
Tere' - le diceva - sto sotto o barcone,
acale sti trezze ca voglio sagli'.
Ora vuie dimannate
chisto canto che vo' di',
ma si site nnammurate
vuie l'avite da capi'
[....]
La frangetta de capille
pur' e' fatta e vuie sapite
ca li core a mille a mille
pure e bona a ncatena'
Ntunettella, Ntunette' !
Frangettella, frangetta!
( Sentite questo racconto C'era una volta / una bella ragazza di
nome Teresa / che per dote portava solo le trecce / una dote ... di spilli
sentite sentite / La sera veniva un bel ragazzo / chiamava Teresa dalla
strada / Teresa, le diceva, sono sotto al balcone / abbassa l trecce che
voglio salire / ora voi chiederete / questo canto che vuole dire / ma se
siete innamorati / voi dovete capire / [....] / La frangetta dei capelli
/ pure e' fatta e voi sapete / che i cuori a mille a mille / pure e buona
ad incatenare / Antonietta, Antonietta / frangetta, frangetta ).
Sono anni di grande produzione per Di Giacomo: Tra il 1885 e il 1888
appaiono in "Capitan Fracassa" i versi e la musica di Marechiaro,
su "Il salotto" Era de Maggio, mentre nel 1888 ancora
per la festa di Piedigrotta, con la musica di E. De Leva su "L'Occhialetto"
esce la canzone E spingule frangese. Sono componimenti in cui le
melodie, ma anche l'immediatezza dei sentimenti emerge in modo viscerale.
E' il caso di Era de Maggio, musicata da Costa dove tocca
il punto piu' melodioso.
" E dicevo Core core !
Core mio luntane vaie
Tu me lasse io conte ll'ore
chi sa quante turnarraie!
Rispunnev io turnarraggio
quanno tornano lle rrose,
si stu sciore torna a maggio
pure a maggio io stongo cca "
Ma Di Giacomo e' anche un'artista ricercato legato alla cultura verista.
La sua produzione si muove con colori e sfumature, facendo dei suoi
scritti, lavori artistici, mescolando un temperamento amoroso con tratti
tristi e malinconici come con Marechiaro con la quale si conquista
la fama mondiale.
"Quanno sponta la luna a Marechiaro
pure li pisce nce fanno ll'ammore,
se revotene ll'onne de lu mare,
pe lo priezza cagneno culore
quanno sponta la luna a Marechiaro ...
A Marechiaro ce sta na fenesta,
la passione mia ce tuzzolea,
nu carofano addora int'a na testa
passa ll'acqua pe sotto e murmulea ....
A Marechiaro ce sta na fenesta,
[....]
Scetate Caruli' ca ll'area e' doce ....."
( Quando spunta la luna a Marechiaro / pure i pesci si innamorano /
si rivoltano le onde del mare / per l'allegria cambiano colore / Quando
spunta la luna a Marechiaro / A Marechiaro c'e' una finestra / la mia passione
le bussa / un garofano in un vaso / l'acqua passa sotto e parla zitto zitto
/ A Marechiaro c'e' una finestra / [....] / Svegliati Carolina perchè l'aria
e' dolce )
Anche questa sarebbe una canzone nata per un fatto occasionale. A quanto
pare Di Giacomo non sarebbe mai stato a Marechiaro, cosi' come lui stesso
lo narra il 6 febbraio 1894 su "Corriere di Napoli" dove racconta che un
giorno alcuni amici dell'Aquariuum di Dohrn gli proposero un giro sul vaporetto
ed approdarono a Marechiaro dove in un'osteria trovo una cameriera Carolina
che si attardava a servirli e di qui :
" Scetate Caruli' ca ll'area e' doce "
Non a caso abbiamo citato queste due celebri canzoni accostandole a "E
spingole Francese", per intendere un periodo d'oro per Di Giacomo.
A lui si deve infatti una vasta produzione che va dalla melodia alla macchietta,
ma senza entrare in una obsoleta polemica che parla di natura popolare
di questa composizione si vuole sottolineare la tradizione letteraria colta,
modellata su stereotipi popolari. "E spingule frangese" e' un garbato
dispetto tra un venditore ambulante e una donna compiacente; Un pezzo
che trova le sue radici nella tradizione popolare . In origine infatti
era un canto tradizionale di Pomigliano D'arco raccolto da Cresette e Imbriani
( Nu juorno mne ne vajo casa casa vajo vennenne spingule francese.
/ Esce na nenna da dinte na casa: Quante spingule daje pe no tornese?
).
" Nu iuorno me ne iette da la casa,
ienno vennenno spingole frangese;
me chiamme na figliola: - Trase, Trase !
Quanta spingole dai pe nu turnese?
E io che songo nu poco viziuso
subbeto me ammuccaie dint'a sta casa .....
A chi vo belli spingole frangese!
A chi vo belli spingole frangese, a chi vo ! ...... "
( Un giorno me ne andai dalla casa (d'origine) / e andavo vendendo
spille francesi (da balia) / mi chiama una ragazza -Entra, Entra! / quante
spille mi dai per un tornese (moneta dell'epoca ma anche sinonimo di bacio)
? / Ed io che sono un po viziosetto / subito entrai nella casa / chi vuole
le belle spille francesi )
Segue l'assalto del giovane alla donna compiacente e al tempo stesso
reticente :
"Dicette Core mio chist' e' 'o paese ca si te prore 'o naso muore
acciso - E io rispunnette - Agge pacienze, scuuse a tengo a nnammurate
e sta 'o paese .... " ( La giovane che non vuole corrispondere
dice " Cuore mio questo e' un paese che se ci provi muori ammazzato
- Io risposi - Scusa io la fidanzata c'e' l'ho ed abita al mio paese
" )
Se sullo stesso tono e' Carcioffola musicata da Di Capua nel
1893, una canzone a doppio senso dove una bella ragazza viene paragonata
ad una "carcioffola" (carciofo) secondo un'antica tradizione
greca dove si rinvengono paragoni tra il carciofo e le fanciulle in fiore,
accomunate per dolcezza, tenerezza, sapore, polpa, primizia di stagione
:
Oi mamma, mamma, che luna, che luna!
mme vene, mme vene ....
malincunia
Core mariteme ampresso
mammella mia
Mammella mia
R dimme a chi vuo'
C' o ndonderandi
ce io piglio e t'o donco
[....]
( Mamma che luna / mi viene / una malinconia / Dammi un marito presto
/ Mamma mia / Mamma mia / dimmi chi vuoi / perchè lo prendo e te lo do'
)
Ovviamente non possiamo elencare gli altri 250 testi ne possiamo schematizzare
Di Giacomo come autore verista o lirico, anche se nel primo caso l'autore
si esprime in certi casi con minuzia di particolari come in
Luna nova di Mario Costa
La luna nova ncoppa a lu mare
stenne na fascia d'argiento fino
dint' a la varca nu marinare
quase s'addorme e' a rezza nzino
Nun durmi, scetate, oi marena
votia sta rezza, penza a vuca' !
Dorme e suspira stu marinare
se sta sunnanno la nnammurata ...
Zitte e quieto se sta lu mare,
pure la luna se ne' e' ncantata.
Luna d'argiente, lass' 'o sunna,
vaselo nfronte, nun 'o sceta'.
( La luna sopra il mare / stende una fascia d'argento sottile /dentro
una barca un marinaio / quasi si addormenta con la rete sulle gambe / Non
dormire, svegliati marinaio / Volta la rete pensa a remare. / Dorme e sospira
il marinaio / sta sognando la fidanzata / Zitto e calmo sta il mare / pure
la luna si e' incantata / Luna d'argento lascialo sognare / bacialo in
fronte, non svegliarlo )
I particolari si snodano ed emergono con lucidita' ed efficacia ed
efficacia, utilizzando la luna per dedicare un canto a Napoli (Duorme
ma nzuonno lacreme amare tu chiagne Napule ) mentre il tono del doppio
tradimento raggiunge una grande ispirazione con Serenata Napoletana
(1897).
Ah che notte, eh che notte ! ...
Ma pecche' nun t'affacce ?
Ma pecche', ma pecche' me ne cacce,
Catari' senza manco parla'?
Ma ch stranu destino
io ce credo e c' spero,
Catari' ! Nun e' overo
Tu cuntenta nun si!.
Catari' mm' e' lassato
tutto nzieme stammore e' fernuto
[......]
E' a chist ca mo tu vuo' bene
stai penzanne e scetate
ll' aspiette ma chist
stasere nun vene
e mai chiu venarra'
[.....]
L'aggio visto p' 'e strade
cammena' core a core cu n'ata
e rerenno parlavene e te
( Ah che notte , che notte / ma perche' non ti affacci / ma perche mi
cacci / Caterina senza neanche parlare / ma che strano destino / io ci
credo e ci spero / Caterina non e' vero / tu non sei contenta / Caterina
mi hai lasciato / all'improvviso l'amore e' finito / [...] / Questo a cui
tu ora vuoi bene / questo a cui sti pensando / sveglia e lo aspetti / questa
sera non viene / e mai piu' verra' / [...] / l'ho visto per strada /
passeggiando con un'altra abbracciato / e ridendo parlavano di te )
Ma questa e' una piccolissima parte della vastissima produzione di
Di Giacomo. Il passaggio fra '800 e '900 vede per la canzone napoletana approdi
notevoli e significativi. del 1898 e' la canzone piu' nota in tutto il
mondo O Sole Mio. Del grande Libero Bovio
Chisto e' o paese d'o sole
chist e' o paese d'o mare
chist e' o paese addo tutte
e parole
so ddoce e so amare
so sempe parole d'ammore.
( Questo e' il paese del sole / Questo e' il paese del mare / Questo
e' il paese dove tutte / le parole / sono dolci ed amare / ma sono
sempre parole d'amore )
Cosi' come e' vastissima la produzione di Salvatore Di Giacomo, e ci
scusiamo con il gentile lettore per il poco spazio a lui dedicato in questo
nostro breve percorso, altrettanto vasta e' la produzione di Vincenzo Russo.
