UNIVERSITA'DEGLI STUDI DI CAGLIARIFACOLTA'DI ECONOMIA![]() CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA E COMMERCIO |
ANNO ACCADEMICO 1993 - 1994Relatore: Prof. Benedetto Ballero
|
La nostra Costituzione, nata il 1 Gennaio del 1948, ha sviluppato sinora i suoi principi con una grande forza, dando così un nuovo assetto giuridico allo stato italiano.
E' stata Costituita in un quadro ideologico, nel quale le esperienze culturali democratiche, repubblicane, mazziniane,cattoliche marxiste post fascismo si unirono in una componente culturale unica, che dette vita a un buon compromesso.In un momento vivo di sentimenti e di atteggiamenti culturali, si spronò i Costitenti a prefigurare un assetto costituzionale notevolmente più avanzato della realtà istituzionale e delle possibilità storiche di quel periodo storico.
La Costituzione ha travolto la nostra società con la sua cultura per più di 40 anni, con un vento di rinnovamento che ha prodotto grandiose trasformazioni politiche e sociali.
Ma la riconoscienza alla nostra Costituzione Repubblicana non ci deve impedire, però di fare delle considerazioni; una riflessione critica basata semplicemente sulla sua evoluzione lenta rapportata all'evolversi della nostra società in tutti i campi di attività: questo, ci fa capire che sarebbe il momento di aggiornarla.
Infatti col tempo si sono creati degli effetti distorsivi, creati dalla inattuazione di parti di essa, supplite da modificazioni tacite e con prassi non conformi a se stessa.
L'imperiosa crescita del nostro paese, in termini di modernizzazione, mette in rilievo anche la sua inevitabile mancanza: la sua corrispondenza tra riforme istituzionali e realtà sociale trasformata, tra società politica e società civile.
La caratteristica della nostra Costituzione è la rigidità, che non è altro, in definitiva, che una garanzia, voluta dai nostri padri costituenti proprio per salvaguardarla da modifiche, deroghe, fatte con leggi ordinarie. Quindi la stabilità di essa è tutelata dall'art.138, disposizione che non compariva negli altri ordinamenti precedenti, ma che dà un senso più deciso a quel "compromesso unico" che la distingueva, al momento della sua nascita, dalle altre costituzioni flessibili.
La suddetta garanzia risultava giusta in quel contesto, nel determinato clima di quegli anni, anni di riordino costituzionale, ora non più perentoria.
Da più parti, ora come non mai, si sente la necessità di formulare proposte concrete di revisione Costituzione, in quanto la proplematica attuale della revisione deve agire nei vari campi istituzionali: nei sistemi elettorali, nella Magistratura, nel Bicameralismo, nelle Autonomie Regionali. Chiaramente la Revisione deve partire da dove si sono accumulati gli ostacoli più inportanti, che, oggi, fanno sì che la nostra sia una " Democrazia Tradita ". Questa attualizzazione è cominciata con decisione nel 1984, con l'istituzione della nuova commissione parlamentare Bicamerale per le riforme istituzionali, la commissione Bozzi . Il lavoro di riforma delle istituzioni continua molto lentamente, lasciando ancora spazio a violenze e soprusi costituzionali all'interno soprattutto del Parlamento, che ormai, adattatosi alla Costituzione, riesce a governare solo in balia dei partiti politici. In questo modo la Costituzione è diventata un comlesso sempre più "macchinoso", per cui le difficoltà di adeguarla alle nuove esigenze reali si moltiplicano con i rapporti che tende a regolare e gli interessi che vuole tutelare.
Capitolo 1 - La problematica delle Revisioni Formali
1.1 - La Revisione costituzionale.
1.2 - La Costituzione Materiale.
1.3 - Le principali varieta' costituzionali.
1.4 - La Bipartizione classica tra costituzioni rigide e flessibili.
1.1 - La Revisione costituzionale.
La Costituzione entrata in vigore il 1 gennaio del 1948 fu preparata da un ' Assemblea costituente, i cui atti coinvolssero il lavoro molto intenso di tutta la scienza economica italiana e quindi, sono un punto di riferimento molto inportante per il frutto che generarono.
Il nostro ordinamento, nel suo disegno architettonico, e in particolare nei suoi principi fondamentali, alla luce degli ultimi eventi di questi anni, si e'dimostrato utile per garantire un quadro istituzionale sufficentemente valido.
La Carta del 1948 e' stata testimone dello sviluppo che la societa' italiana ha maturato, da una fase essenzialmente statica, basata prevalentemente sulla attivita' agricola, ad una fase industriale, complessa di formazioni sociali frammentate, non sempre ricondotte ad unita'da un sistema politico lento e spesso inpreparato a governare cosi' profonde trasformazioni.
Ma col tempo il quadro di riferimento sociale e'cambiato, si sono creati degli inceppamenti, specie per quanto rguarda il fondamentale rapporto tra cittadini e sistema istituzionale. Questa situazione, unita al fatto che la nostra Carta, gia' dalla sua nascita, non copriva completamente l'intera materia costituzionale ha messo in evidenza delle disfunzioni.
D'altronde questa situazione e' chiara e messa in evidenza nella stessa Carta costituzionale, nella quale esistono una serie di rinvii e lacune indicate come colmabili dal futuro legislatore.Si puo' dire che l'Italia, nei primi vent'anni abbia avuto uno stupendo Ordinamento, che purtroppo non era ancora attuato e "gia'da rifare"(1).
Infatti dopo la sua nascita, il paese era diviso in due:una parte dell'Italia si aggrappava alla nuova Costituzione, mentre dall'altra parte vi era chi la considerava gia' vecchia e da riformare.
Nell'espressione "Revisione della Costituzione" possono essere ricomprese diverse esigenze, tutte riguardanti la mutazione del testo della Costituzionale.Infatti, come si puo' notare negli studi effetuati da Loewenstein," il fenomeno viene scisso in tre fenomeni contigui"(2) :secondo che al testo della Costituzione si aggiunga niente di estraneo che ne venga a fare parte (integrazione),;oppure dal testo si tolga una parte rispetto al precedente (abrogazione);o, se si opera in entrambi i sensi, sottraendo qualcosa e contemporaneamente aggiungendo un plus (mutamento o modificazione).
Tutta la dottrina e' unanime nell'ammettere che l'elemento basilare di ogni Stato e' il testo della propria costituzione.
Ma non si puo' dire lo stesso per quanto riguarda l'adeguamento delle norme all'interno del testo costituzionale.In effetti, ogni norma dovrebbe essere sempre perfetta sostanziamente, da quando viene emanata e trovarsi successivamente"in una situazione di disarmonia con la societa'"(3) nella quale viene applicata, e quindi riformabile.Pero'puo' anche accadere che la norma, non rispecchi completamente la realta' del momento, fin dal momento della sua nascita.Questo e' il caso in cui sicuramente il problema riveste un'importanza ancora maggiore, facendo discutere l'opinione pubblica.
Affinche il testo costituzionale sia sempre efficente, e' necessaria molta attezione.E'inportante riconoscere quando sia giusto un suo puntuale e preciso aggiornamento, che deve essere effetuato, momento per momento, perche'questo testo deve essere garantista non solo delle forze istituzionali, che in questo modo, districandosi meglio tra gli articoli, possono lavorare agevolmente nella loro ruolo istituzionale, ma soprattutto nei confronti dei singoli cittadini protetti e tutelati da un cosi'consono ordinamento.
Ma regolarmente, pur non escludendo la possibilita' di mutamenti nell'apparato, di regola, detti organi istituzionali, tendono ad assumere una "resistenza passiva" (4) nei confronti delle mutazioni.
Ma in generale, e' maturata nel paese la coscienza della necessita'di un comlesso di interventi di razionalizzazione che ,affrontino gli inconvenienti e che, su una linea di continuita'con i valori espressi dalla Costituzione del 1948, valori della nostra Repubblica, aggiornino il testo tenendo conto dei profondi mutamenti intervenuti.
1.2 - La Costituzione Materiale.
Nell'epoca contemporanea, esistono diverse possibili varieta' costituzionali che corrispondono alle varie caratteristiche che assumono i vari ordinamenti nel loro interno.
Una distinzione concettuale, molto inportante e' quella che consente di distinguere, all'interno di ogni ordinamento, la costituzione Materiale da quella Formale.
Sotto molti profili questi concetti non sono molto chiari: partecipano ad una certa "ambiguita concettuale"(5), propria di certi studi, che operano su un terreno incerto come quello della scienza giuridica dove spesso si scontrano le forze sociali e i poteri.
Ma questi concetti sono stati studiati da numerosi studiosi e quindi dovrebbe essere facile fissare un concetto unitario di costituzione materiale, con i propri elementi caratterizzanti.
Il Mortati, come del resto in modo simile il Gueli influenzato dai caratteri dell'ordinamento fascista, inizialmente defini' la Costituzione materiale come "la forza risultante dell'organizzazione di un gruppo sociale, che riesca trionfando sui gruppi antagonistici, portatori di interessi diversi e orientati verso un diverso modo di intendere l'unita politica, a far valere la forma di ordine affermata"(6).
Quindi spesso si intende per Costituzione materiale l'insieme di principi fondamentali che qualificano il regime politico vigente in quell'ordinamento, i quali raramente coincidono con la Costituzione formale, perche' molte volte i precetti contenuti in quest'ultima non sono considerati inportanti.Infatti la Costituzione formale risulta da tutto il complesso delle disposizioni e norme che regolano in un determinata epoca, la materia costituzionale in un ordinamento statale.
Questi concetti spesso non sono stati accolti unanimamente dalla dottrina, molti autori hanno espresso visioni differenti: secondo l'Esposito la Costituzione materiale potrebbe essere un limite ai mutamenti ; mentre Barile fa riferimento all'esistenza all'interno dell'apparato di una funzione politica generale che poggia sulla Costituzione materiale.
Infine e'opportuno ricordare i piu' recenti contributi di Zangara, di Modugno e di Crisafulli.
Il primo definisce la costituzione materiale una "norma sulle norme" che condiziona la legittimita' delle norme successive e le organizza sistematicamente.(7)Il secondo, la individua come principio giuridico di determinazione e di sviluppo dell'ordinamento(8). Crisafulli, invece, presta piu' attenzione ai rapporti di forza : "non si puo' proclamare la diretta normativita della costituzione materiale, che per la sua genericita', si presta ai piu' diversi fini politici di parte" (9).
La richiesta di rinnovamento di parti del nostro testo costituzionale, finalizzata a costituire nuovi profili giuridici e'motivata sia dalle modificazioni intervenute nei rapporti tra lo stato, la societa'e l'economia, sia dalle novita' presenti nella struttura della costituzione.Per conseguire tale risultato non e'tuttavia, necessario definire ex novo anche i principali concetti giuridici, soprattutto concetti come costituzione materiale e formale;d'altra parte molte volte ritenuti parzialmente superati si ritine da piu' parti, una possibile riqualificazione.
Infatti, secondo un autorevole insegnamento, le tematiche della continuita'del sistema giuridico si debbono tenere distinte da quelle della continuita' dello stato;sulla base di tale distinzione puo' trovare fondamento l'opinione secondo cui alcune nozioni giuridiche risultano utilizzabili oltre la persistenza del quadro sociale che le ha determinate.La nozione di costituzione materiale, pur collegandosi ad esperienze non comparabili con il vigente ordinamento, sembra conservare, una capacita'descrittiva del divenire costituzionale, riconoscimento proveniente anche da quei settori che hanno avanzato critiche alla teoria della costituzione materiale.(10)
1.3 - Le principali varieta' costituzionali.
Oltre queste principali distinzioni, ne esistono delle altre: anche quelle tra costituzioni orali e scritte, Costituzioni lunghe e brevi, Costituzioni ottriate o votate, e infine la piu' inportante quella tra Costituzioni rigide e flessibili.
La distinzione fra Costituzioni scritte e orali si fonda sulla circostanza che l'insieme delle regole che si trovano nella Costituzione formale, non materiale, risulti da uno o piu' testi normativi emanati nelle forme proprie di fonti scritte previste dall'ordinamento, o anche da fonti non scritte(consuetudini, convenzioni).Seconda varieta', sempre piu' rara, ricordata in quanto e' quella di cui offre esempio l'esperienza costituzionale inglese, la cui inportanza e' ben nota.
La Costituzione scritta si ha pero' nei casi in cui manchi anche un solo testo qualificato come "costituzione" e la funzione sia svolta da una pluralita' di atti normativi denominati "leggi costituzionali" "leggi fondamentali".
Mentre la distinzione tra Costituzione ottriata e votata, tipi di Costituzioni che nell'epoca contemporanea sono di inprobabile realizzazione, si riferisce esclusivamente a situazioni verificatesi in altre epoche, in particolare nell'epoca della transizione dall'assolutismo monarchico alla democrazia parlamentare.
Tempo fa, per costituzioni ottriate si itendevano quelle che una volta il Re concedeva, in seguito alle rivendicazioni del movimento liberale, come atto di volonta' unilaterale, contrapponendosi alle altre costituzioni deliberate direttamente dal popolo.
Esempi di tali varieta' costituzionali furono: lo Statuto albertino, fu una Costituzione ottriata, mentre la Costituzione della Repubblica romana del 1849 fu votata.
Con l'espressione "costituzioni lunghe" si indicano quei testi che non si limitano a dettare i principi dell'organizzazione costituzionale e le norme in materia di diritti e doveri dei cittadini, ma estendono l'area delle loro norme in varie direzioni, in particolare la sfera economica.Questo concetto, particolarmente legato all'evoluzione storico-politica della concezione delle funzioni dello stato ed in particolare al passaggio dalle forme di stato prevalenti nel corso del secolo XIX e riconducibili allo schema socialista.
Nella dottrina, inoltre, ci sono stati degli atteggiamenti che hanno portato alla luce altri tipi di Costituzioni, quelle bilancio e quelle programma. La loro distinzione tende a mettere in evidenza il diverso orientamento da cui si sono mossi i redattori di Costituzioni, i quali tendono a fissare in tali documenti un complesso di principi gia concretamente riscontrabili nella realta' dei rapporti politici e sociali.Atteggiamentoche e' proprio di chi vuole fissare regole potenzialmente assolute, la cui validita' si ritiene possa protrarsi nel tempo, per le generazioni future.
Il secondo atteggiamento ,seguito nelle "democrazie popolari, invece, tende ad accostare la funzione della Costituzione a quella di un documento politico che contenga un consuntivo della societa'in trasformazione e solo accessoriamente un programma per la futura generazione. La nostra Costituzione del 1948, appartiene al penultimo tipo, e deriva il suo carattere di fonte del diritto irripetibile, un "unicum", non essendo prevista una sua sostituzione totale(11).
1.4 - La Bipartizione classica tra costituzioni rigide e flessibili.
Per la modifica della Costituzione, lo stato Italiano ha scelto una via fondamentalmente garantista.L'elemento di rinforzo della nostra Costituzione sta proprio alla base della differenza tra Costituzioni Rigide o flessibili.
La Rigidita,' per l'ordinamento Italiano, "si traduce nel divieto di modificare la costituzione se non in date forme e procedure rigorose"(12).
Espressione di questa caratteristica peculiare nel nostro ordinamento e' una norma, l'art.138, che sottolinea la procedura per la revisione costituzionale e la differenzia dal procedimento legislativo ordinario.Tale iter deve adottare procedure aggravate, ed esclude pertanto che essa possa essere modificata, o contrastata da "leggi formali ordinarie"(13),ma solo con norme emanate attraverso procedure particolari, piu' complesse, le leggi formali costituzionali.
Questo sistema particolare e'stato studiato , dai nostri padri costituenti, per cercare di dare alla nostra Costituzione una certa garanzia, una resistenza particolare alle "riforme avventate, ai possibili mutamenti, addirittura spesso non voluti"(14).
Questa procedura piu' articolata, che normalmente caratterizza gli stati democratici, dovrebbe garantire una piu' decisa tutela delle minoranze, proprio per una piu' ardua possibilita' di arrivare a una maggioranza qualificata, costituitasi in seno al parlamento, chiamando a partecipare il popolo, col referendum.(15)
E'quindi intuibile che solo in determinate circostanze, nella nostra carta costituzionale si puo' parlare di revisione delle istituzioni.Solo quando le forze politiche all'interno del Parlamento creno momenti di convergenza, si puo' intraprendere una seria riforma istituzionale.Altrimenti in ambienti non omogenei, dove non si instauri un clima tale la rigidita' interviene ed e' "inevitabile per assicurare il mantenimento del punto di equilibrio conseguito"(16)
Questo ruolo sovraordinato nella gerarchia delle fonti di una Costituzione rigida, non e' il presupposto di una Costituzione flessibile(17).
Le costituzioni Flessibili, sono caratterizzate da una procedura di Revisione molto piu' semplice:non essendoci differenze di forma tra la procedura ordinaria legislativa e quella tendente a modificare l'Ordinamento costituzionale. Quindi puo' accadere che l'organo responsabile che e' il parlamento ponga in essere delle innovazioni anche" indirette"(18),inserendo norme anche in contrasto sostanziale con la costituzione.
Di consuetudine una semplice distinzione tra i due tipi di Costituzioni, si deve a Lord Bryce (19).Questa si basa chiaramente su un dato formale della costituzione : la presenza o l'assenza di norme costituzionali inerenti la revisione.
Ma spesso accade , come spesso la dottrina ha messo in evidenza, che anche in presenza di Costituzioni flessibili ci possono essere dei nuclei di principi fondamentali che fanno si'che "non sarebbe possibile escluderli o mutarli completamente senza influenzare la restante parte della Costituzione" (20).
Questa distinzione che caratterizza il regime dotato di Costituzione rigida dal regime dotato di Costituzione flessibile e' molto inportante per lo stato Italiano.
In passato il nostro stato e'passato da un tipo di Costituzione all'altro;infatti l'ordinamento vigente al momento della nascita del Regno d'Italia era un regime a Costituzione flessibile.
Pero'i concetti di Rigidita' e di Flessibilita'non si dovrebbero considerare staticamente come spesso accade, ma dinamicamente, in quanto devono conciliarsi con una caratteristica di tutti i periodi storici e quindi di tutti i regimi:l'elasticita', la capacita' quindi di un ordinamento, tipico delle "democrazie popolari", di adattarsi alla realta' socio-politica senza avere la necessita'di modificarne il testo.
Nella realta, tutte le Costituzioni, anche le rigide, chiuse nei loro limiti, posseggono un certo grado di elasticita' anche se minimo, che va vagliato attentamente in quanto potrebbe consentire di evitare il ricorso ai procedimenti aggravati di revisione e a degli abusi.
Capitolo 2 - Evoluzione Costituzionale in Italia: Brevi cenni
1.1 - Osservazioni introduttive
1.2 - Lo Statuto Albertino
1.3 - Il secondo periodo statutario
1.4 - Il regime fascista
1.5 - Le costituzioni provvisorie
1.6 - Assemblea costituente e la Costituzione Repubblicana del 1948
1.1 - Osservazioni introduttive
L'Ordinamento Repubblicano costituzionale Italiano, costituito nel 1948, ha avuto nei confronti della tematica di Revisione Costituzionale, una evoluzione particolare, caratterizzata da un quadro storico sempre mutevole nel tempo.
Della Costituzione del 1948 e' necessario porre in rilievo, un aspetto molto importante : la nostra Costituzione contiene un insieme di regole e prevede linee di soluzione sia generali che peculiari pero' appropriate a quel periodo storico, valide in quel momento.
Per cui, oggi, vengono dati dei giudizi contrastanti.Da un lato, si ritiene un prodotto notevolmente avanzato, specialmente nella prima parte; dall'altro, viene dato un giudizio negativo, secondo il quale la Costituzione e' debole e vaga, perche' frutto di transazioni tra i maggiori partiti al potere del tempo, che vollero rinviare ogni scelta.
Di qui l'idea di una Costituzione presbite, che pero' guarda lontano(22).
Si e' soliti distinguere l'evoluzione costituzionale italiana in quattro periodi storici, piu' o meno inportanti: il periodo dello Statuto Albertino, quello dell'Ordinamento Dittatoriale Fascista, quello dell'Ordinamento Provvisorio e infine quello della Costituzione Repubblicana.
Quest'ultima e'una classificazione molto generale e allo stesso tempo tradizionale, alla quale spesso si fa riferimento, ma in effetti per quanto riguarda la trattazione in oggetto, la Revisione Costituzionale, rimane approsimativa.
Quindi, questa classificazione, anche se molto importante, va modificata, almeno in parte; in quanto quest'ultima non tiene particolarmente conto di caratteristiche storiche e politiche che sembrano corrispondere perfettamente alle esigenze della trattazione delle innovazioni apportate all'ordinamento.
Da quanto chiarito, risulta necessario un esame piu' approfondito di ogni periodo storico, importante anche se privo di grossi cambiamenti di origine Costituzionale, ma valido a far comprendere meglio la dinamica di Revisione che ha caratterizzato il nostro Paese.
1.2 - Lo Statuto Albertino
Il 4 marzo 1848, il re Carlo Alberto di Savoia promulgava quello che anni prima fu chiamato "Statuto Albertino", il quale non sembrava, fin dall'inizio, destinato a diventare la Carta Costituzionale del Regno d'Italia. Il suddetto Statuto, del tipo Octroyees, cioe' un tipo di Carta elaborata da un sovrano che fino ad allora aveva governato in un regime di monarchia assoluta; no di certo una carta costituzionale conquistata con la forza del popolo, quindi con una sovranita'di valenza non del tutto originaria.Infatti essa non faceva valere, in questo caso, una sovranita'pura, ma quella concessa con una Carta da un sovrano, quindi con una spontaneita' relativa (23).
Questa Carta rimase per lungo tempo inattuata, a causa della guerra, e successivamente ,di fatto, venne definitivamente superata dalla pubblicazione dello statuto della lombardia.
Il periodo in cui vigeva lo Statuto Albertino, e' stato caratterizzato da grandi rivoluzioni in tutta Europa, un po' dovunque movimenti di liberazione e di indipendenza, da cui scaturi' un esito positivo solo successivamente, nella seconda meta' del secolo.
Si nota, leggendo la sua storia, che lo Statuto Albertino, fin dalla sua promulgazione non venne applicato nella sua totalita', anzi qualche norma aborti' gia' dalla nascita, come quella molto inportante relativa all'attuazione di un sistema di governo costituzionale puro; anche se prevista questa norma fu sostituita da un'altra, che introdusse il sistema di governo parlamentare.Questa fu una modifica profonda della carta, anche perche', incise sull'importante norma della forma di governo: In sostanza, il Governo, invece di trovarsi in una posizione di dipendenza dalla Corona, sostanzialmente dipendeva politicamente dalla Camera dei deputati.