La collaborazione con E. Di Capua fa firmare le piu' belle canzoni degli
ultimi anni dell'800, in cui si delinea delle tipologie fisse, la finestra
le rose, il desiderio di dormire vicino all'amata ed il sonno che svanisce
per l'asssenza dell'innamorata. Sono gli ultimi barlumi del romanticismo
che si ritrovano in un'epoca ormai gia' decadente.
Maria Mari
Arapete fenesta
famm' affaccia' a Maria
ca stongo mmieza 'a via speruto p'a' vede
[....]
Oi Maria, Mari'
Quanta suonno c' aggio perso pe te!
Famm' addurmi
abbracciato nu poco cu te.
( Apriti finestra / Fai affacciare Maria / Che sto in mezzo alla strada
col desiderio di vederla / [....] / Maria Maria / quanto sonno ho perso
per te / fammi addormentare un poco abbracciato con te )
e nelle non meno note I' te vurria vasa' (1) e Torna Maggio
(2) del 1900.
(1) Ah che bell'aria
fresca
ch'addore 'e valvarosa
e tu durmenno staie
Ncopp' a sti fronne 'e rosa.
O sole a poco a poco
Pe stu ciardino sponte
O viento passa e vase
stu ricciulillo nfronte
I' te vurria vasa'
Ma 'o core nun m'o ddice 'e te sceta'
i' me vurria addurmi
Vicino o sciato tujo
N' ora pur' 'i.
( Che bell'aria fresca / che odora di valvarosa (fiore) / e tu stai
dormendo / sopra queste foglie di rosa / Il sole
a poco a poco / nasce in questo giardino / Il vento passa e bacia / questo
ricciolo che hai in fronte / Io ti vorrei baciare / ma il cuore non vuole
che io ti svegli / Io vorrei addormentarmi vicino al tuo respiro / un'ora
pure io )
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(2) Rose! che belli rrose
torna maggio
Sentite addore e chiste sciure belle
Sentite, comme cantano i aucielle ...
E vuje durmite ancora .....
Ih che curaggio
Aprite sta fenesta oj bella Fata
che ll'aria mo s' e' fatta 'mbarzamata;
Ma vuje durmite ancora
Ih che curaggio
Rose che belli rrose
Torna Maggio
( Rose! Che belle rose / ritorna maggio / Sentite l'odore di questi
fiori belli / Sentite come cantano gli uccelli / e voi dormite ancora /
Oh che coraggio / Aprite questa finestra bella fata / perchè l'aria si e'
imbalsamata / Ma voi dormite ancora / Oh che coraggio / Rose che belle
rose / ritorna maggio )
Questa puo' apparire solo una carrellata di testi noti, in realta'
ci appare superfluo aggiungere parole sui tanti fiumi di testi gia' scritti
intorno a queste celebri canzoni fra otto e novecento.
Se con Vincenzo Russo si raggiungono toni aulici , Ferdinando Russo,
poeta scugnizzo, vero antagonista di Di Giacomo sente molto piu' vicino
il problema della plebe, rivalutando il dialetto antico come in Scetate
un pezzo di grande lirismo.
Si duorme o si nun duorme bella mia,
siente pe nu mumento chesta voce
che te vo bene assaie sta miezz a vie
pe te canta' na canzuncella doce !
E in Quanno Tramonta o Sole, un inno alla donna amata.
[...]
Quanno tramonta o sole e tutte e cose
fanno pe s'addurmi' dint' a' nuttata
piglia 'o culore 'e na viola nfosa
tante te penzo sora e nnammurate.
( se dormi o non dormi bella mia / ascolta per un momento questa
voce / che ti vuole bene molto e sta per strada / per cantarti una
conzone dolce )
Ma il campo piu' congeniale a F. Russo e' la macchietta interpretata
da Maldacea. Ricordiamo solo qualche titolo : A paglietta, Il superuomo,
O rusicatore.
Macchiettista da tempo per eccellenza e' Viviani, che interpreta al
Cafe' Chantant i panni dello Scopatore (Mannaggia 'a mazza 'e
a scopa e quando meie patemo me menaje dint' a scupata), anche se a
Viviani si lega alla figura del gia' ricordato Pazzariello.
Battaglio' , scapucchio' - Acqua caura e sapo' !
Chillu povero patrone
se fa e cunto e nun se trova
[.....]
Questo era il tipico ritornello della simpatica figura del pazzariello
Molte altre scene di Viviani si ispirarono ai venditori ambulanti,
che affermano come canzoni le loro cantilene :
Acqua zurfegna chi vo vevere! Uh come le tengo anneveta ! Chi vo
vevere [ Venditore di acqua sulfurea ],
Vuje vulisseve 'e cannulicchie? Bell'ostriche d' o Fusaro! Tunninele,
Bell'ostriche d' o Fusaro, Tunninele, Cozzeche cozzeche chiene, fattene
na bella zuppa, quatt' ate cozzeche ! [Venditore di mitili]
So bone p'a tosse 'e paparelle quanto so bellelle ! [
Veditore di caramelle ]
O casatiello ca passa cca nci azzecca o bicchieriello. Si t'accatte
o casatiello o puo' rompere c' o martiello [ Venditore di Casatiello
]
Nu' ra quatto battilocchio [ Venditore di Frittelle ]
Questi sono solo alcuni esempi, per evidenziare il colore di questi
ambulanti, che tutto sommato possiamo ancora vivere in qualche mercato
rionale quali la Duchesca, 'O Carmine, 'O Buvero.
Voci che entrano a pieno titolo nella Rumba di Viviani (Scarola
ricce p' a 'nzalata / Fenocchie / O spassatiempo / Quant'e' bello
'o battilocchio).
Chesta' e' a rumba d' 'e scugnizze
ca s'abballe a tutte pizze ...
Truve e ddame mpizze mpizze
ca te fanno duje carizze
pe te fa passa 'e verizze ...
Strette e mane, vase e frizze ...
Provo guste e te ce avvizze,
cchiu te sfrine e cchiu t'appizze
Comm' e tante pire nizze
te ne scinne a sghizze a sghizze
Fine a quanno nu scapizze
Chesta' e' rumba d' 'e scugnizze!
O rilorgio mo capisco,
pecche' o cerco e nun 'o trovo
steve appiso .. E ghinto ' o frisco
c'e' rimasto solo 'o chiuvo
[ ..... ]
( Questa e' la rumba degli scugnizzi / qui si balla in tutti
i posti / Trovi subito le dame / che ti fanno due carezze / che ti
fanno passare il nervoso / Strette le mani baci e sollazzi / piu'
provi gusto piu' ti coinvolgi / piu' ti sfreni piu' ti accendi /
Come tanti .. / te ne scendi piano piano / Fino a quando non cedi / Questa
e' la rumba degli scugnizzi / L' orologio addesso capisco /
perche' lo cerco e non lo trovo / stava appeso ... ed e' andato al fresco
/ c'e' rimasto solo il chiodo )
In questi anni la festa di Piedigrotta si arricchisce di spettacoli
e di esposizioni di prodotti agricoli ed industriali, mentre la produzione
canora si arricchisce dei richiami dell'ambiente parigino legato al
Cafe' Chantant . Appare cosi' quasi inscindibile il rapporto tra
canzone e varieta' e per snodarsi in una produzione che ora tocca toni
melodiosi con De Curtis, Nicolardi, Murolo e ora tocca toni mordaci con
Gambardella.
Parliamo di testi tipo Voce e Notte :
Si sta voce te scete int'a nuttata
mentre t'astrigne 'o sposo tuio vicino,
statte scetate si vuo' sta scetata,
ma fa vede' ca duorme a suonno chino
Nun gghi vicino e llastre pe fa 'a spia,
pecche' nun puo' sbaglia: sta voce e' 'a mia,
E a stessa voce e quanno tutt 'e dduie
scurnuse, nce parlavono c' 'o vvuie.
Un pezzo classico reinterpretato prima da Peppino Di Capri, e poi da
Arbore, anche se Ernesto De Curtis, attento ed accorto musicista non si
fece scappare un'occasione per essere ricordato a quel tempo. Infatti nel
settembre del 1902 l'allora capo del governo Giuseppe Zanardelli in viaggio
diretto in Basilicata, prima di raggiungere i Sassi di Matera, si fermo'
per ristorarsi in Sorrento; qui i bisogni della cittadina campana non erano
diversi da quelli lucani. Tra l'altro mancava un "ufficio postale" e il
gestore dell'albergo dove Zanardelli alloggiava ne prospetto' la necessita'
. In quest'occasione Ernesto De Curtis insieme al fratello Gianbattista
oppronto' subito il testo Torna a Surriento, non nella
versione ufficiale, ma in un canto d'occasione. Due anni dopo per la festa
di Piedigrotta il testo fu limato su proposta dell'editore Bideri. Il 31
Marzo 1904, quando venne approvata la legge speciale per la Basilicata,
Zanardelli era morto, ma Sorrento aveva il suo ufficio postale e
si cantava :
Vido 'o mare quant' e' bello
spira tanto sentimento
comme tu a chi tiene mente
ca scetate o puo' sunna'
Guarda qua'
chistu ciardino
siente se
sti ciure arance
nu profumo accussi forte
dint'o core se nne va
E tu dice io parte addio
t'alluntane da stu core
dalla terra dell'ammore
tiene core e nun turna'
ma nun me lassa'
non dorme stu tormiento
Torna a Surriento
famme campa'
Ma in quest'arte melodica rientrano i testi di Murolo come Piscatore
e Pusilleco
Piscatore e stu mare e Pusilleco
ca ogni notte me sente e' canta'
Piscatore sti parole so lacrime
cu Marie ca lontane me sta'
[.....]
ma pecche', ma pecche' me lassate
mentre io more stanotte pe te
e Pusilleco Addiruso (Posillipo Odoroso)
'Ncopp o capo e Pusilleco addiruso,
addo stu core se ne ghiuto 'e casa
ce sta nu pergolato d'uva rosa
e nu barcone cu e mellune appise
Ncopp o capo e Pusilleco addiruso!