Questo importante statuto resto' in vigore in Italia per quasi cent'anni, perche' duro'anche dopo lo Stato Sabaudo.In effetti lo Stato italiano nacque dalle annessioni di vari Stati: della Lombardia, della Toscana, dell'Emilia, delle Marche e dell'Umbria, e poi del regno delle due Sicilie. Purtroppo con l'unificazione, non si era sentito il bisogno di adottare una nuova costituzione; dunque, l'Italia adotto' la Costituzione di uno degli stati preesistenti, estendendola all'intero territorio nazionale.
Si puo' ben dire che lo statuto fu sottoposto ad una continua, automatica innovazione, soprattutto attraverso l'uso di prassi e consuetudini, specialmente per quanto concerne le norme riguardanti gli organi costituzionali e i loro rapporti, ma anche attraverso la modificazione delle stesse liberta'dei cittadini, le quali vennero piu' volte limitate.
Infatti lo Statuto Albertino era una Costituzione flessibile, modificabile con legge ordinaria: alle modificazioni si addivenne per la semplice applicazione della regola, che la legge posteriore abrogava ogni legge anteriore con la quale si trovava in contrasto. Cosi'lo Statuto pian piano si era adattato, con flessibilita', al mutare della Costituzione materiale.
Lo Statuto Albertino guido' il paese, nel periodo in cui esso era governato da una ristretta oligarchia (1861-1890), ma non era pero' ne' la prima, ne' l'unica delle costituzioni che vennero emanate in italia nello scorcio di tempo nella prima meta' dell'ottocento : la rivoluzione francese e le guerre napoleoniche avevano gia' fatto nascere in Italia varie Costituzioni , analoghe a quella liberale Napoleonica, la repubblica di Bologna, la Cispadana, la Cisalpina, la costituzione del popolo Ligure, la seconda costituzione delle due Sicilie.
Dopo lo Statuto Albertino ne furono emanate altre, sempre ottriate, ma ebbero vita effimera perche ' vennero abolite quasi subito; la sola costituzione liberale che resistette alla sconfitta da noi subita nel 1849 e che uni' l'Italia fu lo Statuto Albertino.
1.3 - Il secondo periodo statutario
Nel periodo Statutario successivo, sino al 1922, non si verificarono cambiamenti profondi, che incisero in qualche modo sulla struttura o comunque sull'ordinamento costituzionale dello stato.
Solo nel 1922 ci fu una rottura della Costituzione vigente, dovuta al monarca , il re Vittorio Emanuele III, che rifiuto' la firma allo stato d'assedio che gli era stato sottoposto dal governo in carica, e costrinse quindi il governo a dimettersi affidando formalmente l'incarico di costituire un nuovo governo a una forza politica di minoranza. Tuttavia, questo avvenimento, non si defini' un colpo di stato, in quanto il re esercito' in quel momento solo una particolare funzione di controllo.Da questo semplice abuso costituzionale in materia di non consultazione da parte Reale, non risulto' necessariamente la rottura del sistema;infatti, agendo in questo modo, il re contravvenendo a una regola di correttezza, non ebbe la possibilita' di chiarire gli aspetti di incertezza del paese in quel momento, in modo da permettere la formazione di un governo adatto alle effettive esigenze della nazione.
Dopo tutto, la decisione del monarca coincise con la decisione presa a posteriori dal Parlamento, per cui il provvedimento fu definitivamente ratificato dalla Camera dei Deputati, che dette la fiducia al governo Mussolini e fece rientrare la situazione posta in essere dal re, per lo meno dal punto di vista formale.
Questo episodio, unito ad altri ad esso precedenti e successivi, ha permesso il sorgere del regime fascista.
1.4 - Il regime fascista
Il periodo di tempo che, dal punto di vista delle innovazioni costituzionali e dei cambiamenti alla procedura di modifica costituzionale e' il piu' importante, e' quello Fascista e si suole indicare con anno di nascita il 1925, come inizio e come sua conclusione il 1929.
Con la politica fascista, sottoscritta con il discorso della corona del 1924, pare che non si possa parlare di profonda innovazione al sistema, a parte la legge n. 24 del dicembre 1925, sulle attribuzioni e prerogative del capo del governo.Infatti solo la legge n. 31 del gennaio del 1926, sulla facolta' del potere esecutivo di emanare norme giuridiche, introdusse delle novita', anche se non fece altro che riordinare una materia sino a quel momento incerta e che aveva creato non poche perplessita'sull'attivita' legislativa. In tutti i casi questa legge fu importante, in quanto con essa si arrivo' a spostare sostanzialmente l'equilibrio tra i diversi poteri statuali, dando l'esercizio del potere legislativo al governo, che fino a quel momento era stato considerato solo eccezionale.
Da questo momento in poi, ha inizio una fase che potrebbe chiamarsi di "ristrutturazione dello Stato" e che portera' all'instaurazione del regime fascista sia dal punto di vista sostanziale che formale.
Infatti sino a quel momento, la costituzione considerata rigida da un punto di vista morale ma non certo giuridico (24) non venne a subire mutamenti rilevanti, a parte le innovazioni apportate dal potere regio ed a favore dell'espansione del potere parlamentare.
L'inizio della fase Fascista di concreta modifica costituzionale, comincio' nel 1926, anno in cui fu abolito un elemento molto inportante caratteristico della Democrazia Parlamentare Italiana: il sistema pluripartitico, che venne modificato in un sistema unipartitico(25).
Dette innovazioni obbligavano tutti i partiti politici , tutte le associazioni, a fare delle comunicazioni all'autorita' di pubblica sicurezza, inerenti tutta una serie di informazioni sull'atto costitutivo,sullo statuto, i regolamenti interni.
Fu istituito il Gran Consiglio del Fascismo, con nuove attribuzioni tipicamente fasciste: detto organo esercitava un potere di vigilanza, di coordinazione e integrazione di tutte le attivita' del regime.
Per quanto piu' direttamente ci interessa, il 9 novembre 1928, fu introdotta una regola atta a modificare la procedura di revisione: fu dato al Gran Consiglio del Fascismo la mansione di dare un parere, obbligatorio ma non vincolante, su tutte le proposte di legge aventi carattere costituzionale. La Costituzione, in questo modo stava cambiando la sua caratteristica principale, da flessibile divenne rigida, ponendo cosi' un problema di estrema importanza, ancor oggi di alta attualita'.
Questo processo di fascistizzazione modifico' i cardini dell'ordinamento costituzionale italiano, creando una differrenza tra legislazione ordinaria e legislazione relativa a materia costituzionale.
In effetti i cambiamenti ci furono, cominciando dal riconoscimento del parere del Gran Consiglio, anche se non vincolante, ma che tuttavia ha introdotto un rafforzamento delle leggi in materia costituzionale pervenendo cosi' alla loro distinzione dagli altri tipi.
Si ebbe un leggero, anche se inportante aggravamento procedurale, piu' che altro un nuovo tipo di leggi: "le leggi rinforzate", che davano alla Costituzione solo una leggera tendenza alla rigidita', anche perche'il gran consiglio era un organo prettamente politico ai piu' alti livelli, non un organo legislativo.In quel periodo era il partito unico che disponeva degli organi statali , in effetti lo era solo da un punto di vista formale, il gran Consiglio e il "Duce", erano suoi organi; era il partito ad avere sostanzialmente il potere.
Da quanto si e' osservato, ci si puo' rendere perfettamente conto che la Costituzione, pur non essendo diventata completamente rigida, si ritenne tale solo in seguito all'emanazione di una serie di principi e di norme caratterizzanti il regime; comunque cesso di essere una costituzione breve e divento' una costituzione lunga.
Bisogna ricordare che, durante il regime fascista, periodo di ristrutturazione costituzionale, trovarono attuazzione due documenti di notevole inportanza: la "Carta del lavoro" e la "Carta della scuola".
Il primo documento, importante sia dal punto di vista costituzionale che politico, detto' i nuovi principi del nuovo ordine monarchico corporativo, elevo' il lavoro a dovere sociale e quindi rientrante tra le funzioni dei cittadini.Fu redatto, insomma un vero e proprio statuto dei diritti e doveri del lavoro.
L'altro documento di rilevanza costituzionale, che concluse il processo di fascistizzazione venne approvato nel 1939, pero' trovo' applicazione soltanto nell'emanazione di pochi atti sull'istituzione della scuola media e sull'istituzione dell'ente per le scuole materne della Sardegna. La Sardegna venne scelta per essere la prima regione d'Italia, nella quale si sarebbe dovuta realizzare la scuola materna di stato.
1.5 - Le costituzioni provvisorie
Nella fase transitoria, che va dalla caduta del fascismo all'elezione dell' Assemblea costituente, un periodo di tre anni, l'Italia dovette affrontare nuovi problemi, tra i quali quelli riguardanti il nuovo assetto dello stato e la sua nuova Costituzione.
All'Assemblea costituente ci si arrivo' gradatamente, in quanto il peso di vent'anni di dittatura aveva contribuito a diseducare politicamente anche le persone che conoscevano bene la politica e i suoi problemi, per cui si puo' immaginare a livello di masse, assillate da problemi del dopoguerra, quale tipo di disinteresse poteva esserci(26).
A seguito del colpo di stato del 25 luglio del 1943, che instauro' una nuova dittatura di tipo monarchico militare, l'Italia riacquisto' una Costituzione nuova di tipo flessibile nella forma dello Statuto Albertino.
In questo periodo si susseguirono prima il governo Badoglio nel 1944, al quale parteciparono per la prima volta i sei rappresentanti al C.L.N. e successivamente un altro governo di tipo oligarchico, tendenzialmente democratico, scaturito dal "patto di Salerno".
L'Ordinamento Costituzionale fu profondamente rinnovato a seguito soprattutto di quest'ultimo tipo di Governo: infatti in seguito a quest'atto, fu emanato il proclama regio del 1944, con il quale il re si spogliava , in via definitiva, di ogni funzione pubblica, nominando il figlio luogotenente generale.Mentre tutti gli altri atti, emanati successivamente, anche se di minore inportanza, derivavano in effetti dal "patto di Salerno", tutti pero' caratterizzati da un nuovo periodo, relativamente libero, in quanto il Paese si trovava sottoposto a un regime armistiziale derivante da una resa senza condizioni.
In questo periodo piu' tranquillo, ma ancora effettivamente tormentato, si deve ricordare un atto inportante che modifico' l'ordinamento Costituzionale allora vigente.La legge, era quella sulle leggi elettorali, del 5 aprile 1945, che riprendeva una certa tendenza all'aggravamento della procedura per la materia costituzionale gia' visto in precedenza.
Una certa analogia vi e' tra quanto avvenuto con l'introduzione del parere della Consulta ed il parere a cui, secondo l'ordinamento fascista era chiamato il Gran Consiglio in materia costituzionale.
Ma l'analogia e' soltanto parziale, in quanto la ratio era sostanzialmente diversa: durante il periodo fascista essa rafforzava un partito politico, tendendo cosi' a indebolire gli altri organi costituzionali, mentre nel caso della Consulta il fine era diverso. Si cercava infatti, al contrario, di temperare il potere del governo, evitando cosi' che solo pochi rappresentanti di ogni partito potessero rappresentare sia i partiti che l'intero universo politico nazionale.
La Consulta voleva ottenere un modo diverso, piu' sicuro di rappresentazione, in modo che gli uomini che stavano al governo fossero controllati da un numero maggiore di persone con estrazione sociale diversa, in modo da poter intervenire ad esercitare piu'che un mero parere, un reale controllo politico nei confronti dell'attivita' del governo, quindi non un autocontrollo, ma un eterocontrollo (27).