Sopratutto, pero' in questo contesto non possiamo tralasciare
un autore come Caruso, che emigrato in America ( Stati Uniti ) nel 1903
esporta Napoli con un successo straordinario quale Core ingrato
Core core 'ngrato
te pigliato a vita mia
tutte e' passato
e nun ce pienzo cchiu'.
e Tu ca nun chiangne
Tu ca nun chiangne
e chiagnere me fai
tu stanotte addo staie
voglio a te1 voglio a te
chist'uocchie te vonno
n'ata vota vede' !
Un Caruso recentemente e mirabilmente riscoperto da Lucio Dalla che
gli lascia un doveroso omaggio con Caruso
Qui dove il mare luccica
grida forte il vento
davanti al Golfo di Surriento.
Un uomo abbraccia
una ragazza dopo che
aveva pianto poi
si schiarisce la voce
e ricomincia il canto
Te voglio bene assaie
ma tanto bene sai
Sul fronte del varieta' invece non sfigura un'altrettanta produzione
che ancor oggi riscuote successo specie in alcune interpretazioni di Marisa
Laurito. Ci riferiamo ai molti testi di Gambardella scritti con Capaldo
e Caparra come A tazze 'e cafe'
Ma cu sti mode oje Briggida,
tazza 'e cafe' parite
sotto tenete o zucchero
e ncoppa amare site
Ma 'i tante ch'aggi avuta'
e tante ch'aggia gira' c'o ddoce e sotta a tazza
fino a mmocca m' add' arriva'.
e testi come Come facette mammeta
Quanno, mammeta t'ha fatta ( 2 volte )
vuo' sape' comme facette (2 volte )
Pe mpasta 'sti carne bell ( 2 volte )
tutto chello che mettette ( 2 volte )
Ciento rise 'ncappucciate
dint'a mortulla (*) ammescate
latte e rrose rrose e latte
Te facette 'ncoppo o fatto
Nun c'e' bisogna a zingara p'addivina Cunce
Comme facette mammeta
o saccio meglio e te.
( * mortulla arnese del fornaio per l'impasto )
Mentre nel 1905 anticipa sui versi di Lily Kangi' con Caparro
Mo nun so' cchiu' Cuncetta,
ma so' Lili' Kangi'
sciatosa prediletta
evita voglia di'!
Quanno me rebuttaje
e che v' po' canta'
'A gente me menaie
mazzate in quantita'
Chi me piglie pe frangese
chi me piglie pe spagnola
ma so nata 'o Ponte e Mola
mette a coppa a chi vogl'i'!
Caro Bebe
che guarde a ffa?
I' quanno veco a te
me sente disturba'
la figura della sciantosa falsamente proveniente dalle Folies Bergeres
in realta originaria della Pignasecca ( mitico quartiere della Napoli
popolare ), che poi riprende con Nini' Tirabuscio'
Io tengo un nome eccentrico
Nini Tirabuscio Oh, Oh oh (2 volte )
Addio mia bella Napoli
Mai piu' ti rivedro' Oh, Oh oh (2 volte )
Perderai Tirabuscio'
Gambardella apre cosi' una fase di un lungo sodalizio con il poeta sorrentino
Aniello Califano realizzando una produzione mordace ed aperta nella quale
confluisce il retroterra mondano e culturale di Califano, cresciuto nei
"caffe" e la tradizione artigianale di Gambardella, legato ai cosidetti
"fischiatori" ovvero i musicisti di strada, che creano e diffondono una
musica vicina al sentimento popolare. Da questa collaborazione ventennale
sui versi facili e mordaci di Califano, Gambardella si musica Madama
Chichierchia
Madame Chicherchia 'a cca
Madame Chicherchia 'a lla
Diente mmocca 'ne tene cchiu'
e vo' ancora zuchetezu'
Madame Chicherchia 'a cca
Madame Chicherchia 'a lla
Pile ncapo 'nun tene cchiu
e vo' ancora zuchetezu'
( Madama Chichierchia di qua / Madama Chichierchia
di la' / non ha piu' denti in bocca / e vuole ancora trastullarsi
/ Madama Chichierchia di qua / Madama Chichierchia di la'
/ Capelli in testa non ha piu' / e vuole ancora trastullarsi
)
e la meno nota E ragazze
'E ragazze mo stanno in ribasso
fann' 'a caccia p'have nu marito...
E pe' farse passa stu prurito
Lloro 'o sanno quant'anna suffri'!
[.....]
dalla lunga unione si ricorda anche Serenata e Surriento e tante
altre, anche se il tono scanzonato si avverte in altri testi come Albergo
'e ll'allegria sui versi di G. Irace
Sient'a me bellezza mia
chistu core ca tu tiene
pare l'albergo e ll'Allegria,
uno vene ... e n'ato va!.......
Emerge da questa breve carrellata una semplicita' di espressione di
questi artisti che hanno poi lasciato un contributo determinante e differenziato
a seconda che si parli di musicisti colti o di artigiani. Se Era de
Maggio non trova subito lo stesso successo di certe composizioni l'opera
dei cosidetti "fischiatori" svolge un ruolo preponderante per la diffusione
della canzone napoletana, non solo in quegli anni, ma anche ai giorni nostri,
specie se ricordiamo gli svariati successi di Marisa Laurito con lo spettacolo
Novecento Napoletano e di Lina Sastri con lo spettacolo Cuore
Mio.
3) La canzone Napoletana
tra Piave e Zappatore
Gli anni precedenti al primo conflitto mondiale vedono in campo l'opera
dei futuristi che a Napoli si raccolgono intorno a Francesco Cangiullo.
Con questi l'uso di strumenti quali lo scetavaiasse e il
triccabballacche, molto in uso durante la festa di Piedigrotta raggiunge
il massimo splendore.
Purtroppo questo clamore, come quello della belle Epoque, finisce sotto
i cannoni degli attacchi nemici. Ma Napoli continua a cantare e apre
l'epoca di un giovane poeta E.A. Mario che trasferito da Napoli a Bergamo,
lega il suo nome a successi come Dduie Paravise,
Io na chitarra e a Luna, Vipera, ma forse non tutti sanno che La
leggenda del Piave reca proprio la firma di E.A. Mario all'anagrafe
Giovanni Gaeta.
Indietreggio il nemico
fino a Trieste; fino a Trento
e la vittoria scioldse le ali al vento!
fu sacro il patto antico!
fra le schiere furon visti
resorger Oberdon, Sauro e Battisti ..
Infranse al fin l'italico valore
l'armi e le forche de l'Imperatore
Ma se sul Piave si canta la " Leggenda " da Zi Teresa si
mangia mentre l'orchestrina suona sempre del nostro Santa Lucia luntana,
un vero inno degli emigranti
Santa Lucia luntana a te
quanta malincunia
e giro o munno sano
per ghi a cerca' furtuna,
ma quanno sponta a luna
luntane a Napoli nun se po' sta
[...]
Intanto Califano gia' fa' sentire la sua struggente malinconia nel 1914
con O mare e mergellina su musica di Folio
Mergellina Mergellina ...
[....]
se parlasse chistu mare
quante cose auria canta
Scappatelle e nnammurate
gelusie tradimente
vase e lacreme cucente
quanta suonne e giuventu'
L'anno dopo, sotto l'incalzare della guerra, Califano scrive il suo grande
successo O surdato nnammurato , rimasto nel cuore per il motivo
molto orecchiabile
Staie luntane da stu core
e a te volo cu' 'o penziero niente
voglio e niente spero,
ca tenerte sempe affianco a me !
Si sicure e chist' ammore,
comm' j' so sicure e te
Oj vita Oj vita mia
Oj core e chist' core
si state o primmo ammore
o primmo e lurdemo sarra' accussi
[...]
Ma la tristezza di Aniello riecheggia ancor piu' in Tiempe
Belle del 1916
Tiempe belle e na vota
Tiempe belle addo state
vuie m' avite lassate
ma pecche' nun turnate?
Un brano di struggente analisi del suo tempo musicato da Vincenzo Valente.
Sara' poi proibito dal fascismo.
Ma questi sono sopratutto gli anni di Bovio "... io so napulitano
e si nun canto moro .."; un vero poeta che scrive un incredibile numero
di canzoni che ancor oggi sono ritenute classici come Reginella (1917)
Te si fatta 'na vesta scullata
'nu cappiello cu mostre e cu rrose
stive mmiezo a tre o quatttro sciantose
e parlava francese accussi.
Fuie l'atriere ca t'aggio incuntrata
Fuie l'atriere a Toledo gnorsi' ......
T'aggio voluto bene a tte
Tu me volute bene a me!
mo nun nce amammo cchiu
ma e vote tu
distrattamente pienze a me!
( Ti sei fatta un vestito scollato / Un cappello con nastri e conrose
/ eri in mezzo ad alcune sciantose / e parlavi francese scorrevolmente
/ Fu l'altroieri che ti ho incontrato / Fu l'altroieri a via Toledo sissignore
/ Ti ho voluto bene / tu me ne hai voluto / ma a volte tu / distrattamente
pensi a me )
e come Signorinella (1931)
Signorinella pallida,
dolce dirimpettaia del 5° piano
e Cara Piccina
Cara piccina
Son trenta giorni che vi voglio bene
Son trenta notti che non dormo piu'
non ve ne addolorate, ma conviene
che non mi abitui a darvi il tu.
riuscendo ad imporre con queste ultime un nuovo genere in lingua che
restera' fino agli anni '50
Intanto in quel clima bellico, Bovio da' manifesta appartenenza alle
idee patriottiche, in uno spettacolo al teatro Bellini.
Torna Torna
Garibaldi Torna,
La camicia Rossa
Bella e Santa
ci proteggera'
[...]