Questa situazione rimase sino allo scioglimento della Consulta ed all'elezione dell' Assemblea costituente, e puo'ritenersi caratterizzata da un periodo di diarchia, con un certo equilibrio tra i poteri divisi tra monarchia e C.L.N..
1.6 - L'Assemblea Costituente e la Costituzione Repubblicana del 1948
Dopo il periodo delle Costituzioni provvisorie, con l'elezione dell'Assemblea Costituente, fu creato l'organo che avrebbe predisposto la nuova Costituzione Italiana.
Con l'elezione della Assemblea Costituente fu creato l'organo competente, per predisporre la nuova Costituzione italiana.Questo organo ebbe il compito di regolare la Costituzione provvisoria che doveva vigere sino all' entrata in vigore della nuova Costituzione Repubblicana.
Con la Costituzione delle nuove Camere, nel 1948, quindi con l'elezione dei deputati e dei senatori, termino' il periodo delle Costituzioni provvisorie. Il periodo delle incertezze, non termino', per cui la costituente resto' ancora in funzione non soltanto per porre in essere gli atti indispensabili per la realizzazione degli imperativi costituzionali, ma anche per emanare talune leggi costituzionali per le quali nessuna riserva era stata fatta.
In questo modo si puo'dire che anche la Costituzione Repubblicana comincio' la sua vita nel non rispetto delle regole da essa stabilite, permettendo che l'Assemblea Costituente, pur avendo esaurito il suo compito, si sostituisse agli organi legittimati ma soprattutto potesse cercare di sottrarre il controllo della Corte costituzionale a certi atti, non cosi' legittimati dalla Costituzione, ma con un atto innovativo di vero e proprio potere costituente.L'omissione risulto' ancora piu' grave, in quanto non si puo' tralasciare il non aver provveduto da parte dell'Assemblea ad emanare le norme relative al funzionamento della corte costituzionale.
Una tale carenza causo', nell'ordinamento italiano, un grave squilibrio, proprio in un settore molto delicato, in quanto la creazione dell'organo garantista per eccellenza, la Corte Costituzionale, al quale doveva essere affidato il compito, di grande importanza in quel periodo, di controllo di legittimita'costituzionale sulle leggi e sugli atti aventi valore di legge e che inoltre doveva svolgere un tale controllo nei confronti degli atti emanati anteriormente alla emanazione della Costituzione democratica, che potevano facilmente trovarsi in contrasto con essa.
In quel periodo, purtroppo, come ha evidenziato una recente indagine, era presente nel paese un enorme distacco tra la classe politica ed il resto dei cittadini, che provoco'un'indifferenza sia nei confronti dello Stato e della sua ricostruzzione, sia nei confronti dei partiti politici.
L'importanza del ruolo dei giuristi derivo' in buona parte dalla scarsa preparazione della classe politica, la quale affido'loro la redazione della maggior parte del testo costituzionale.
Il nuovo colpo di stato, del 10 maggio del 1946, per il quale Vittorio Emanuele abdico', non creo' grandi conseguenze perche' furono subito neutralizzate per il comportamento del governo.
L'Assemblea Costituente creo'questa situazione anomala, che si sarebbe potuta evitare;infatti se nella Costituzione fossero stati fissati dei precisi termini entro i quali il Parlamento avrebbe dovuto provvedere in materia, questa situazione non si sarebbe creata.
Le cose non andarono cosi'non solo per quanto riguarda la Corte Costituzionale, ma si puo' ricordare che l'ordinamento ha subito altri squilibri gravi e pericolosi derivanti da inadempienze costituzionali del Parlamento, specialmente in materia di liberta'e di eguaglianza.
Si deve inoltre ricordare che, poiche' lo Statuto Albertino si era prestato a troppi cambiamenti, si volle adottare una Costituzione rigida.Per cui la procedura di Revisione Costituzionale, cosi' modificata dal nuovo testo, contenuta nell'art.138, deve essere eseguita solo con l'emanazione di leggi costituzionali.Queste leggi sono necessarie per la procedura di revisione, dalla quale peraltro l'art.139 sembra avere escluso la forma Repubblicana. Altre leggi, poi, hanno posto particolari procedure, come quella che attribui' la competenza in materia di emanazione di Statuti Regionali.
Capitolo 3 - La Procedura di Revisione Costituzionale
1.1 - La procedura ordinaria di revisione prevista dall'art.138 della Costituzione.
1.2 - L'iniziativa legislativa:l'iter davanti ai due rami del parlamento.
1.3 - I Limiti alla procedura.
1.4 - Il principale limite Assoluto:l'art.139.
1.5 - Il referendum popolare.
1.6 - Le procedure speciali.
1.1 - La procedura ordinaria di revisione prevista dall'art.138 della Costituzione.
La funzione di Revisione Costituzionale, che e' il potere di emendare la Costituzione, viene affidata al Parlamento, il quale pero'non puo' esplicare questo potere se non attraverso procedimenti speciali e procedure particolari.
La nostra Costituzione "rigida" si pone in posizione sovraordinata rispetto a tutte le altre fonti che non abbiano grado costituzionale, sicche'la revisione costituzionale non puo'essere operata altro che con leggi formalmente costituzionali.
Le Costituzioni Rigide pero' sono quasi sempre "parzialmente rigide", nel senso che possono essere modificate dalla questa suddetta funzione, anche se la loro natura costitutiva non lo permetterebbe.Infatti nella nostra Costituzione, anch'essa rigida, non tutte le regole costituzionali sono modificabili, derogabili, o comunque contrastabili da leggi ordinarie(28).
Il procedimento di questa funzione e' contenuto nell'art. 138 della Costituzione, il quale svolge una funzione di duplice garanzia, poiche' tale disposizione oltre a tutelare la rigidita'costituzionale nei confronti della legge ordinaria, assicura una maggiore stabilita', nel tempo, alle disposizioni costituzionali.
A giudicare dal ristretto numero di revisioni costituzionali approvate, a fronte dei ben piu' numerosi progetti di legge decaduti per la fine delle varie legislature che si sono fin qui succedute, verrebbe da pensare che si sia voluto garantire il principio di stabilita'della Costituzione attraverso la predisposizione di un procedimento di revisione complicato. Infatti l'articolo 138 prevede che le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali (cioe'gli emendamenti alla costituzione) siano adottate da ciascuna camera con due successive deliberazioni a intervallo non minore di tre mesi e approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna camera nella seconda votazione:durante la quale non e' lecito introdurre emendamenti , perche' non si tende a rimettere in discussione il testo, ma solo la convenienza della legge nel suo insieme.
Quindi, in primis, occorrera'che le due camere raggiungano l'in idem consensus sullo stesso testo;in un secondo tempo ciascuna di esse dovra' riproporlo in una votazione finale.
Il procedimento prosegue quando le leggi di revisione sono sottoposte a referendum popolare se entro tre mesi dalla loro pubblicazione ne abbiano fatto richiesta un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque consigli regionali.
Questo referendum e' diverso da quello abrogativo, per il quale e' dettata una speciale norma, l'art.75 , per la quale occorrono due quorum. Solo nel caso che la legge di revisione sia stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti, il referendum non avra'luogo.
Perche' la legge possa essere sottoposta a referendum essa deve essere pubblicata prima di essere promulgata, ma l'entrata in vigore di essa resta sospesa fino all'esito del referendum (29).
La spiegazione risiede in specifiche ragioni politiche.
Infatti in questo articolo le ragioni politiche che lo caratterizzano sono riscontrabili facilmente propio nella sua complicazione:la difficolta'di compattare maggioranze di governo su decisioni di estremo rilievo destinate a durare nel tempo, quali sono quelle relative a revisioni della costituzione;la diffidenza di tutte le maggioranze parlamentari nei confronti di interventi popolari di tipo referendario; la difficolta' di realizzare una maggioranza parlamentare con il contributo di gruppi di opposizione.
Inoltre, nell'articolo in esame si parla di "leggi di revisione costituzionale" e di "altre leggi costituzionali", generando una certa confusione. Questo tipo di terminologia genero' dei problemi gia' nell'Assemblea Costituente, quando l'on.Perassi, ne espose il testo, poi adottato, che sembra apparire, da parte della dottrina, non del tutto chiaro.Questo perche' la stessa Costituzione usa l'espressione di legge costituzionale per indicare leggi di revisione costituzionale, poi perche'ogni legge costituzionale contiene in se', in qualche misura, una legge di revisione.
Osservando la prassi di quasi cinquant'anni di uso, si nota che sia le leggi propriamente di revisione della costituzione sia le altre leggi di grado costituzionale sono state formalmente indicate come "leggi costituzionali", senza alcuna differenziazione.
Leggi di revisione e altre leggi costituzionali, dunque, sono fonti pariordinate, dal punto di vista della loro forza formale, entrambe hanno la stessa capacita' innovativa e lo stesso grado di resistenza.
1.2 - L'iniziativa legislativa: l'iter davanti ai due rami del parlamento.
La disciplina del procedimento di Revisione costituzionale, ovvero il procedimento di formazione delle leggi costituzionali e' fondamentalmente la stessa che si applica in relazione alla legge ordinaria, tranne che per alcune differenze che realizzano una forma di "aggravamento".
L'aggravamento consiste nel raddoppiamento dell'iter della procedura, per il compimento della quale occorrono due approvazioni del progetto, una da parte della Camera ed una da parte del Senato.
Infatti, dopo l'esame da parte della Commissione in sede referente e da parte dell'Assemblea, il progetto viene votato secondo il procedimento ordinario e l'approvazione , in prima lettura, avviene a semplice maggioranza. Il testo, pero', non e' ancora approvato;la Costituzione, come si e' gia' detto, richiede una seconda deliberazione da parte di entrambe le Camere, con un periodo di intervallo minimo di tre mesi fra le due deliberazioni e con speciali maggioranze (30).
La fase della prima deliberazione non pone particolari problemi poiche' si applicano le solite norme del procedimento ordinario.L'unico problema, in tale fase, consiste nella possibilita' di deliberare la dichiarazione di urgenza, sia in quella prevista dall'art.73 ai fini della riduzione del termine di promulgazione, sia ai fini della riduzione dei termini per la presentazione della relazione della Commissione referente per l'espressione dei pareri delle altre commissioni.La dichiarazione di urgenza viene cosi' sottoposta a condizioni diverse:nel primo caso e' richiesta la deliberazione a maggioranza assoluta in entrambe le camere;nel secondo caso basta invece una deliberazione a maggioranza semplice.
Ci si e' chiesti se il procedimento delle due deliberazioni dovesse concludersi prima in una Camera, passando il progetto all'altra Camera solo successivamente per compiere lo stesso iter.
In effetti, questa e' stata la procedura adottata per la prima legge Costituzionale (11 Marzo 1953, n.1).Pero' questa procedura e' stata ritenuta eccessivamente gravosa e piu' lenta di quanto non fosse nelle intenzioni del costituente, cosi' si consenti' una revisione nel 1957 che abbrevio' l'iter minimo necessario.
La seconda deliberazione invece ha una fisionomia diversa dalla prima, in quanto ha la principale funzione di assicurare la necessaria ponderatezza all'approvazione di un atto di grande inportanza come e' qualsiasi legge costituzionale.
La conseguenza di questa fisionomia sono le norme dei regolamenti della Camera (art.99), e del Senato(art.123), i quali limitano il lavoro della commissione competente al riesame del progetto solo nel suo complesso;si escludono chiaramente gli emendamenti e richieste di stralcio di norme.Cosi' dopo la discussione in generale, si passa direttamente alla votazione finale.
Quindi se nella seconda deliberazione si ottiene una maggioranza dei due terzi dei componenti, la legge costituzionale si ritiene approvata ed esclude la possibilita' di richiedere l'indizione del referendum popolare.La legge, di cui il presidente della Camera o del Senato deve farne menzione espressa nel messaggio all'altra Camera, determina la sua approvazione che viene promulgata dal Presidente della Repubblica.Solo nel caso di una maggioranza assoluta, la situazione muta, la legge non viene promulgata;ma devono decorrere tre mesi per la richiesta dell'indizione del referendum da parte di un quinto dei membri di ciascuna camera, o di cinquecentomila elettori o di cinque consigli regionali.
Quindi la promulgazione delle leggi Costituzionali che avviene in momenti diversi, a seconda delle maggioranze, crea gli stessi problemi con quanto sostenuto a proposito della promulgazione delle leggi ordinarie:quando vi sia l'ipotesi di legge inesistente o quando la promulgazione comporti la possibilita'di far valere nei confronti del Presidente della Repubblica la responsabilita' per alto tradimento o per attentato alla Costituzione prevista dall'art.90 della Costituzione.
In questo secondo caso l'esempio esplicito, probabilmente unico, e' dato da una legge costituzionale che volesse modificare la forma repubblicana dello stato, in contrasto con il limite espresso stabilito dall'art.139 della costituzione (31).
Si e' discusso anche sulla possibilita' di ammettere il rinvio presidenziale di cui all'art.74, nei confronti di leggi costituzionali.Il rinvio certamente non e' possibile, in quanto in contrasto con norme sostanziali.
Pero'e' anche da ammettere che il rinvio possa risultare da considerazioni di merito, sull'opportunita'della revisione, operata dal presidente in quanto rappresentante dell'unita' nazionale;ma questa situazione, in concreto, sembra assai problematica, in quanto il momento in cui operare tale rinvio pare possa essere il momento difficile della promulgazione.
Si e' osservato che, posto che l'art.74 della costituzione stabilisce che il rinvio possa essere compiuto soltanto nei confronti delle camere, tale potere va escluso quando il rinvio dovrebbe essere indirizzato al popolo oltre che alle Camere. Questo accadrebbe non soltanto nell'ipotesi in cui il popolo sia in concreto intervenuto nel procedimento di formazione delle leggi costituzionali, ma anche, secondo una ulteriore opinione, nell'ipotesi di leggi costituzionali approvate in seconda deliberazione a maggioranza di due terzi.
Questo argomento parte dal presupposto della qualificazione dell'intervento popolare nei confronti delle leggi costituzionali come elemento costitutivo e quindi in qualche misura dall'affermazione che la titolarita' della funzione di legislazione costituzionale spetti anche al popolo oltre che alle Camere.
Ma data l'inportanza di questo potere, la sua inammissibilita', e' stata argomentata ancora dalla una considerazione: secondo alcuni autori, argomentano puntualizzando che la richiesta di riesame sarebbe superflua dal momento che una seconda deliberazione delle Camere si e' gia' verificata automaticamente per l'art.138.
1.3 - I Limiti alla procedura.
Il problema dei limiti e' fondamentalmente connesso con quell' altro della continuita'dell'ordinamento, garantita dal carattere rigido della nostra carta, contenendo il mutamento della costituzione entro certi argini.
L'esigenza da sottolineare e' che si rendono necessarie delle innovazioni della struttura della societa', tali da comportare cambiamenti anche su quei valori fondamentali che dovrebbero essere "immutabili", in questo modo limitati dalla Costituzione.
La necessita' di tali innovazioni e' praticamente continua, tale essendo il processo di innovazione della societa'.
Ma, in realta', una qualunque legge costituzionale che osasse attentare ad essa cadrebbe sotto la "scure" della Corte costituzionale, che anche recentemente (sentenza n.1146 del 1988) ha detto testualmente :"La costituzione italiana contiene alcuni principi supremi che non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi".
A questo proposito e'stato autorevolmente notato che, "pur potendosi comprendere il potere di revisione della costituzione nel piu' ampio potere costituente,in quanto non si spiegherebbe la propria attivita' di revisione, suddetta attivita' essendo "limitata", viene definita come impropria.
Infatti la differenza tra i due poteri, quello Costituente e quello di revisione, e' puramente temporale ferma restando l'identita di potere: non e' di grado, non e' tra organi, ne e' di oggetto, ma l'attivita' di revisione e' presupposta logicamente nella stessa funzione costituente tant'e' che non vi e' chi non ammetta , anche con limiti diversi, che sussista la legittima possibilita' di modifica.
Cosi' la dottrina si e' chiesta piu' volte se ci siano dei limiti alle riforme istituzionali e di quale natura siano.
Che la revisione costituzionale incontri dei limiti e' un concetto sicuramente pacifico ;molto meno pacifico e' invece stabilire quali siano tali limiti e quale sia il valore da attribuire loro.
Oltre ad una differenza derivante dall'accogliere o meno l'esistenza dei limiti, la problematica principale si basa sul fatto che esistono una serie di classificazioni dei limiti stessi. In primo luogo i limiti differiscono, a seconda del tipo di Costituzione se rigida o flessibile, differenza ormai nota, oppure i limiti applicabili solo alle leggi costituzionali, che si differenziano da quelli delle leggi ordinarie.
I limiti inoltre si differenziano in varie specie : in formali o sostanziali, secondo che riguardino i procedimenti da seguire o i termini da osservare; espressi e impliciti, secondo che trovino la loro precisa formulazione nel testo o si desumano da particolari normative a determinati rapporti o che siano argomentabili dal sistema considerato nel suo complesso;assoluti o relativi se risultano superabili o insuperabili solo tramite procedimenti aggravati; eteronomi o autonomi, a seconda che si ricolleglino agli altri ordinamenti(il diritto della chiesa, o quello internazionale).
I limiti Assoluti, detti essenziali, sono i piu' inportanti.
Detti limiti sono chiamati cosi' perche' riguardano parti fondamentali della Costituzione;del resto, interesse per la trattazione della revisione costituzionale rivestono non gia ' i limiti relativi, riguardanti le modalita' del procedimento di revisione, bensi' quelli assoluti.
Attribuire valore assoluto ai limiti della revisione costituzionale significa ritenere che questi non possano essere legalmente superati nell'ordinamento al quale si riferiscono e che pertanto la loro violazione costituisce un atto rivoluzionario, dal quale consegue un mutamento dell'identita' dello stato;infatti non e' sufficiente l'emanazione di una legge perche' il regime sia cambiato, ma occorre ancora in modo che il tentativo di operare il cambiamento abbia successo, che la disposizione sia in grado di tradursi in atto(32).
Il limite ritenuto "assoluto" per eccellenza lo si trova nell'art.139 Cost. per il quale "la forma Repubblicana non puo' essere oggetto di revisione costituzionale".
Mentre attribuire valore relativo ai limiti significa ritenere che pur essendo insuperabili per la normale funzione di revisione costituzionale, lo siano invece in sitazioni diverse:qualora si ricorra a revisioni aggravate o diverse, non previste dall'ordinamento.La loro violazione comporterebbe lo stesso il mutamento dell'identita' dello stato, pero' mentre per quest'ultimo tale conseguenza e' inevitabile, per il limite relativo essa non si pone quando vengano osservate le particolari condizioni che ne consentono il superamento.
La corrente d'opinione piu' autorevole sostiene che i limiti assoluti non rivestono completamente carattere di assolutezza, ma solo che la loro modifica debba avvenire attraverso un duplice procedimento di revisione:il primo rivolto ad eliminare la norma che sancisce il divieto del mutamento, il successivo avente ad oggetto la nuova disciplina.Non si contesta l'esigenza che la costituzione si adegui alle nuove situazioni, quali si producano nell'ambiente in cui deve operare, ma si vogliono solo individuare i criteri idonei a differenziare gli emendamenti dell'ordine costituzionale in atto, dal sovvertimento che ne segna la soppressione e la sua sostituzione con uno nuovo(33).
La ricerca del fondamento necessario a dar ragione delle limitazioni inposte all'organo di revisione fa leva sulla differenza di grado sussistente fra la Costituzione e la legge di revisione, fra la fonte che da il potere e l'attivita' che esercita il potere stesso.La legge di revisione viene ad assumere di fronte alla Costituzione una figura analoga a quella della legge delegata rispetto alla delegante, pur dovendosi escludere che sussista fra le prime due un rapporto assimilabile a quello delegatorio.
Pero', secondo altri autori, determinate norme per loro intrinseca natura operano quale limite assoluto.
La tesi a cui ci si riferisce si avvicina a quella del Burckhardt, senza pero' giungere a negare la giuridicita' delle norme di revisione;tale tesi analizza questo tipo di limiti senza pero'giungere a negare la giuridicita'delle norme di revisione.
In definitiva questa tesi ha il merito di affermare l'esigenza propria di ogni sistema costituzionale di un punto fermo, della permanenza delle situazioni di potere che condizionano le manifestazioni di volonta' in esso operanti, pur nelle trasformazioni cui e' sottoposto nel corso del tempo.
1.4 - Il principale limite Assoluto:l'art.139.
Anzitutto, nel nostro vigente ordinamento, un limite assoluto stabilito lo si trova nell'art.139 della Costituzione per il quale "la forma repubblicana non puo' essere oggetto di revisione costituzionale".La giustificazione di questa disposizione, come si puo'leggere nei dibattiti all'Assemblea Costituente, fu praticamente politica volendosi sottolineare la "repubblica"(34).
L'immutabilita' della forma repubblicana fu infatti uno dei frutti scaturiti dai lavori dell'Assemblea costituente, nella quale la suddetta questione fu sollevata da Togliatti e Dossetti:il primo introdusse il tema della non assoggettabilita' al procedimento di revisione costituzionale della forma Repubblicana, il secondo avanzo' in antitesi il concetto di definitivita'della scelta repubblicana(35).
Proposte che generarono, come era facile prevedere la reazione violenta dei monarchici, dei liberali e dei qualunquisti che definirono questo tentativo di "pietrificazione", antidemocratico, in quanto negava il diritto della sovranita' popolare di mutare il regime.
I costituenti che la approvarono videro in essa formalmente concretizzato il punto di non ritorno della Monarchia, mentre per i costituenti filomonarchici la norma rappresentava un grave e solenne ostacolo, sia pur soltanto di natura giuridica, per le aspirazioni di restaurazione monarchica.
Quindi sull'interpretazione di questo limite la dottrina e' divisa :secondo parte della dottrina, tale limite della forma Repubblicana, che si ritiene essere anche un limite esplicito, e' legalmente immutabile perche' attinente alla forma di stato o regime instaurato in Italia; essa e' elemento costante della costituzione materiale, che fonda e sostiene la costituzione formale , ne provoca i mutamenti, ma nello stesso tempo determina i limiti entro cui questi possono attuarsi senza che resti alterata l'identita'dell'ordinamento positivo.
Nel senso che, se qualcuno di codesti principi e valori venisse inciso o mutato, l'ordinamento cesserebbe di essere quello che e' per diventare un altro, tutto diverso, al primo non riconducibile(36).
Secondo il resto della dottrina, invece, si arriva a sostenere che siffatte affermazioni dovrebbero essere intese solo come voto politico, non come barriera giuridica insuperabile.
Nella funzione di revisione infatti, la norma costituzionale deve essere rispettata, per cui un tale divieto, pur tenendo ad accentuare la rigidita', non e' in assoluto "intoccabile".