Se questo rientrava nella retorica del tempo ci appare notevole ricordarla,
per evidenziare una figura colta e politicizzata, tale da portare la canzone
napoletana fuori dal provincialismo, confondendola con la canzone in lingua
italiana.
Oltre al contributo apportato alla canzone, importante anzi notevole
e' quello dovuto all'elaborazione nel primo dopoguerra della sceneggiata,
un filone caratterizzato da una vena verista-patetico che ha trovato con
Bovio-Cafiero-Fumo una sua alta espressione, riscoperta da Mario Merola
nel primo caso e da Nino Taranto nel secondo.
La nascita della sceneggiata avviene nel 1919 con la rappresentazione
di Surriento gentile di Lucio Murolo, nata dopo la disfatta di Caporetto,
quando lo stato impone forti tasse agli spettacoli di varieta' per combattere
l'improvvisazione. La sceneggiata diventa cosi un testo in tre atti
dove il soggetto e' sviluppato da un commediografo ed in essa convive canto,
recitazione e ballo; sostanzialmente e' la messa in scena di una canzone.
In generale la sceneggiata riprende i temi di Mastriani Tore e Crescenzo,
e di Il capo della camorra. Bovio e Bongiovanni gia' nel 1916
inaugurano il genere con Pupatella, un componimento che tratta di
tradimenti e malavita, non rinunciando mai alla teatralita'.
In generale il brano si struttura in tre parti: un'introduzione strumentale,
una strofa quasi recitata, ed una conclusione. Si pensi proprio ad un brano
fra i piu' famosi Zappatore ( Bovio-Albano, 1929) il
brano si apre :
Felicissima sera
a tutti sti signure ncruattate
a chesta comitiva accussi allera
d'uommene scicche e ffemmene pittate.
chesta e' na festa 'e ballo
Tutte cu e fracchesciasse sti signure ..
E 'j ca so sceso a copp' o sciaraballo
senza cerca 'o permesso, abballo j 'pure
( Felicissima sera / a tutti questi signori con la cravatta / a questa
allegra comitiva / / di uomini eleganti e signore truccate / Questa e'
una festa di ballo / tutti i signori in frack / ed io che sono sceso dal
carretto / senza chiedere permesso ballo anch'io )
La seconda parte cambia tema i contadino si rivolge ad uno dei presenti
signore avvocato accusandolo di aver lasciato la casa paterna e di
non aver dato notizie per anni:
Vossignurie se mette scuorne 'e nuie
pur' io me metto scuorne 'e ossignurie
( Sua eccellenza si vergogna di noi / anche io ho vergogna di
voi )
La conclusione quasi plateale
O pate io songo o pate
[....]
si zappo a terra chesto te fa onore
Addonocchiate e vaseme sti mane
( Il padre io sono il padre / [...] / Se zappo la terra questo deve
farti onore / inginocchiati e baciami le mani )
Lo stesso in Guapparia, Bovio riesce a snodare una serie
di particolari dei modi di vita tipica di certi vicoli, quartieri prendendo
il popolo tra il riscatto e l'accettazione
Scetateve guagliune 'e mala vita
ca e' ntussecosa assaie sta serenata
io songo o nnammurate e Margherita
ch' e' a femmena cchiu bella d'anfrascata.
L'aggio purtato 'o capo cuncertino
p' 'o sfizio e me fa sentere e canta'
m'aggio bevuto nu bicchiere e vino
perche' stanotte 'a voglie ntussuca'
Scetateve guagliune 'e mala vita!!
( Svegliatevi ragazzi di malavita / e' assai nervosa questa serenata
/ io sono il fidanzato di Margherita / la donna piu' bella del pergolato
/ Le ho portato un capo con un'orchestrina / per farmi sentire cantare
/ ho bevuto un bicchiere di vino / perche stanotte voglio procurarle un
dispiacere / svegliatevi ragazzi della mala )
Segue il tormento per le azioni indegne commesse dalla donna
pe chello che sta femmena
ma fatto
( per quello che questa donna / mi ha fatto )
e per cio' che lui ha perso in conseguenza
ero 'o cchiu' guappo 'e vascio a Sanita'
mo e aggio perso tutta a guapparia
( Ero il piu' importate della Sanita' (quartiere del centro storico
napoletano noto per fatti di criminalita') / ora ho perso tutto il fare
da guappo )
ed anche qui un finale di grande commozione generale
Ma comme chiangne tutto ' cuncertino
addo ch'avesse chiagnere sul' io..
( Ma come piange tutta l'orchestra / laddove dovrei piangere da solo
)
Tali composizioni, oggi hanno fatto la fortuna di artisti come Mario
Merola, ma e' proprio grazie a quest'ultimo che nel 1965 si ebbe la ripresa
del genere con un testo intitolato A sciurara, una composizione
nella quale viene rappresentata la situazione di una ragazza, di cui si
vuole salvare l'onore. E' la storia di una venditrice di fiori ( a sciurara
) che si reca a Napoli ogni giorno, qui incontra un uomo sposato
e cede alle sue lusinghe. Ma il fratello emigrato in Germania, venuto a
sapere della storia ritorna a Napoli e incontra l'uomo e gli ricorda la
ragazza
Giuvino', giuvino' t' e' piaciute a sciurare
[....]
e mo dice nun saccio chi e'
Sai chi e', e' chella ca tutte e matine
se fermava cca nnanz' 'e cu te.
[....]
io mo primmo te stenno cca 'n terra
e po' roppo te faccio parla'
In quest'opera si deve lavare un'onta commessa ai danni di una sorella,
nella gia' citata Pupetella , invece Bovio condanna
il comportamento sconveniente di una donna che manda in prigione il marito.
Quando questi esce dal carcere, sorprende la moglie che balla la tarantella
con un altro uomo e le dice
" Viena abballa astrignete a me"
e poi le dice
O vi' l'amico tuoi ca sta tremmanno
Pupate'
'o vede ca 'i te scanno
ma nun t'aiuto a te !!!
Questo sopracitato e' un classico in cui l'uomo deve commettere
un reato per salvare il suo onore .
Va detto che questo repertorio drammatico e' presente in taluni aspetti
gia' nell'800 con Matilde Serao; L'onorata soggieta' conserva un
ben radicato controllo del territorio e temi relativi al codice d'onore
si rintracciano in scritti di Ferdinando Russo, e Viviani in testi come
A zumpata e a Canzone 'e sott' 'o carcere.
Ma la sceneggiata non e' solo tradimento ed amori- In genere
possiamo ritrovare vari Topos come mamme morenti (Mamma addo stai),
giovani nullafacenti che conducono una vita dissennata dedita al gioco
alle donne di malaffare che provocano malanni alle mamme come Mamme
perdoname ( di Cioffi-Pisano 1944 ) dove il giovane ravvedutosi dice:
Stu figlio malamente
sai che fa ?
Lassa a cantina e a mala
cumpagnie
e torna onestamente a fatica'
Un ulteriore tratto della sceneggiata e' il conflitto delle classi sociali
che contrappone il " cuore del popolo " e il cinismo dei " signori
", e qui entrano in gioco " i figli " . Cosi in E figlie sempre
di Bovio su musiche di Albano (1930) un bambino abbandonato dai suoi legittimi
genitori viene accudito da un uomo del popolo ma poi quando i genitori
pretenderanno il piccolo dira' :
Chi e' stu piccirillo
E' o figlio mio
m' 'o so levato a vocca pe ce ho da'
[...]
e poi rivolgendosi ai genitori
Signo' e figlie sai che so'
so' piezz' 'e core e nun sanno lassa
Chesto l' 'e fatto tu ca si signore
ma nu pezzente chesto nun 'o fa ...
[.....]
Composizione che, Mario Merola, ha riportato alla ribalta negli anni
'70 / '80 .
Tuttavia parallelamente alla sceneggiata, si sviluppa anche un genere
comico La Macchietta che pur cogliendo nell'emarginazione
il tema principale, lo presenta in modo caricaturale proprio per
lasciare il punto patetico. Si pensi infatti a O malandrino di Russo-Valente
un classico di Maldacea, dove in principio il malandrino si manifesta in
tutta la sua spavalderia. (file dritto ..... ca te ntacco a faccia)
per poi concludere o sputo int' 'a na recchia e buonanotte.
Anche Capurro-Buongiovanni in O presidente si cimentano in questo
genere delineando quelli che Viviani chiama i guappi di cartone, gli
'nzisti che contrappone a quelli che nel corso della vita si redimono.
Sicche' il teatro musicale ora assume toni drammatici con Bovio e la
sua collaborazione con Buongiovanni, Valente, Lama ora diventa macchietta
con le interpretazioni di Cioffi-Pisano.
Se Cioffi si dedica dopo gli anni 20 all'organizzazione di spettacoli
musicali e ne prende parte in qualita' di direttore d'orchestra, con Pisano-Cioffi
si apre il ciclo della macchietta di nuovo stile, e a partire dal 1927
si afferma il binomio Cioffi-Pisano che resta in auge per circa un ventennio,
recuperando il tema del Cafe Chantant. Oltre a fornire canzoni per Pasquariello
amico di Gill come Pezza e Pizza (1936), Donnarumma Tititi-Tititi-Tititi
(1935), Salvatore Papaccio I due gemelli creano il lungo repertorio
per Nino Taranto che diventa depositario di questa grande tradizione con
pezzi come Agata (1937)
Io me metto 'o steccadente
in bocca pe nun fuma'
Nun ce veco e nun m'accatte
e llente pe sparagna'
Vivo sol col mensile
d'impiegato comunale
spacco a lira spacco 'o soldo
spacco pure 'o ricente'
spacco e scarpe e nun m'accatto
pe te fa fa lusso a tte,
e tu invece te lo intendi
col 'o padrone di un caffe'
Agata! tu mi capisci
Agata! tu mi tradisci
Agata, guarda, stupisci
com' e' ridotto quest'uomo per te !..