I sostenitori della tesi della modificabilita'dell'art.139, argomentano ritenendo che questa norma ha un valore particolare, in quanto essa e'l'esito di un referendum ad hoc, percio' sarebbe superabile solo ad opera di un referendum popolare istituzionale analogo a quello del 2 giugno 1946; soltanto con lo stesso mezzo infatti, si potrebbe arrivare ad una modifica istituzionale poiche' si tratta di una complicazione procedurale, comportante per la sua modifica, una doppia procedura di revisione.
Si elimina cosi' la tesi radicale che ogni mutamento in tal senso potrebbe esser compiuto per via antigiuridica ;questo inplicherebbe che qualunque propaganda monarchica dovrebbe ricadere nell'ipotesi delittuosa di cui all'art.283 Codice penale, modificato dalla Legge n.11 del 1947,(fatto diretto a mutare la Costituzione dello stato e la forma del governo con mezzi non consentiti dall'ordine costituzionale).
Ma la nostra Costituzione non permette che nessun limite possa essere modificato per il procedimento innovativo.In sostanza anche questo limite insuperabile, il limite di regime, non puo' essere modificato .
Esso e' anchesso adombrato dalla tesi del Ross, secondo la quale le norme sulla revisione non sono suscettibili di revisione;per cui da queste considerazioni si deduce, in definitiva, che queste teorie non possono essere accolte.
La dottrina ha spesso cercato anche di chiarire il concetto di "forma repubblicana", come viene proposta nell'art.139 :la forma repubblicana "non e'altro che la naturale conseguente strutturazione ed organizzazione del principio democratico"(37).
La "Repubblica", e' il governo derivato dal popolo, e' il regime in cui le istituzioni politiche supreme ricevono un investitura di potesta' derivanti dal basso, dal popolo.
L'art.1 della Costituzione pare ambiguo nel recitare che:"L'italia e' una Repubblica democratica fondata sul lavoro".In quanto il termine "repubblica", ingloba gia' il significato di democratica, per cui in una forma di stato democratica , la struttura organizzativa, il regime politico, non puo' che essere quello in cui le potesta' supreme sono esplicazioni della "summa potestas in populo".
Ma nella Costituzione vigente si verifica una chiara inversione:e' il Parlamento il soggetto attributario del potere di agire, mentre il popolo, che pur resta titolare della suprema potesta'ausiliaria, sembra quasi integratrice della volonta parlamentare(38).
Ma se non vi puo' essere una "repubblica" non democratica, perche' invece l'esercizio del principio democratico e' regolato dalla Costituzione ?.
1.5 - Il referendum popolare.
E' stato recentemente rilevato come il referendum, sia quello preventivo che quello successivo all'entrata in vigore di una legge, non fu concepito dai costituenti come uno strumento di determinazione dell'indirizzo politico da parte del popolo, ma come un semplice atto di controllo sull'opportunita politica delle leggi.
La forma di governo parlamentare non sarebbe stata compatibile con un referendum che funzionasse come strumento di determinazione popolare dell'indirizzo politico, cioe' un mezzo attraverso il quale il corpo elettorale potesse esprimere un giudizio sul merito politico delle leggi. L'intervento popolare mediante il referendum, le cui modalita' di attuazione sono state disciplinate dalla legge n. 352 del 1970, puo' esplicarsi soltanto in presenza di determinati presupposti stabiliti nell'art.138.
La legge n.352 determina in dettaglio le diverse procedure da seguire da parte dei soggetti, per presentare la richiesta di referendum alla cancelleria della Corte di Cassazione.Successivamente l'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte, ha il compito di verificare se la richiesta di referendum sia conforme alle norme dell'art.138.
In particolare, esso deve controllare che la richiesta sia legittima, tanto dal punto di vista formale (che i soggetti siano quelli previsti dalla Costituzione), quanto dal punto di vista materiale (che la richiesta si riferisca ad una legge costituzionale) (39).
E' prioritario che la legge costituzionale sia stata approvata in seconda deliberazione a maggioranza assoluta, perche' la maggioranza semplice non basterebbe, mentre l'approvazione a maggioranza di due terzi dei componenti di ciascuna camera esclude la possibilita'di chiedere il referendum.Inoltre e' necessario che, entro tre mesi dalla pubblicazione della legge, venga richiesto da un quinto dei membri di una camera o da cinque consigli regionali o da cinquecentomila elettori.
Quindi se il referendum e' validamente richiesto, si inizia un ulteriore procedimento, differenziato da quelli svoltisi dinanzi alle camere e destinato a concludersi con l'approvazione o con il rigetto del progetto da parte del corpo elettorale.
Se sussistono gli indicati presupposti, ha luogo il suddetto Referendum al quale hanno diritto di partecipare i cittadini in possesso dei requisiti necessari per essere elettori della camera dei deputati.
Questo tipo di referendum e' regolato da norme simili a quelle dettate per il referendum abrogativo; pero'a differenza di quanto stabilito dall'art.75 della Costituzione per il referendum abrogativo, l'art.138 non prescrive un quorum di partecipazione per la validita' del referendum, infatti la legge viene approvata dalla maggioranza dei voti validi.
La prima soluzione possibile che potrebbe accadere e' costituita dalla dichiarazione dell'invalidita'della richiesta di referendum da parte dell'ufficio centrale presso la corte di cassazione:quindi in questo caso la legge e' senz'altro promulgata e pubblicata.La stessa cosa accade se il procedimento si svolga fino al termine e il progetto viene approvato.
Pero' in caso di esito sfavorevole del referendum, di cui il Ministro di Grazia e Giustizia deve dare notizia mediante la pubblicazione del relativo risultato, il procedimento di formazione della legge costituzionale si interrompe come nei casi di rigetto da parte di una delle camere e quindi trova applicazione la regola generale in virtu' della quale i progetti respinti non possono essere ripresi in esame prima di sei mesi.
E' evidente, che ove il progetto sia stato respinto in seguito a referendum, la sua riproposizione sara' praticamente possibile soltanto ove sia intervenuto un radicale cambiamento della situazione politica(40).
La procedura di revisione costituzionale comprendente l'eventualita' del ricorso al referendum popolare presenta numerosi aspetti interessanti ed anche molti maggiori problemi che non la procedura meramente parlamentare.
Uno dei piu' inportanti quesiti riguarda la natura giuridica dell'atto sottoposto a referendum.
La terminologia usata dalla Costituzione, parla di leggi sottoponibili a referendum e non a progetti di legge:atti che hanno gia' subito il procedimento di formazione.
Nonostante cio', dato che anche nel testo finale si parli sempre di leggi e non di progetti di legge, l'opinione di molti costituenti era orientata nel senso di considerare l'atto sottoposto a referendum come un atto non completamente perfetto(41).
Questo e' il modello di sovranita' popolare contenuto nella nostra costituzione, che non pone il popolo come forza primigenia anteriore o superiore alla costituzione, ma lo regola e lo organizza attribuendogli poteri e segnandone i limiti di una democrazia rappresentativa, corretta cosi' da istituti a funzionamento sporadico ed eventuale, di democrazia diretta(42).
Ma come Marx sostenne che :".....e'necessario che il movimento della Costituzione, il progresso, diventi il principio della Costituzione, che, dunque, il reale sostegno della Costituzione, il popolo, diventi il principio della Costituzione"(43).
1.6 - Le procedure speciali.
Oltre la procedure stabilite dall'art.138 e che, per la loro applicazione alla quasi totalita'delle materie costituzionali, possono essere definite "procedure ordinarie di revisione", la Costituzione ha stabilito, per alcune materie, delle speciali procedure cui debbono essere sottoposte le leggi costituzionali di revisione.
L'art.132 stabilisce una particolare procedura pluriaggravata per la materia di cui all'art. 131 : per le fusioni di Regioni esistenti o la creazione di nuove.
Tale procedura indubbiamente piu' complessa rispetto a quella prevista per le leggi costituzionali, nonostante l'aggravamento riguardi solo la fase preparatoria della legge, mira a una maggior tutela delle autonomie locali e mostra l'estremo rispetto della Costituzione nei confronti dell'ente regione (44).
L'intervento delle popolazioni delle Regioni e' sempre necessario in via preventiva, soprattutto perche' l'iniziativa e' subordinata alla richiesta dei Consigli comunali, ma anche perche' e' previsto un referendum obbligatorio a livello locale e la consultazione stessi consigli.
Un'altra speciale procedura di revisione e' quella riguardante la modifica dei patti lateranensi, effettuata d'accordo tra le due parti mentre la normale procedura e' da seguirsi per modifiche unilaterali od anche per la sostituzione ad essi di altro sistema di regolamentazione dei loro rapporti diverso dal concordatario.
Infine altre procedure speciali sono stabilite da taluni degli Statuti regionali speciali per la propria revisione.
Uno di questi Statuti e' quello Sardo, infatti nell'art.54 dello stesso statuto risulta aggravata la procedura di revisione.
In effetti le procedure speciali sono state poste in essere per determinate materie allo scopo di fornire delle particolari garanzie onde meglio preservare la norma e tenerla aderente alle necessita' della comunita'e, nel caso specifico, alle regioni una tutela equilibrata.
Capitolo 4 - L'attuale Tematica della Revisione delle Istituzioni
L'attuale Costituzione viene ormai criticata da più fronti ampiamente; da qui l'urgenza di una sua revisione.
1.1 - L'art.138 : L'equilibrio di riferimento.
1.2 - Nella nostra Democrazia tradita, gli elementi certi:le libertà, l'eguaglianza sostanziale, la omogeneità.
1.3 - Tentativi di riforma:importanza della commissione Bozzi .
1.4 - La legge Costituzionale n 1� del 6 Agosto 1993:Funzioni della Commissione Parlamentare per le riforme istituzionali e disciplina del procedimento di revisione.
1.5 - La "seconda repubblica" : le certezze e le incertezze di riforma.
Molte delle disfunzioni segnalate nella Costituzione e "revisionabili", "trovano la loro base nelle istituzioni, ma la loro causa sta nelle politiche, cioè nell'uso che si fa delle attuali istituzioni, le quali dipendono da alterazioni del funzionamento del sistema" (45).
Un promotore del tutto particolare su questo argomento è stato anche il Presidente della Repubblica Cossiga, che durante il discorso alle camere del giugno 1991 , non ha mancato l'occasione di rendersi propulsore di una modifica dello stesso procedimento di revisione.
Infatti il punto di partenza, corretto per procedere alle riforme Istituzionali, che comportino necessarie revisioni costituzionali, non può che essere rappresentato dall'art.138 della stessa Costituzione:"L'art.138 della Costituzione rappresenta l'unica via legittimamente percorribile per riformare la nostra carta fondamentale.."(46).
Si deve valutare al meglio, anche se appare molto problematica l'ipotesi della revisione dell'art.138, se il bilanciamento attuato nell'art.138 tra l'interesse alla tutela del "potere parlamentare" e a quella del "potere referendario" sia modificabile a favore della volontà popolare, o non costituisca invece un limite insuperabile(47).
La pensosa e profonda dottrina del Mortati ascrive la revisione costituzionale alla categoria delle garanzie della Costituzione:perchè è strumento che fa fronte alla "pressione delle cose", all'urgenza delle vicende storiche e perchè senza di essa, la Costituzione ed i suoi valori ultimi sarebbero condannati a deperire senza rimedio (48);da quì il tentativo di ogni costituzionalista di sostenere la causa della riforma costituzionale se e quando si ritiene che le istituzioni siano pervenute ad un punto delicato di usura.
Ma in effetti la rigidità della nostra Costituzione non era una clausola di stile;corrispondeva più alla volontà di dare maggiore stabilità alla carta fondamentale accrescendo le garanzie per un testo, frutto di un compromesso ottenuto a fatica in un momento di forte tensione fra le forze politiche.Quindi non ingessatura della Costituzione, ma garanzia contro revisioni operate da maggioranze magari troppo frettolose:"Si volle praticamente corrispondere all'esigenza di una più ponderata riflessione nel procedere ad atti così inportanti", come il Perassi giustificava all'Assemblea.
Riflessioni queste autorevoli e significative di una voluntas legis che non può trascurarsi e che del resto trova riscontri in tutte le esperienze di Costituzioni rigide.
In sostanza si nota la possibilità di rinvenire limiti interni al potere di revisione, nel senso che certe norme o certi istituti non potrebbero comunque venir sostanzialmente soppressi o modificati , neppure con le procedure dell'art.138, posto che ne verrebbe alterato il complessivo quadro istituzionale, sicchè lo stesso Stato disegnato nel 1948 ne risulterebbe diverso, con l'inpossibilità di trovarne una legittimazione nella Costituzione modificata (49).
Il problema è stato proposto, soprattutto, in riferimento ai diritti e alle libertà fondamentali, dichiarate "inviolabili" dalla stessa Costituzione, con un'apparente sottrazione alla possibilità di revisione in senso restrittivo delle disposizioni che li contemplano.
Così pare da escludersi una situazione di ingessatura comlpeta di certe aree del nostro ordinamento, asssolutamente immodificabili. Questo sarebbe contro la storia e contro il dato di esperienza per il quale in uno stesso stato si succedono più costituzioni.
Infatti, la Costituzione, nel suo nucleo sostanziale, espressione della volontà del costituente, è immutabile dal punto di vista storico-politico-sociologico, poichè lo stesso potere costituente vi si continua e si perpetua, mettendo capo alla serie delle costituzioni che ne sono espressione (50).
1.2 Nella nostra Democrazia tradita, gli elementi certi: le libertà, l'eguaglianza sostanziale, la omogeneità.
La domanda di riforme, che sale sempre più forte dalla società civile, diviene sempre più evidente, decifrabile, se viene posta in collegamento con i sintomi di una serie di palesi disfunzioni nel nostro sistema costituzionale.
In questo contesto si collocano le incomprensioni, c'è in una configurazione sempre più confusa l'immagine alta e angusta dello stato, figura che valga effettivamente a garantire l'ordinato svolgimento della vita civile.
Infatti su un piano più strettamente politico, si è verificato nel nostro paese, in questi anni, un fenomeno che è stato definito di "democrazia bloccata": una democrazia cioè senza alternative di schieramento.Il pluralismo partitico tipico del nostro sistema ha portato e porta all'esigenza di costituire maggioranze di coalizione che hanno sempre escluso consistenti settori dello schieramento politico, per cui si è avuta in definitiva una sostanziale continuità di linea politica con una preoccupante precarietà di governi.La segmentazione della rappresentanza degli interessi, l'emergere prepotente di corporazioni, il consolidarsi di spinte localistiche e di contropoteri all'interno e all'esterno del sistema dei partiti hanno determinato fenomeni disgregativi all'interno della Costituzione.
In questa situazione si registra una sorta di smarrimento, dove le istituzioni stanno perdendo la propria identita' democratica; infatti noi dovremo vivere in un regime democratico, perche' Democrazia vuole dire governo del popolo.
Per fortuna, in questa confusione, elementi sono assolutamente certi.Siamo certi infatti del rinnovamento che il processo relativo al riconoscimento dei diritti individuali ha portato con la nostra Costituzione e che tuttora è la parte intramontabile della stessa.Il nostro popolo, che nel 1945 conosceva solo per aspirazione o sentito dire cosa fossero i diritti di libertà politica (di parola, di voto, di associazione) e che ancora nei primi anni cinquanta non aveva il diritto di spostamento sul suolo nazionale, per un popolo così, il lungo dopoguerra ha significato una grande saga dei diritti, specie individuali.
L'elenco degli elementi certi ha inizio con le norme poste a tutela dell'individuo :la libertà personale, di circolazione , di riunione, di associazione, di stampa, di manifestazione, il principio di eguaglianza. Quindi se il popolo è governante, ogni singolo individuo che concorra a formare il popolo, è partecipe della potestà di governo. Se vi è regime democratico, perchè tutti vi concorrano in modo effettivo, si deve porre tutti in una situazione sostanziale, che sia insieme necessaria e sufficente per un completo utilizzo della propria libertà.
Di qui l'inportanza di garantire il pieno sviluppo della persona umana, assicurando a ciascuno un lavoro, istruzione, protezione della salute, previdenza e così via.
Quindi queste tutele giovano in modo immediato e diretto a tutti gli individui e allo stesso tempo sono indispensabili per un buon funzionamento dei meccanismi dei regimi democratici.
Così, una società che intenda svilupparsi secondo principi democratici, deve cercare di garantire a tutti condizioni adeguate di benessere e di cultura, favorendo la formazione di convincimenti comuni:l'omogeneità della società. L'omogeneità, se può costituire il prodotto di un complesso processo storico, deve in ogni caso costituire un fatto reale, non puo'essere inposta. Del resto ogni società è soggetta a spinte dinamiche, che ne modificano gli equilibri, per cui l'omogeneità una volta conseguita, va continuamente aggiornata e rinnovata(51).
1.3 Tentativi di riforma:importanza della commissione Bozzi .
La decisione del Parlamento di costituire una Commissione bicamerale per le riforme istituzionali si ricollega ad un ampio dibattito politico e culturale che si è sviluppato nel paese fin dagli "anni '70".
È però con le sedute del 14 aprile 1983, che la Camera ed il Senato approvarono due analoghi documenti, con i quali deliberarono di costituire una Commissione bicamerale composta di venti deputati e di venti senatori nominati dai presidenti dei due rami del parlamento, in modo da rispecchiare la proporzione tra i gruppi parlamentari, con il compito di formulare proposte di riforma, al fine di " rafforzare la democrazia politica repubblicana, rendendola più capace di efficenza e di indirizzi durevoli e stabili, con la previsione di procedimenti per deliberare in piena trasparenza e tempestività, e dotandola di moderni apparati tecnici, anche in rapporto all'obbiettivo del governo democratico dell'economia"( 52) Già da questa prima Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, presieduta dal deputato Aldo Bozzi si delinearono le proposte di riforma che ancor oggi sembrano interessare i costituzionalisti.
La prima e fondamentale scelta che la commissione si è trovata a dover affrontare è stata la scelta tra un progetto di riforma che rivedesse, anche in misura incisiva, alcuni aspetti dell'ordinamento istituzionale, senza mettere in dubbio i valori della Costituzione del 1948 e un più radicale mutamento del sistema dei pubblici poteri, tale da far superare la forma di governo democratico parlamentare e da avviare il paese verso la "seconda repubblica"(53).
Con la commissione Bozzi si è cercato di mettere in pratica una notevole norma di grande forza espansiva; essa ha dimostrato in questo processo la fondamentale norma programmatica contenuta nell'art.3 della Costituzione, secondo cui " è compito della repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, inpediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del paese".
Quindi nel nostro sistema istituzionale nel quale "tutto si tiene", la revisione di alcuni punti nodali deve corrispondere ad un disegno organico. Infatti solo in questo contesto la Commissione identificò due principali obbiettivi della riforma istituzionale : da un lato, il potenziamento degli strumenti di democrazia diretta, del sistema delle autonomie, e in generale, di tutte le forme sociali di realizzazione;dall'altro lato, il contestuale potenziamento delle funzioni proprie degli istituti di democrazia rappresentativa.
Oltre a questi obbiettivi la Commissione valorizzò nella sua relazione altri punti di attacco per l'avvio della riforma: il riassetto delle funzioni del Parlamento e del Governo con un rafforzamento dei compiti, un bicameralismo differenziato , con la previsione di leggi bicamerali e monocamerali, la ridefinizione dei principi in materia di finanza pubblica, e soprattutto l'adeguamento dei diritti e dei doveri dei cittadini alla maturazione della società italiana e allo sviluppo delle esigenze democratiche.
Del resto le inpostazioni del rinnovamento costituzionale al quale la Commissione si è ispirata, si fonda su un giudizio allarmato sullo stato delle istituzioni e della politica nel senso di una vera e propria crisi. Si tratta di processi e più in generale di un quadro complessivo che è minato alle radici :frammentazione istituzionale, crisi della rappresentanza, di poteri occulti, di partitocrazia.
Infatti il processo riformatore, secondo la commissione doveva anzitutto trarre alimento dalla primaria esigenza di recuperare la fiducia del popolo nelle istituzioni democratiche e rappresentative: i partiti.Questi ultimi, strumenti insostituibili della democrazia, dovevano ritornare a contribuire a rendere vitale il circuito democratico , "combattendo ed eliminando da essi quei fenomeni partitocratici degenerativi che finirebbero per delegittimare le istituzioni rappresentative"(54).
Quindi la via di uscita da questa situazione è stata vista in riforme delle istituzioni e della stessa politica, fino a mettere mano alla Costituzione se necessario, in modo da permettere un proprio rilancio, anche come l'unica possibilità che ormai si poteva intraprendere.
Questo nuovo disegno di riforma organica dell'impianto costituzionale fu coadiuvato da i soliti strumenti, i soggetti istituzionali, già noti, dotati però di una nuova ripartizione di compiti: a cominciare dal parlamento e dal governo con l'esigenza primaria della governabilità globale del sistema, integrando il metodo dell'efficenza con quello della garanzia.
I risultati della Commissione Bozzi non sono stati brillanti, in quanto la Commissione ha stentato nei suoi lavori ed alla fine ha approvato una relazione votata senza troppa convinzione, soprattutto se si pensa che in prevalenza si trattava di proposte di modifica della Costituzione.
In effetti l'esperienza della Commissione Bozzi "si è rivelato fecondo sul piano propositivo, ma scarsamente produttivo in termini di convergenza politica" (55), in quanto sembra infatti avere operato piuttosto una specie di riflesso condizionato, una continuità troppo marcata con la presenza e il ruolo che politica ed istituzioni hanno svolto nella vicenda italiana del secondo dopoguerra ad oggi. Continuità che nelle attuali condizioni corre il rischio di non trovare più una adeguata giustificazione(56).
Ma d'altronde le riforme ideate dalla Commissione sono risultate vane e inconcludenti anche perchè non sono state una presa di coscienza delle stesse forze politiche in termini di comportamenti concreti.
Le revisioni istituzionali sono, in sostanza, modifiche delle regole del gioco: ma sta pur sempre ai giocatori, cioe' alle forze politiche, giocare in base a quelle regole, e giocare bene.
Infatti la Commissione auspicò che le risultanze del suo lavoro fossero state oggetto di un ampio dibattito parlamentare; sarebbe spettato al Parlamento adottare le iniziative necessarie per trasformare le ipotesi formulate dalla Commissione in veri e propri progetti di modifiche costituzionali e legislative.
Però sembra certo che abbia messo in luce le nostre piaghe costituzionali, "rendendole piu' evidenti ad un maggior numero di cittadini e all'opinione pubblica" (57).
Oltre a ciò va dato atto alla Commissione di aver anche affrontato un problema delicatissimo, quello della democrazia interna, a tutti i livelli, dei partiti politici e della trasparenza dei loro bilanci, problema quasi tabù in quel periodo.