( Io metto uno stuzzicadenti / in bocca per non fumare / Non ci vedo
e non compro / gli occhiali per risparmiare / vivo solo con la paga / dell'impiegato
comunale / spacco la lira il soldo / e pure il centesimo / spacco
le scarpe e non le / compro, per farti fare lusso / e tu invece te la intendi
con / il gestore di un caffe ...... )
e Dove sta Zaza
Zaza! Zaza, Zaza - Zaza
com'aggia fa pe te truva?
Io senza te nun posso sta!
Dove sta Zaza' ? Uh madonna mia!
Come fa Zaza senza Isaia;
pare pare Zaza
che t' ho perduto ohime!
Chi ha trovata Zaza
che m'a purtasse a me !
Jammela a truva' su facimmo presto
Iammelo a truva' con la banda in testa.
Uh Zaza! Uh Zaza! Uh Zaza!
Tutte quante aimma grida'
Zaza Zaza, Isaia sta cca
Isaia sta cca, Isaia sta cca
Zaza! Zaza! Zaza! Zaza!
Diffuse da decine di interpreti e ancor oggi in voga, anzi in proposito
vale la pena segnalare il rifacimento di Agata da parte di Nino
Ferrer nel 1969.
Del 1940, simbolo tragicomico degli anni bellici e' la macchietta (
sempre della premiata ditta ) Ciccio Formaggio ( Cicci'
si fesso )
In questo periodo l'attivita' di Pisano continua con Cioffi con composizioni
quali Fatte fa fa na foto, e con testi più melodiosi come
O marenare, N' accordo in fa.
Infine in questa carrelata non possiamo tralasciare i nomi di Francesco
Fiore ( Quinto piano, Te lasso), di Giuseppe Fiorelli (Serenata
Celeste, Simmo e Napule paisa). Ma merita di essere ricordato il poeta
Mangione Alfonso autore di A casciaforte musicata da Nicola
Valente e rilanciata proprio sul finire degli anni trenta.
Vaco truvanno 'na casciaforte!
E anduvinate pe ne fache?
Non tengo titoli
nun vivo 'e rendita
nun ci ho un vestito
ne ncuollo a me!
Ma a cascia mi necessita.
Pe fforza l'aggia tene
Ce haggi a mettere tutte e lettere
che mi ha scritto Rosina mia
'nu ritratto formato visita
'd 'a buonanima e' Zi Sofia
nu cierro 'e capille, (*)
nu corno e curallo
ed il becco di un pappagallo
che noi perdemmo nel ventitre'
Sono ricordi che in cassaforte
sulo ll'a dinto t'e' ppuo' astipa'...
(* una ciocca di capelli )
Questi sono anni molto critici per il varieta'. Lo stesso Petrolini,
molto legato alla citta' partenopea, osserva che mentre lo spettacolo cinematografico
poteva vivere come spettacolo autonomo il varieta', unito all'operetta ed
alla rivista, deve funzionare come avanspettacolo. E Napoli era per Petrolini
un paradiso in cui consumava arguti spettacoli da comico, parodista eccentrico
e dai cui palchi aveva lanciato accuse al fascismo almeno fino a quando
Mussolini non gli espresse la sua ammirazione, I salamini,
Gastone ma anche testi di Moliere sono solo pochi titoli
che si ascrivono al Nostro. Le ultime aperture al varieta' legate al cafe-concerto
si ascrivono ad opera di Pasquariello e Gill negli anni '30, il secondo
si lega a canzoni tipo Come pioveva e la gia' ricordata Cara
Piccina e Come le Rose.
Son tornate a fiorire le rose
a le dolci carezze del sol
le farfalle si inseguon festose
ne l'azzurro con trepido vol.
In conclusione variegata appare la produzione di quest'anni tra la guerra
ed il primo dopoguerra, ora approda al lirismo di Reginella
ora si lega alla criminalita ed all'emarginazione sociale che getta
nuove basi con la sceneggiata, i cui canoni restano fino ad oggi, inserendo
la canzone classica napoletana nel piu' vasto contesto nazionale.
4) Dall'Africa al Secondo Dopoguerra
Se la Leggenda del Piave era ancora serva nell'animo di tutti
gli italiani altre nuove tristezze si abbattevano sugli italiani e se nobile
era stata la Leggenda, un po meno appare lo scritto del 1935 di E. A .
Mario
[....]
Andremo in Africa
sicurie allegri
andremo a vincere
contro geni negri
[....]
Tuttavia non puo' non essere apprezzata la lunga produzione di E. A. Mario
come Santa Lucia, Maggio si tu, Io na chitarre e a luna, Funtana all'ombra.
Intanto negli anni quaranta e' cospicua la produzione di Tito Manlio,
con Caro papa' e con Me so briacate e sole. Ma sicuramente
il nome resta legato a testi come Nu quarto e luna, Anema e core.
In quel tempo mentre l'ex EIAR (RAI) bandiva il suo primo concorso
per voci nuove si affacciavano alla ribalta voci come Lino Murolo, Barzizza,
nel 1946 Roberto Murolo a Capri debutta con 'O Ciucciariello
e tira, tira o ciucciariello
sta carrettella
pensaci tu
na femmena busciardo m'ha lassato
Un pezzo veramente unico, reso ancor piu' grande dalla famosa citazione
di Toto in "Toto, Peppino e a Malafemmena".
Interessanti sono le interpretazioni delle canzoni del secolo precedente
come Nardella interprete di Chiove (L. Bovio).
Tu staie malate e cante
tu stai murenno e cante
So' nove juorne, nove
ca chiove ..... chiove .... chiove
[...]
Chi si? Tu si' 'a Canarie
Chi si? Tu si l'ammore
ca pure quanno more
canta canzone nove ....
Ggiesu', ma comme chiove!
Nel 1945 Vera Nandi ovvero Brigida Cinque che interpreta Monastero
'e Santa Chiara di Barbieri e Galdieri, comunicando commozione e passione.
Dimane?... ma vurria parti' stasera!
Luntano no ... nun ce resisto cchiu'!
Dice che ce rimasto solo o mare
che 'o stesso e primma chillu mare blu!
Monastero e Santa Chiara
Tengo o core scuro scuro ...
Ma pecche', pecche' ogni sera
penzo a Napule comm' 'e
penzo a Napule comm' 'e
Funtanelle e Capemonte
Chistu core mme se schianta
quanno sento' r di' d' 'a gente
'ca se fatte malamente
stu paese ... ma pecche'
No .... Nun e' overo No nunce crero
e more pe sta smania 'e turna' a Napule
Ma ch'aggia fa .... mme fa paura 'e 'ce
turna'
( Domani? ma vorrei partire stasera / Lontano non ci resisto piu' /
Dice che ci e' rimasto solo il mare / che e' la stesso di prima quel
mare blu / Monastero di Santa Chiara / ho il cuore scuro scuro / ma perche'
ogni sera / penso a Napoli come e' / penso a Napoli come e'
/ Fontanelle di Capodimonte / il cuore mi si rompe / quando sento
di dire dalla gente / che questo paese si e' perduto / No non e'
vero io non ci credo / e muoio per la smania di tornare a Napoli / ma che
devo fare mi fa paura / di tornarci )
Una canzone questa che fara' la fortuna di autori come Giacomo Rondinella.
Sul fronte melodico si afferma Vittorio Parisi, l'usignolo della canzone
con Dicetincello vuje, una canzone soggetta anche successivamente
a sperimentalismi con Alan Sorrenti (1974).
Dicitincelle che na rosa e maggi
assai cchu belle e na jurnate 'e sole,
a voglio bene, a voglio bene assaie
che na passione
cchiu forte e na catena
dicitincelle vuje
ca nun ma scord'mai
e con Passione
Te voglio, te penzo, te chiammo
Te veco, te sento, te sonno
e' n'anno ce pienzo e'
n'anno
[...]
Dal 1946 si affaccia anche Maria Paris, conn motivi tipo E stelle e
Napule, Jamme ja e tuppe tuppe mariscia' ,
mentre si afferma come poeta l'eclettico Santoro, ex macellaio autore
di Catene e Chitarra Appassiunata.
Intanto in Galleria, Tagliaferri e Valente, autore il primo di Piscatore
e Pusilleco, Nun me sceta', Napule ca se ne va scritta con Murolo,
ben si uniscono alla produzione di Valente noto per la collaborazione con
Bovio ( Serenata 'a na Femmena, Signorinella, Passione) con Pisano
( N'accordo in fa' ) con Fiorelli (Simme e Napule Paisa'
). Artisti come Pacifico Vento acquistano fama e successo con testi come
Scapricciatiello e Torna
[...]
Torna
sta casa aspetta a te
Torna
Che smania e te vede'
[...]
Furio Rondine invece riesce ad imporsi sia sul fronte della macchietta
con La panse' con Pisano
[...]
che bella panse' che tieni
me la dai, me la dai
la tua panse'
io ne metto un'altra in petto
e le unisco tutt' e due
pesa mmie e pensa ttuie
in ricordo del nostro amore
[....]
Sul versante melodioso si afferma con Malinconico Autunno insieme
a De Crescenzo e Vurria con Pugliese
Vurria torna' addo te
pe n'ora sole
Napule mia,
Vurria, vurria, vurria
ma stongo n'croce
Intanto siamo temporalmente arrivati nel pieno del secondo dopoguerra e
la ricostruzione a Napoli inizia fra incertezze, scarsi mezzi, speranze,
ed illusioni; con Statunitensi ed uomini di colore che vagolano per Napoli.
In questo contesto E. A. Mario compone Tammurriata Nera.
Io nun capisco 'e vvote che succede
e chello ca se vede
nun se crede, nun se crede
E' nato nu creatururo niro niro
e a mamme o chiamme Giro
sissignore 'o chiamme Giro
Seh. Giora 'e vote seh!
Ca tu 'o chiamme Ciccio o Ntuono
ca tu 'o chiamme Peppe o Giro
chillo, o fatto e' niro niro
niro niro comm 'e che!
Una canzone questa comunque che va oltre tutte le interpretazioni resa
molto celebre in tempi molto piu' recenti grazie all'attivita' di Roberto
De Simone ed alla Nuova Compagnia di Canto Popolare che hanno riportato
in auge anche Rumba degli scugnizzi di Viviani, aprendo la
strada della musica napoletana degli ultimi anni 60/70.
Un
Ulteriore aspetto della canzone napoletana degli anni '50 e' sicuramente
rappresentato da TOTO'. Lungi dal voler cadere nella piu' pura retorica
in questo escursus e' impossibile dimenticare il mitico autore di A
Livella.
"A prescindere" dalla sua vasta produzione teatrale e cinematografica
del nostro Antonio De Curtis resta una vasta raccolta di poesie, ma sicuramente
il suo nome si lega a Malafemmena (1951).
Femmena
Tu si na malafemmena
chist'uocchie e fatte chiagnere
lacreme e nfamita'
Femmena
Tu si pegge e na vipera
me ntussecate l'anema
nun pozzo cchiu campa'
Femmena
si doce comme 'o zucchero
pero' sta faccia d'angelo
te serve pe nganna',
Femmena
Tu si 'a cchiu bella femmena
Te voglio bene e t'odio
nun te pozzo scorda'
Gli anni '50 sono caratterizzati ancora da un tono lirico; si pensi ad
esempio ad (1) Anema e core a (2) Nu
quarte e luna (Titomanlio)
(1) Tinimmoce accussi, aneme e core
nun ce lassammo cchiu manco pe' n' ora
stu desiderio e te me fa paura
campe cu tte, sempe cu tte, pe nun muri.
------------------------
(2) che m'ha sapute fa' stu quarte e luna
che m' ha sapute fa chi voglio bene
E me martella sempe nu pensiero
"nun e' overo ca pienze solo a me
Ad Accarezzame di Niso
Accarezzame
Sento a fronte ca me abbrucia
ma pecche nun me da pace
stu desiderie 'e te
A Luna Rossa di De Crescenzo
Vaco distrattamente abbandunato
l'uocchio sotto o cappiello annascunnute
mano 'int ' a sacca e bavero alzato
vaco fiscann e stelle ca so asciute.
E a Luna Rosse me parle e te
io le domande si aspette a me
e me risponne: si o vvuo' sape'
cca nun ce sta nisciuno ...
Sicuramente gli anni '50 vedono l'affeermazione di Renato Carosone che
con Gege Di Giacomo, il chitarrista Van Vood e Piero Giorgetti costituiscono
un complesso ritmico di success. La produzione ascrive successi notevoli
e a noi qui il modesto compito di riportarne solo qualcuno come
Maruzzella di Benagone musicata da Carosone
Maruzzella Maruzze'
t' 'e mise dint'a ll'uocchie o mare
e m' 'e miso impietto a me nu
dispiacere,
Stu core me faie sbattere
cchiu forte e ll'onne quanno o cielo e scuro
primme me dice si po' doce doce
me faie muri'
Maruzzella Maruzze'
( Mariuzza, Mariuzza / Ti sei messa il mare negli occhi / e nel
mio petto un dispiacere / mi fai battere piu' forte il cuore / piu' forte
dell'onda del mare quando il cielo e' scuro / prima mi dici si poi dolce
dolce / mi fai morire / Mariuzza, Mariuzza )
e Chella la' di Bertini musicata da Tacconi
Chella lla chella lla
mo va dicenno ca me vo lassa'
se crede ca me faccio o
sanghe amaro
se crede ca mpazzisco e po me sparo
chella lla chella lla
nun sape che piacere ca me fa
Me trove n'ata cchiu belle
e zetella restera'
chella lla chella lla
chella lla
chella lla chella lla
chella lla
Questi testi, come anche 'O saracino ( 'o saracino, 'o saracino,
bellu guaglione / e' belle 'e faccia, e' belle 'e core / sape fa ammore
) o come Tu vuo' fa l'americano ( Tu vuo' fa' l'americano,
americano, ma si nato in Italy, siente a me nun ce sta nieta a fa / Ok
napulità / wisky, soda e rock e roll ) riscoperta di recente
dall' Orchestra Italiana di Renzo Arbore, avvertono il nuovo clima della
canzone napoletana tra gli anni '50 e '60 inaugurando un nuovo filone con
evidenti influenze della musica anglo-americana, una musica che tiene conto
anche dei problemi sociali, come Caravan Petrolio ( Caravan Petrolio
[..] cerco 'o petrolio americano / mentra abballo e beduine / mentre cantene
e tribu' [..] caa 'o petrolio nun c'e' sta ).
Sul fronte melodico, in coincidenza dell'inizio del Festival della
canzone napoletana, appaiono interpreti come Nilla Pizzi e Franco Ricci,
premiati nel 1952 con la canzone Desiderio 'e sole di T. Manlioe
M. Gigante, mentre Peppino di Capri recupera la tradizione con Voce
'e Notte reinterpretandola raggiungendo poi notevoli successi
con Champagne e Roberta, mentre Aurelio Fierro si afferma
nei vari festival con l'orecchiabile Guaglione, Vurria e
Lazzarella.
Un grande cantante di Fama nazionale ed internazionale quale Domenico
Modugno , oltre a riproporre grandi successi come Na sere 'e Maggio,
'O caffe, Pasqualino Maraja firma con Verde Resta cu mme
[...]
Resta cu mme pe' ... carità
statte cu mme nu' me lassa
Famme penà , famme impazzi
famme danna ma dimme si
Moro pe' te, vivo pe' te,
vita d' 'a vita mia
Num me 'mporta d' 'o passato
'num me 'mporta e chi t'avuto
Resta cu mme
cu mme
[...]
e con Gigli Tu si na cosa grande
Tu si na cosa grande
pe mme
na cosa che me fa arrussi
na cosa ca si tu guarde a mme
me ne more accussi
guardann a te
Vurria sape na cosa da te
pecche quann' io te guarde
accussi
Si pure te siente murì
nun mo dice
e nun mo fai capì
[....]
E dillo na vota sola
se pure sta tremma
[...]
dillo ca mme vuò bene
Intanto gia' dal '44 era apparso sulla scena Guglielmo Chianese alias
Sergio Bruni nella cui produzione si ascrivono ben 850 cvanzoni. Se impossibile
è tener in conto di tanti testi, ci pace legare il nome di Sergio
Bruni ad un testo come Vieneme 'nzuonno (1959)
E' pass' o tiempo, pensanno sultanta all'ammore
E nun s'arrenne 'stu core
penzanno, aspettanno a te.
Pure a vernata fredda
se l'accarezza o sole
ma 'o sole , o sole mio addo sta?
Vieneme 'nzuonno si , vieneme 'nzuonno
num me sceta' famme impazzi, nzieme cu te
me pare overo ca si turnata
comme 'e 'na vota abbracciata cu me
ammore, ammore mio.
Ma il vero pezzo che ha reso noto Sergio Bruni è Carmela
scritto con Salvatore Palomba nel 1976 e che si colloca nella tradizione
classica della canzone napoletana. Una canzone notevole dove l'amore
in visione moderna approda ad un alto motivo esistenziale.
Stu vico niro nun fernesce mai
e pure o sole passe e se ne fuie
ma tu stai lla , tu rosa, preta e stella:
Carmela, Carme'
Si llammore e' m'o cuntrario d' 'a
morte
e tu o ssaie,
si dimane è sultanto speranze,
e tu o ssaie,
Nun me puo' fa aspetta fino a
dimane
astrigneme int' e' braccia pe stasera
Carmela, Carme'
Ancora oggi meraviglia come una canzone come Carmela sia stata scritta
nel 1976 quando oramai dilagavano altri generi.
In realta' una forma di lirismo è rimasta nel seno della canzone
napoletana al punto di arrivare fino ai giorni nostri coesistendo con altri
generi, facendo della canzone napoletana una produzione poliedrica che
in ogni epoca ha lasciato traccia di se'
5) La musica Napoletana oggi
Nel paragrafo precedente si è cercato di sottolineare
la coesistenza di forme di lirismo con nuove tendenze, che dagli anni '50
con Carosone agli anni '70 con Sergio Bruni testimoniano la variabilita'
della canzone napoletana, che a seconda delle mode, della vocalita' del
cantante ha determinato le interpretazioni ora in forma lirica, ora in
forma jazzistica.
Ma si puo' dire quale sia la migliore ? Assolutamente no !
Ogni tendenza e' stata espressione di un certo momento storico-culturale-sociale;
ancor oggi si vivono con intense emozioni le interpretazioni di un Caruso
o di un Pasquariello, che riecheggiano in un Murolo o in un Sergio Bruni,
oggi ovviamente la canzone contemporanea e' strutturalmente cambiata nei
suoi elementi costitutivi. Se prima si cantava il mare, il sole nell'era
contemporanea, o meglio a partire dagli anni '70, sulla scorta dei moti
di contestazione, di irrisolti rapporti tra l'emarginazione ed i potenti,
di crisi economica, di nuove tendenze che contraddistinguono la poliedricita'
della canzone partenopea divisa fra canzone colta ed una che
Scialo' definisce rimossa, la canzone napoletana ha assunto nuovi
spunti. Al filone della canzone rimossa si ascrive la sceneggiata,
ripresa come si e' visto da Mario Merola, che reinterpreta con abile maestria
i testi di Bovio-Pisano, ma che non coglie il plauso della cultura ufficiale.
Parallelamente ed in controtendenza si afferma la Nuova Compagnia di
Canto Popolare (NCPP) ed i lavori di De Simone, aprendo, cosi', una fase
colta che culmina con la Gatta Cenerentola uno spettacolo che dopo
30 anni ancora riscuote formidabili successi di critica e di pubblico grazie
al suo splendore di favola in musica tutta napoletana che ha l'allegria
disperata della verita' ed il calore immediato di una visionarita tutta
fantastica che parla all'anima, contemplando il grottesco e l'ironia che
aveva gia' caratterizzato la penna di Basile.