In conclusione nei lavori della Commissione si è manifestato un mancato equilibrio tra esigenze di continuità ed esigenze di cambiamento.L'eccessiva continuità sul tema del ruolo e della presenza dei partiti così insistita fino ad ipotizzarne un rilancio, ha portato la Commissione a forzature nel senso opposto.
Questa mancanza di equilibrio si crede abbia esposto la Commissione a delle poco gradevoli conseguenze che poi hanno portato a quello che si può definire un insuccesso: difficoltà nel coagulare i consensi in un clima politico di indifferenza e di contestazione insieme(58).
1.4 La legge Costituzionale n�1 del 6 Agosto 1993:Funzioni della Commissione Parlamentare per le riforme istituzionali e disciplina del procedimento di revisione.
Con separate decisioni del 23 luglio 1992, la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica hanno istituito una "Commissione parlamentare per le riforme istituzionali".Questa decisione è stata presa nel presupposto che sia compito primario della XI legislatura procedere a una organica revisione della Carta Costituzionale, che, pur senza modificare le linee fondamentali del sistema repubblicano, avrebbe adeguato concretamente i poteri istituzionali alle esigenze profondamente mutate della società nazionale.
Quindi alla commissione è stato solo attribuito un compito di generica progettazione in vista di una revisione organica della Costituzione, per cui le possibili proposte avrebbero dovuto seguire le ordinarie procedure parlamentari.
Nella seduta del 14 ottobre 1992 l'assemblea del senato ha approvato il disegno di legge costituzionale sulle funzioni della commissione parlamentare per le riforme istituzionali e sulla disciplina del procedimento di revisione costituzionale ; questo disegno di legge costituzionale il 6 agosto del 1993 è diventato legge costituzionale.
Dunque, dopo l'esperienza della commissione Bozzi, la vigorosa pressione degli eventi ha indotto a prevedere un percorso più accelerato, tramite proprio il compito di questa commissione che è stato di riscrivere la parte seconda della Costituzione, relativa all'ordinamento della repubblica. Infatti una precisa volontà in tal senso era già stata manifestata nelle stesse deliberazioni istitutive, prevedendosi che con un'apposita legge costituzionale sarebbero stati conferiti alla commissione poteri referenti per la formulazione di proposte di revisione costituzionale.
Si dà, così, un seguito al dibattito costituzionale iniziato circa 25 anni fa e mirante alla riforma della Costituzione.
Le tappe fondamentali di questo dibattito sono state, nel 1966, il Convegno del "movimento Salvemini" ;nel 1972, il dibattito organizzato dalla rivista "Gli Stati", con la partecipazione, tra gli altri, di costituzionalisti quali Vezio Crisafulli, Arturo Carlo jemolo, che giunse a una proposta di introdurre il "governo di legislatura";infine, la prima "Commissione parlamentare per le riforme istituzionali", presieduta da Aldo Bozzi(1983-1985).
Il discorso proseguì in accordo con il dibattito istituzionale che dal luglio 1991 , data del messaggio del Presidente della Repubblica Cossiga alle camere, si è snodato fino al luglio 1992, data di istituzione della commissione bicamerale.
Questa legge costituzionale indica nell'art.1 del testo approvato l'ambito di competenza della commissione.La commissione è stata dunque incaricata di elaborare un progetto organico di revisione relativo alla parte II della Costituzione, ad esclusione degli art.138 e 139.Sulla commissione ricadde anche il compito di predisporre progetti legislativi di riforma dei sistemi elettorali per la formazione delle camere e dei consigli regionali.
Con l'art.1, il 2 comma dispone l'assegnazione alla commissione parlamentare per le riforme costituzionali dei disegni di legge presentati, nelle materie di competenza della commissione medesima.La commissione dispone ora in realtà di un vero e proprio potere di iniziativa legislativa, derogatorio rispetto all'art.71 Costituzione;di conseguenza i disegni di legge assegnati non sono altro che l'occassione per attivare questa funzione, per di piu' questa fase è esercitata in via esclusiva.
Il conferimento di poteri referenti all'organismo bicamerale risponde a due finalità: in primis di non espropriare le assemblee del potere di valutare approfonditamente e con larga potestà di emendamento i progetti elaborati; in secondo luogo, contenere al massimo le varianti al procedimento legislativo ordinario aventi valore sostanziale.
L'orientamento del legislatore è pienamente condivisibile perchè in una fase politica caratterizzata dalla profonda crisi dei partiti e dall'emergenza di nuove aggregazioni, nessun gruppo parlamentare può sostenere con sicurezza che l'operato della propria rappresentanza nella bicamerale riflette il pluralismo interno.
La commissione ebbe a disposizione sei mesi, decorrenti dall'entrata in vigore della legge costituzionale, per completare il proprio lavoro preparatorio.Entro la data indicata dunque l'organo bicamerale avrebbe dovuto comunicare alle due presidenze un progetto organico di revisione e, preferibilmente tre progetti di legge ordinaria in materia elettorale per l'elezione della camera dei deputati, del senato della repubblica e dei consigli regionali.
Completata la fase referente i presidenti della camere avrebbero adottato le intese per l'iscrizione dei disegni di legge all'ordine del giorno delle assemblee.
L'art.3, sospese l'operatività dell'art.138 della Costituzione stabilì che il disegno di legge costituzionale è approvato, in seconda deliberazione, a maggioranza assoluta dei componenti e sottoposto a referendum confermativo entro tre mesi dalla pubblicazione.
Il duplice passaggio parlamentare del progetto di revisione costituisce una nota stonata. La modificazione introdotta in assemblea lascia trasparire come un' incertezza sul percorso da seguire, perchè alla concentrazione della fase referente entro un collegio derivante dalla proiezione di entrambe le camere, viene fatto seguire un appesantimento della fase assembleare.Se poi il proposito originario era di alleggerire in qualche modo la procedura di revisione, senza intaccare la rigidità della Costituzione, l'esito finale è invece approdato ad un sensibile aggravamento.Infatti legittimo è sostenere : "tanto valeva è osservare puntualmente l'art.138".
Comunque sia, l'art.138, a questo punto ancor più derogato, rimane vigente in relazione ad ogni altra modificazione costituzionale che le camere intendano avviare al di fuori della commissione bicamerale.
La procedura di revisione non può essere utilizzata per dare ingresso a forme ordinamentali non conciliabili con l'assetto ricevuto dalla repubblica in base alla costituzione del 1948.
Questo è stato il risultato della questione sullo svolgimento di un possibile referendum alternativo;infatti il corpo elettorale sara' quindi chiamato ad assentire, o a dissentire, rispetto al progetto organico di revisione elaborato dalle camere con quorum rafforzato.
Onde fugare ogni possibile incertezza interpretativa, s'intende rendere manifesto che, salvo la limitata e parziale sospensione dell'effettività dell'art.138, mediante l'art.5 di questa legge costituzionale, questa norma per il futuro rimane pienamente operante e di essa si dovra dare puntuale applicazione per le ulteriori modificazioni che si ravvisassero necessarie.
1.5 La "seconda repubblica" : le certezze e le incertezze di riforma.
Si apre in questi giorni quella che gia' si preannuncia come una legislatura di grandi riforme.
Questo scenario, storico, non può che trovare il consenso di chi da tempo si inpegna perchè la nostra Costituzione, ancora attualissima nei valori e nei principi di fondo, venga aggiornata e adeguata alle mutate esigenze del Paese.
D'altronde il malcontento generato dalla nostra Costituzione era stato l'essenza dell'analisi che Francesco Cossiga consegnò al Parlamento della X Legislatura con il messaggio del giugno 1991 , allora duramente contrastato e deriso, in cui si indicavano le ragioni per le quali la sostanza costitutiva era venuta meno alla prima Repubblica e, di conseguenza, occorreva che le forze politiche assumessero l'iniziativa della costruzione di una seconda repubblica, appunto, in una nuova forma di Stato e in una nuova forma di governo.
Quindi, oggi, alle soglie della così chiamata "seconda repubblica", si agitano vari pareri sulle intenzioni che il nuovo Parlamento ha di portare avanti una serie di "trasformazioni costituzionali talora che per il modo stesso della loro progettazione, ancor prima dei loro contenuti, "costituirebbero la corruzzione della Costituzione, cioè un'inposizione degli uni sugli altri" (59).
Ecco perchè è da condannare ogni tentativo di forzare le procedure previste per la revisione costituzionale, "utilizzandole come grimaldello attraverso cui realizzare riforme di parte"(60).
Noi, che nel passato recente abbiamo vissuto due guerre dobbiamo meditare a quanto accade e cercare di ritrovare il significato che la nostra Costituzione deve avere : la Costituzione è garanzia dei diritti di tutti e quindi risulta essere un limite al potere.
In altri termini, la Costituzione come regola del potere si contrappone alla Costituzione come strumento di potere:John Locke, il teorico del liberalismo e del costituzionalismo, contro Thomas Hobbes, il teorico dell'assolutismo(61).
Ma in effetti la Costituzione Italiana, elaborata da una apposita Assemblea costituente, è divisa in due parti : la prima, che comprende gli articoli da 1 a 54, che si occupa dei "principi fondamentali" e dei "diritti e dei doveri dei cittadini"; la seconda dagli articoli 55 a 139, i quali trattano "dell'ordinamento della Repubblica".Fra le Costituzioni contemporanee essa presenta una strana e poco spiegabile caratteristica : "di contrapporre la prima parte, bellissima, alla seconda, banalissima (62).
Infatti sono proprio le "disposizioni sull'ordinamento della repubblica" le norme criticate, dove non risulta altro che una repubblica parlamentare di un modello scolastico, privo di particolari caratteri e di istituti di un qualche significato originale.
Oggi, in seguito poi all 'emanazione della Legge elettorale, la situazione e' cambiata : infatti è vero che l'articolo 138 consente la riforma della Costituzione, però ora si e' cambiata la legge elettorale ma non si è fatto in tempo a cambiare l'art.138.
Perciò oggi, è vero che l'articolo 138 consente a chi ottiene la maggioranza assoluta nelle camere di modificare la Carta fondamentale, ma allo stesso tempo tale norma è stata studiata per un Parlamento eletto col sistema proporzionale, mentre quello in carica scaturisce da una legge maggioritaria.
Quindi i cittadini dovranno essere più che mai "cittadini"in questo fondamentale periodo di riforme, in quanto di solito esiste un netto distacco dalle Istituzioni, poichè può accadere che questi avvenimenti sfumino agli occhi della gente;così con la nostra presenza morale saremo tutti noi ad essere responsabili ed avere l'ultima parola, grazie al referendum che la stessa maggioranza si inpegnerebbe a chiedere per sanzionare qualunque riforma approvata dalle camere.
L'emendamento più importante sarebbe rappresentato da un revisione in senso federalistico della Costituzione.In questa evenienza, nella quale, del resto, si mette in discussione il principio supremo della Repubblica "una e indivisibile", occorrerebbe mettere in moto il potere costituente, che dovrebbe essere esercitato da un'Assemblea da convocare ad hoc, come nel 1946.
Ma il discorso è solo teorico in quanto non esiste alcun organo legittimato a convocarla e non esiste perche' solo un evento rivoluzionario la giustificherebbe(63). Ma c'è anche chi argomenta che la trasformazione federalista della Repubblica significa allargare le basi territoriali del controllo democratico sul potere politico, su quello economico, su quello sindacale, su quello culturale, che in definitiva non tende necessariamente a incrinare l'unità dello stato fino a dissolverla, ma a fondare una nuova, diversa e libera unita' nazionale (64).
Copyright (c) 1996 By Massimiliano Faticoni Most recent revision Monday 18 October 1999 |