Dattero mio dorato
con la zappetta d'oro t'ho zappato
con il secchietto d'oro t'ho innaffiato
con le fasce di seta t'ho asciugato
Spoglia te e vesti me ..
L'attivita' del gruppo di De Simone e della NCCP, ha inoltre, il
merito di avere riproposto la Rumba de Scugnizzi di
Viviani, la Tammurriata nera di E.A. Mario e getta le basi per nuove
formazioni, inaugurando quella che verra' definita una produzione colta
grazie anche alla collaborazione con Peppe e Concetta Barra ( quest'ultima
recentemente scomparsa ); questi due artisti creano un modello scenico
drammatico e comico al tempo stesso commisti a stili popolari ricchi di
raffinatezze. Se Concetta richiama la canzonettistica del varieta' Peppe
perfeziona il suo personaggio a meta' tra la maschera di pulcinella ed
il teatro moderno. La presenza, inoltre dei fratelli Bennato nella NCCP
creano un gruppo vocale-strumentale capace di riportare a galla le radici
della musica popolare.
Ma gli anni '70 creano nuovi fermenti culturali, legati al difficile
rapporto fra situazioni-esigenze del proletariato e le infrastrutture industriali
del napoletano. Legata all'Alfa Sud di Pomigliano D'arco (NA) nasce un
collettivo di operai-musicisti le Nacchere rosse fuoriusciti dal
gruppo dei Zezi sempre di Pomigliano D'arco. Suonano la Tamorra
ed i loro canti trovano una funzione socializzante e propulsiva, esprimendo
il disagio di una provincia che troppo repentinamente e senza sufficienti
strumenti passa da area agricola ad area industriale. La loro musica e'
molto immediata nasce dalla quotidiana contestazione, come da slogan (a
fatica nun ce sta e nun ce a vonne da') legati alla cultura, cosi come
in passato Viviani aveva fatto con la Rumba.
Si affacciano intanto, nel biennio 73-74 altri gruppi che aprono commistioni
tra tradizione e musica pop. Ci si riferisce agli Osanna un gruppo
rock ma anche al gruppo di Napoli Centrale capeggiato da James Senese,
dopo l'esperienza di Showmen 1 e Showmen 2 ( quest'ultimo gruppo scioltosi
nel '72 ). Il gruppo di Napoli Centrale, con brani tipo Campagna,
ottiene strepitosi successi grazie all'originalita' della sua formula,
un mix capace di unire ed amalgamare le radici popolari napoletane con
un jazz/rock moderno. La presenza in questo gruppo di Pino Daniele gli
dara' una rilevanza notevole.
Sara' proprio Pino Daniele a decretare la nascita delle canzone urbana
napoletana nel '77 con Terra mia
Comme triste e comme amor
sta assetate
guarde tutte 'e cose e tutte e tutte
parole che niente ponno fa
m'accire tutta a citta
chellu poco e liberta'
che sta terra
che sta gente
due journe
terra mia terra mia
comme e' bella alla pensa'
terra mia terra mia
comme e' bella alla pensa'
Siamo di fronte ad obiettivi diversi da quelli della canzone tradizionale
dove si esprime un rapporto difficile con la citta' attroverso un sofferto
linguaggio poetico come fara poi lo stesso Pino Daniele in Napule e'
Napule e' mille culure
Napule e' mille paure
Napule e a voce d' 'e creature
che saglie chianu chianu
e ta sai ca nun si sulo
Un testo in cui l'uso del dialetto costituisce una scelta di pura sonorita'.
La
meta' degli anni '70 intanto segnano l'allontanamento di Eugenio ed Edoardo
Bennato dalla NCCP, il primo si unisce a d'Angio' iniziando l'esperienza
di Musicanova che lo portera' a musicare famosi film negli anni '80. Edoardo
dal '74 inizia una straordinaria carriera con Meno Male che adesso c'e'
Nerone , operando un'analisi sociale attraverso la rilettura della
favola di Pinocchio usata metaforicamente per dire no alla cultura dominante
e servendosi non piu' del dialetto ma della lingua italiana.
Delle vaste produzioni di quel periodo si ricorda anche Mangiafuoco
( Non si scherza non e' un gioco / sta arrivando Mangiafuoco / lui
comando e muove i fili fa ballare i burattini / State attenti tutti
quanti, non fa tanti complimenti / chi non balla o balla male lui lo manda
all'ospedale / [...] ) Il Gatto e La Volpe ( Quanta fretta
ma dove corri dove vai / se ci ascolti peer un momento capirai lui e' il
gatto ed io la volpe siamo in societa' di noi ti puoi fidar ) ma poi
sfonda le classifiche con Sono solo Canzonette ( mi
ricordo che anni fa / di sfuggita dentro un bar / ho sentito un juke box
che suonava / e nei sogni da bambino la chitarra era una spada e chi non
ci credeva era un pirata ) e con Un giorno Credi ( Un
giorno credi di essere giusto / e di essere un grande uomo / in un altro
ti svegli e devi cominciare da zero [...] / A questo punto non devi lasciare
/ qui la lotta e' dura ma tu / se le prendi di santa ragione, insisti di
piu' ).
Gli anni '80 si aprono per Edoardo Bennato con Canta appriess 'a
nuje e nell''84 e' in televisione con la sigla della trasmissione Domenica
Sportiva. In questi anni alla ribalta si vedono anche Teresa de Sio con
Voglio canta e con Song e tre ;
Enzo Avitabile con SOS Tony Esposito con Bello
N° 7, ed e' nell' '83 che Enzo Gragnaniello ex disoccupato
del gruppo Banchi Nuovi realizza il suo primo disco, il gruppo di
Napoli Centrale si ricompone aggregando Agostino Narangolo, Savio Ricciardi,
Gigi de Rienzo, dei loro componimenti un testo per tutti Pensione Floridiana;
un brano strumentale in cui si evidenziano le nuove tendenze e la moderna
strumentazione.
La contrapposizione a questa produzione '' impegnata '' e' incarnata
da Nino D'angelo che riprende ancora una volta la tradizione della sceneggiata.
Concettualmente la produzione di questo ragazzo di San Pietro a Patierno
( uno dei quartieri del degrado alla periferia di Napoli ) conserva
la suddivisione in tre parti e l'alternanza tra il recitato ed il
cantato , non basato piu' solo sul dialetto, ma utilizzando anche il linguaggio
nazionale servendosi di batterie e tastiere elettroniche strumentazione
non in uso nella sceneggiata classica di Merola.
La carriera del "ragazzo con il caschetto", cosi soprannominato per
la sua capigliatura, ha un inizio difficile nel '76 con un 45 giri A
storia mie . La storia e' cosi' sintetizzabile un ragazzo scippa una
borsa ad una signora questa lo porta in commissariato ma, ma venuta a conoscenza
della triste condizione del ragzzo gli regala la borsa. Una vera sceneggiata.
La sua produzione successiva si lega al conflitto adolescenziale vissuto
da un giovane "perdente" emarginato dagli intellettuali. D'angelo realizza
anche una sceneggiata per il cinema dal titolo Nu
jeans e na maglietta che divenne anche tema musicale dello stesso.
Nu jeans e na maglietta
na faccia acqua e sapone
ma fatte 'nammura
chesta semplicita'.
Ma tu num me dai retta
dice ca si guaglione
ca ancora nun tiene
l'eta' pe fa l'ammore
tu quindicenne
ma sei gia donna
[...]
Questo film all'epoca della sua uscita fu campione di incassi superando
anche Flash Dance che all'epoca andava molto in auge.
Il percorso ventennale di Nino D'angelo e' tortuoso e faticoso per
dover resistere alla cultura dell'emarginazione ma dimostra come questo
tipo di produzione, detta di massa, di sottocultura, non considerata dal
ceto intellettuale rappresenti invece la cultura del proletariato del vicolo,
della quale d'altra parte scaturiscono nomi come Viviani, Toto, De Filippo.
La Produzione di Nino D'angelo passa per brani tipo A discoteca,
Ragazze Madri, che sporta in Germania nell '86 ( chissa a chest'ora
addo staie tu [...], vaco giranno mieze e strade e t'chiamme ) all'Olimpia'
di Parigi ( Un ragazzo ed una ragazza con la stessa idea )
approda poi negli anni '90 a temi sociali come in Bravo Ragazzo (
bravo ragazzo tu ca te fai o male ogno ghiuorno tu, te staie arrenneno
tropp' 'ampress' e che sta vite e compromess ) e in Ciucculatine
d' 'a Ferrovia (93) in cui rivede un po' la sua vita di adulto a cui
e' mancata l'infanzia ( E si cresciuto / addo se nasce gia'
cresciuto / nun e' pazziate / Tu 'e pazzielle nun le avive / forse si state
qualche vota nnammurate / ma nisciuno t'ha crerute ).
La popolarita' di Nino D'Angelo, forte nella gente (del popolo) napoletana
assurge a personaggio di livello nazionale grazie anche ad una trasmissione
televisiva (febbraio '98) dove Nido D'angelo presenta il Dopofestival di
Sanremo e dove indossa i panni di un pazzariello trash , ma sopratutto
grazie ad un film Tano da Morire della regista Roberta Torre al
quale viene conferito il David di Donatello 1998 alla regia ed alla colonna
sonora il cui autore e' proprio Nino D'Angelo che partendo da napoletano
ragazzo di periferia, gli viene conferito il titolo di cantautore
italiano.
Tano da Morire e' una parodia musicata in tecnica rap di un
drammatico problema del Sud Italia che e' la mafia.
Dint' o sipario e ciele e mmare e' cresciuto,
sotto o stesse cielo addo e' fernuto
nun e' ghiuto a scol
chelle c'ha sapeve
nun se l'era mparato
[....]
Comme era bello Tano mio
comme era mafioso Tano mio
Comme era bello Tano mio
o rap eTano.
Se questo e' l'ultimo momento ( per noi che adesso vi scriviamo ) della
canzone napoletana, in generale tutti gli anni '90 vedono una produzione
alternativa legata ai collettivi ed ai centri sociali. Nel '93 gli Almamegretta,
pur appartenendo a questo tipo di cultura, riprendono brani popolari come
Sanacore , rifacendosi ancora a Viviani.
I quann me nzurai a na guaglione
I quann me nzurai a na guaglione
comme era sapurito
comme era sapurito
a na mugliera
A primma notta ca me cuccai
A primma notta ca me cuccai
ma a me venetto o freddo
e a essa pure
In Sangue e Anima ripercorrono le caratteristiche dei ghetti americani
ritrovando delle assonanze con la situazione e la musicalita' napoletana.
Sanghe e anima
e chella ca t' ra e botte tutte e juorn pe' campa'
Tire annanze e stongo arete
primme chiagne e po esceno a muri'.
Il rispetto della tradizione e' presente anche in un altro gruppo i
Bisca che recuperano Tammurriata di E.A. Mario che diventa
Tammurriata del lavoro nero ( Se m'e' pressione se / se a
tolleranza se A Giuglian ea Baia Domizia / a Villa Literne a Casandrin,
Chill'o fatt e nir nir ) ed ancora dalla tradizione della rumba di
Viviani viene recuperata O Guarracino
Eh
viene ascimm e vaco truvanno
pe ce nzura'
[....]
cu na parrucca
Ma anche il cinema si occupa di problemi sociali napoletani Nanny Loi con
Scugnizzi, recupera i ragazzi di Nisida in un film pieno di tristezza
ma anche di tante speranze. Un collage di brani musicali ancora molto attuali costituiscono l'ossatura
del film, i cui protagonisti sono i giovani emarginati, operando una critica
alla gente potente ed elegante. L’autore dei brani e delle musiche del film è Claudio Mattone e brani come A citta' e Pulicenella ( T'accompagno vico vico / sulo a tte che si' ‘n amico / e te' porte pe’ ‘e quartiere addo' o sole nun se vede / Ma se vede tutto 'o riesto / e s'arapeno ‘e ffeneste / e capisce comm e' bella ‘a citta' e Pulicenella [...] )
Gente magnifica gente ( Gente magnifica gente / chi tanto e chi niente / e nuje stammo a guarda', Gente magnifica gente / di questa citta / Gente magnifica gente elegante e potente ma ‘sta gente che fa! / gente che ama la gente ‘sta gente ce sta’ ) e Perzone
Perzone ( Perzone, perzone , perzone / ca jesceno fore da ogni purtone / ma quanti perzone perzone, perzone/ pe’ chesta città / perzone perzone, perzone s'affaciano tutte da 'o stesse balcone ma quanti pperzone, perzone perzone, / che stanno a guarda' / e' comm’ ‘na quadriglie chi lassa e chi piglia / e a gente s'arravoglie, s'accide, se ‘mbroglia / e ‘a nervature saglie saglie saglie / e nun me vo’ lasse ) costituiscono una miscela
unica nell'interpretazione dei ragazzi di Nisida. Un pezzo comeCarcere 'e Mare acquista nell'economia del film una peculiarita'
tutta sua.
Ancore quanno tiempo ha’ dda passare
Io da ccà dinto me ne voglio ascire
ma tengo la pazienza d'aspettare.
Carcere 'e mare
E aspetto o viento ca me fa vula'
apetto o sole ca .... me fa asciutta' ...
e aspetto o suonno pe pote' sogna
Carcere 'e mare.
Mentre punti piu' melodici nel film sono rappresentati da Scetate
sce
Scetate sce’ Scetate sce’
Jamme a vede’ addo sponta ‘o sole
Ch’e assaie chiu' bello 'e quanno chiove
pe ce scalda, pe ce asciutta
Scetate sce’ Scetate sce’
E’ vvote po’ passa a fortuna
che nun aspetta maje a nisciuno
e se ne va … e se ne va …
Ma ce sta sempe ‘a pazienza ca nun c'abbandona
ce sta a speranza pe’ chi e' malamente e pe' chi e' bbuono
Napule ce vo bene
e nun c'e' po' nganna
E da Parlanno, Parlanno
E ‘ncontrammoce e dammoce a mano
si stammo vicino potimmo parla'
e parlanno, parlanno, parlanno
quanti ccose se ponno accuncia'
quante cose ca sulo si e' ddice
fanno fa pace e te fanno scurda'
E parlanno, parlanno, parlanno
quante strade se ponno truva'
viene cca, e parlanno si avimm’ ‘a parla'
viene cca, pecche e' vvote ‘o silenzio tu ‘o ssaje
nun se po' suppurta'
Questi sono solo pochi testi dei brani musicali del film duro e crudo di Loy, ma rappresentano
l'emozione e la realta' che i giovani vivono nelle carceri : la sofferenza,
la solitudine, il dramma umano. Ma gli anni '90 sono anche anni di rielaborazione
come l'orchestra italiana di Arbore e la nascita di nuove unioni canore
come Murolo-Martini ( quest'ultima recentemente scomparsa ) con composizioni
tipo : Cu mme
Scinno cu mme
funno o mare a truva
chello ca nun tinemmo cca
Viene cu mme
e accummince a capi
comme e' inutile stu suffri
Guardo stu mare
ca c'infonne e paure
sta cercanne e ce mpara'
Ah, ah
comme se fa
e da turmiento all'anema
ca vuo' truva
se tu nun scinn funno
nun o puo' sape'
comme se fa' ...
Pino Daniele, intanto, riprende con Fortunato la tradizione
di Viviani ( Fortunate tene a robba bella nzogna nzo ) Un brano
dedicato ad un ambulate di taralli del centro storico di Napoli. " La voce
di imbonimento per la vendita del prodotto dialoga con il funky americano
" ( Scialo' La canzone Napoletana Newton ). Daniele propone poi CD come
Non calpestare i fiori ... in cui sono presenti brani come
O cammello nnammurato ( o cammello nnammurato se scucciate, pe
sta vita e se ne va / seguendo la luna / o cosi con troppa gente ha ncuntrato
/ l'oro nero dove sta ... lo troverai se avrai fortuna / E il vento soffia
e soffiera' .. [...] / su quel nemico da finire [...] sulla tua pelle dolce
come il miele / [...] ) ed ancora Un Deserto di Parole ( E'
un deserto questo amore / fa affiorare l'acqua sotto il cielo stellato
nel deserto nasce un fiore / fiore della vita / la speranza della vita
/ Africa ... [...] ) ed ancora Fumo Nero ( Credimi il mondo
non ha angeli / e' pieno di miracoli / che la vita e' pure / credimi
attori pelle ruggine e la cultura 'e fagioli / fumo nero nel cielo / guardami
viviamo nell'immagine, ma poi restano al margine e vi sentiamo soli
/ soli / [...] ). L'operazione e' quella della fusione della cultura
africana accostandola a quella partenopea fondendone generi e musicalita'.
Pino Daniele va inoltre, ma non in fine, ricordato per le colonne sonore
scritte per i film di Massimo Troisi. Operazione di riutilizzo di generi
vanno sicuramente ascritte anche a Edoardo Bennato, che nel '92 con Joe
Sarnataro, utilizzando un ritmo rock-blues cantano i guasti nella speculazione
nella citta' di Napoli con la composizione E' asciuto pazzo o padrone.
Un punto di arrivo ad oggi (1998) si puo considerare l'esperienza dei
99 Posse i quali partendo dalla tradizione e cultura dei centri
sociali hanno portato a livello nazionale ed internazionale il disagio
del sud esempio ne e' Taglierete Tutto
Per guidare la Rivolta
non basta la patente
necessita esperienza
in autostrada
conoscenza del veicolo
chiarezza sul percorso
e sopratutto un bel motivo
conveniente
na cosa intelligente
esattamente
cio' che manca a te
ed alla tua gente
In questa nostra breve panoramica, si sono volute inserire anche queste
ultime tendenze che di fatto gia' entrano nella storia e nella cultura
della canzone napoletana. Pur se lontano appare il mondo di Di Giacomo,
Russo, Bovio, oggi si dispone di un patrimonio che costituisce l'ossatura
per la canzone napoletana per nuovi scenari e nuove elaborazioni .
Abbiamo voluto presentare tutti gli aspetti della canzone napoletana
la cosidetta colta e quella rimossa, non con l'intento di esprimere o far
esprimere giudizi di valore, ma solo cercare di presentare tutte le sfaccettature
di una cultura ricca e variegata che molto ha dato e ancor molto puo' dare
a Napoli, all'Italia ed al Mondo intero.
6) Bibliografia
AA.VV. I Cantastorie Racconti popolari dell'ottocento
campano Edikronos Palermo 1981
Salvatore Di Giacomo Poesie e Canzoni Luca Torre Napoli
1993
Umberto Franzese Gli ambulanti Napoletani Newton 1997
Arturo Frette Salvatore Di Giacomo Newton 1997
Sergio Lori Il varieta' a Napoli Newton 1996
Pasquale Scialo' La canzone Napoletana Newton 1996
AA. VV. Napoli Canta Millenote Rosa Hanne Edizioni
G.B. Basile - P. Pullega La cultura letteraria Vol.
II Zanichelli 1985
N. Sapegno Compendio di Storia della letteratura Italiana Vol.
II La Nuova Italia Firenze 1985
P. Pironti Quattro secoli di cantastorie In Strenne Napoletane
1974 a cura di Max Vajro Ed. Del Delfino
La Canzone Napoletana dai Cantastorie ad Oggi
A cura di Rosaria Secondulfo con la collaborazione di
Giovanni Secondulfo
Informazioni, chiarimenti, discussioni at
Contact point giovanni.secondulfo@inwind.it
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